Recentemente, ho riletto in parte un interessante libro di Len Manovich: Il linguaggio dei nuovi media. Lo studioso definisce i nuovi media tramite cinque caratteristiche fondamentali:
- Rappresentazione numerica. Tutti i nuovi media sono quindi rappresentazioni numeriche. Ciò comporta due conseguenze principali: un nuovo mezzo di comunicazione si può descrivere in termini formali (matematici). Per esempio, un’immagine o una forma si possono descrivere attraverso una funzione matematica; un nuovo mezzo di comunicazione è soggetto a manipolazione algoritmica. Per esempio, con l’applicazione di appropriati algoritmi possiamo rimuovere automaticamente il “disturbo” di una fotografia, migliorarne il contrasto, sfumare i contorni o modificarne le proporzioni. In sostanza, i media diventano programmabili.
- Modularità. Un nuovo media si compone di parti indipendenti, ognuna delle quali è costituita a sua volta da altre parti indipendenti e così di seguito fino alle componenti elementari. Tali componenti vengono assemblate in strutture di dimensioni più vaste, ma continuano a mantenere le loro identità separate. Gli stessi media si possono combinare in entità mediali ancora più complesse, ma sempre senza perdere la loro indipendenza. Un esempio di modularità è la struttura di una pagina web: essa, infatti, può essere composta da una serie di testi, immagini, video, suoni, scene di realtà virtuale, che possono essere archiviati autonomamente in qualsiasi punto della Rete.
- Automazione. La codifica numerica dei media e la loro struttura modulare, consentono l’automazione di molte operazioni necessarie per la creazione, la manipolazione e l’accesso ai media. Quindi l’intenzionalità umana può essere rimossa, almeno in parte, dal processo. A “basso livello”, esistono molti esempi di automazione: fotocamere digitali e programmi di fotoritocco sono in grado di correggere automaticamente gli scatti compensando l’imperizia del fotografo; nei film di Hollywood, software di artificial life creano folle di individui digitali che, seguendo una serie di regole, partecipano a eventi o battaglie; molti siti Internet generano automaticamente le pagine web in funzione dell’utente o di altri parametri. E così di seguito. La tecnologia è così efficiente nei processi di automazione e di riproduzione che, all’inizio del XXI secolo, il problema non è tanto quello di creare un nuovo oggetto mediale, quanto quello di trovarne uno esistente.
- Variabilità. Un nuovo oggetto mediale non rimane identico a sé stesso all’infinito, ma può essere declinato in versioni molto diverse tra loro. In questo senso, la logica dei nuovi media corrisponde alla logica postindustriale della produzione on-demand e del just in time, che derivano anch’esse dall’uso dei computer e dei network informatici. Gli elementi costitutivi dei nuovi media, quindi, vengono immagazzinati in database ed è possibile separare i dati, ossia il contento, dall’interfaccia, per cui dagli stessi dati si possono creare interfacce diverse. Un nuovo oggetto mediale si può allora definire come una o più interfacce per l’accesso a un database multimediale.
- Transcodifica. I nuovi media si possono leggere su due livelli: culturale e informatico.Al livello culturale corrispondono l’enciclopedia e il racconto, il romanzo e la sceneggiatura, la composizione e l’opinione, la mimesi e la catarsi, la commedia e la tragedia. Al livello informatico appartengono il processo e il pacchetto (i pacchetti di dati che vengono inviati attraverso la Rete), sorting e matching, la funzione e la variabile, il linguaggio del computer e la struttura dei dati. Poiché i nuovi media nascono grazie al computer, vengono distribuiti via computer, e sono archiviati sui computer, i livello informatico finisce inevitabilmente per condizionare il livello culturale.
Manovich ha prodotto questa definizione nel 2001. Con il Web 2.0, il social software, i mash-up, i sistemi debolmente connessi mi sembra di grandissima attualità.