Ieri sera ho partecipato a un incontro promosso dalla Ferpi, dove Gianpaolo Gironda ha raccontato della sua esperienza come organizzatore delle relazioni con i media di Intersos, un’organizzazione umanitaria che “opera a favore delle popolazioni in pericolo, vittime di calamità naturali e di conflitti armati, specialmente nelle regioni più povere del mondo”.
Conosco Gianpaolo da quando ho mosso i primi passi nel mondo della comunicazione come assistente in Scr Associati, società di cui era uno dei fondatori insieme con Toni Muzi Falconi. Da allora è sempre lo stesso: affabile, divertente, godereccio, perennemente con una sigaretta in mano.
Come consulente pro bono di Intersos, Gironda è stato in Iraq e in Afghanistan e si prepara ad andare nel Darfour: «ho deciso di recarmi sul posto, quando mi sono accorto che era l’unico modo di far parlare i media di quello che facciamo. I giornalisti interessati alle nostre attività, infatti, non stanno certo nelle redazioni di Roma e Milano: sono corrispondenti di guerra. Era necessario stringere una relazione di fiducia e diventare degli interlocutori di riferimento». Gianpaolo è molto contento dei risultati raggiunti (non senza aver corso parecchi rischi): «oggi – sostiene – Intersos è considerata una fonte attendibile dagli inviati italiani che ci chiamano per avere supporto».
Tuttavia, a volte l’aver instaurato una proficua relazione con il corrispondente non è sufficiente: è la direzione del giornale che decide qual è la notizia. Capita allora che il direttore di un quotidiano chieda di scrivere un pezzo su un soldato americano che vuole adottare il cane di Saddam (sic!).
I giornali tradizionali rappresentano sempre solo una parte della storia: quella che fa notizia, che produce più clamore, di cui non si è parlato il giorno prima, che offre più prospettive di vendita o torna più comoda. Che succede se non si rientra in nessuna di queste fattispecie? Si rischia di mettere in gioco la pelle per niente. Sono gli incerti del mestiere e ogni addetto stampa prima o poi si è confrontato con l’esistenza di una “notizia più importante” della propria.
Il mondo dei media, però sta cambiando velocemente e la Rete offre un ventaglio di opportunità di comunicazione che era inimmaginabile solo due o tre anni fa. Una delle conseguenze, a mio avviso, consiste nel fatto che oggi è possibile considerare i mainstream media come una delle tante possibilità per essere più visibili. Ad esempio, se cerchiamo Intersos tra le pagine in italiano indicizzate da Google, otteniamo 8.540 risultati, sparsi in decine di siti che hanno dato una qualche visibilità all’organizzazione. Se effettuiamo la stessa ricerca nel sito del Corriere della Sera arriviamo solo a 10 menzioni.
Siamo sicuri che le dieci referenze del Corriere valgano di più delle 8.540 referenze di piccoli siti che nel complesso hanno probabilmente un numero di lettori maggiore di quelli del quotidiano?
Parlare di salute mentale, serenamente
Vi segnalo un progetto molto interessante: Serenamente, il magazine di psicologia che vuole rendere la salute mentale accessibile a tutti. In un mondo sempre più