In questo blog abbiamo più volte lamentato l’approssimazione di certi giornalisti che, nella migliore delle ipotesi, peccano di grande superficialità nel controllare le fonti utilizzate per scrivere un articolo. Quest’estate, Repubblica ha dedicato un’intera pagina ai parchi avventura, ma la giornalista ha fatto una grande confusione facendo passare un’attività ludica adatta anche ai bambini per uno sport estremo da praticare con costose e pericolose attrezzature da montagna. Eppure basterebbe fare una piccola ricerca con Google per verificare alcune informazioni!
Michele Morganti, responsabile della comunicazione di Parco Avventura, ha scritto questa lettera al direttore del giornale.
Egregio Direttore,
spiace trovarsi a rettificare il lavoro di un giornale, perché nel tempo in cui si riescono a organizzare idee, argomenti e motivazioni, siamo purtroppo consapevoli che i lettori, ormai, avranno letto informazioni sbagliate.
Spiace ancora di più trovarsi a leggere un articolo e avere la sensazione che fra le righe si insinui una non tanto velata forma promozionale, dovuta chissà se al mancato approfondimento di un tema oppure alla non chiarezza delle proprie fonti.
Mi riferisco all’articolo pubblicato dal suo giornale a pagina 28 di sabato 27 agosto, dal titolo “Vola fra gli alberi, è il tarzaning”, dove si propone ai lettori questa nuova attività, promuovendo quattro luoghi dove poterla praticare.
L’articolo, fra l’altro nelle pagine di cronaca, mette insieme due attività, il Tree Climbing e il Tarzaning, generando nel lettore una grave confusione e fornendo informazioni negative.
Si propone questa attività come “sport estremo”, non considerando che la prima attività, il Tree Climbing, più che uno sport è una disciplina professionale, praticata da esperti arboricoltori, operai specializzati, e personale impegnato nella manutenzione di aree boschive. La stessa attività è necessaria per la costruzione di percorsi attrezzati dove invece è possibile, per utenti non esperti, appunto il cosiddetto Tarzaning. Questi luoghi vengono comunemente chiamati in Italia Parchi Avventura.
L’articolo di Rossella Guadagnini riporta, nella ricca dotazione iconografica, una foto di un esperto “tree climber” ritratto mentre (in realtà un po’ goffamente) si arrampica su una pianta, descrivendo la sua attrezzatura tipica e sostenendo che abbia un costo medio di 800 euro. Ma in un parco avventura gli utenti non arriveranno con propri attrezzi, e non verranno dotati di “segaccio”, né tantomeno di “ramponi” o di altri pericolosi oggetti citati nello schema. La confusione in questo caso è fra chi costruisce un percorso attrezzato e chi ne usufruisce come cliente, in tutta sicurezza e in maniera decisamente lontana dal concetto di “estremo”! In un parco avventura ci si diverte mettendo alla prova equilibrio e concentrazione insieme a un po’ di esercizio fisico: è un attività “estrema” paragonabile a quella del camminare su un sentiero di montagna!
L’articolo evidenzia, poi, un costo per un ipotetico corso, pari a 248 euro e della durata di una settimana. Forse si riferisce a quello che deve sostenere un operaio specializzato per poter operare professionalmente in questo campo? A un utente di un parco avventura verrà fatto un briefing iniziale, sufficiente a usufruire in sicurezza della struttura, e gli verrà chiesto il pagamento di un biglietto. La confusione è evidente.
E ancora, si consiglia l’uso di un “pile” come abbigliamento adatto, non considerando che in un parco avventura nella Pineta di Ostia, d’estate, potrebbero esserci anche 40 gradi!
Sì, perché l’articolo decanta la nascita di quattro parchi nell’Appennino Emiliano, dimenticandosi che le strutture simili in Italia siano ormai più di trenta, con sedi in almeno dieci regioni, dal Trentino al Lazio. Nell’intervista poi a un assessore provinciale al turismo, viene evidenziata come attrattiva speciale la “tirolese più lunga d’Italia: 76 metri di cavo d’acciaio”, non considerando che a Margno, in provincia di Lecco, c’è una struttura aperta dal maggio di quest’anno con una “tirolese” di 15 metri più lunga. E così via, nell’articolo ci sono altre inesattezze che le risparmio.
Chiudo con una nota riguardo al box riportato nella stessa pagina, a cura di Leonardo Zellino. Si intervista un famoso atleta e gli si chiede un opinione sul “tree climbing”. Mi ripeto: in uno dei quattro parchi promossi dallo “speciale” pubblicato, non si pratica il tree climbing, ma semmai il “tarzaning”, se proprio dobbiamo chiamarlo con un nome.
Caro Direttore, in questo articolo dov’è la notizia, o almeno quella giusta?
Con immutata stima,
Michele Morganti
Responsabile Comunicazione Parcoavventura.it