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Dalla user experience alla baby experience

Beatrice a un meseBeatrice ha già un mese e mezzo: sorride e rimane incantata per interi minuti davanti a una riproduzione del bacio di Klimt appesa in camera da letto 🙂
Interagire con una neonata è molto istruttivo. In generale ha dei bisogni molto precisi: fare la pappa, essere cambiata, essere cullata, dormire. A volte, però, accade qualcosa che sfugge alle conoscenze già acquisite e che va interpretato alla luce di un unico segnale di disagio: il pianto. Allora entrano in campo varie ipotesi e credenze: “si tratta di una colichetta”, “ogni bambino ha il suo carattere”, “è disturbata dalla presenza di estranei” e così di seguito. Tuttavia, non sempre ipotesi e credenze aiutano a risolvere il problema: è meglio procedere in modo sistematico. Ad esempio, dopo vari tentativi, abbiamo scoperto che Beatrice continuava a manifestare il suo disagio non perché aveva fame, né perché doveva essere cambiata e tanto meno perché aveva le colichette. Più semplicemente, la tutina cominciava ad andarle stretta e le stringeva attorno al collo. Tolta la tutina, abbiamo risolto il problema.
Mi sono ritrovato a usare con mia figlia lo stesso approccio che adotto per migliorare l’usabilità di un’interfaccia: cercare di abbandonare i pregiudizi su come dovrebbe funzionare una cosa per capire come realmente funziona. Insomma: dalla user experience alla baby experience il passo è breve 🙂