Elisabetta Oldrini segnala (Buzz marketing e il marketing dell’inganno) un articolo del Guardian sul buzz marketing (Psst! Have you heard?) chiosando:
L’articolo apre il dibattito sulla liceità delle forme di marketing quali il “passaparola forzato” e episodi di buzz marketing che si basano sull’impiego di attori che fingono di essere clienti del servizio. Questo tipo di marketing occulto è a dire di alcuni esperti e di qualche associazione consumatori un vero e proprio inganno. E se a volte può funzionare nell’influenzare l’acquisto, altre volte, se scoperto o sospettato, può far risultare il brand davvero antipatico.
Ieri ho commentato la sua segnalazione dicendo: “Non chiamiamo marketing pratiche che assomigliano alla truffa!”. Al mio commento è seguita la risposta della stessa Elisabetta che dice:
Nicola, sono d’accordo sul fatto che si tratti di forme di persuasione all’acquisto poco rispettose della fiducia altrui. Detto questo, concordo con il giornalista del Guardian su fatto che la decisione finale e la capacità di giudizio spettano al consumatore, il quale deve essere in grado di decidere autonomamente a chi credere per i “consigli d’acquisto”.
Rimango un po’ perplesso di fronte all’espressione “forme di persuasione poco rispettose della fiducia altrui”, perché dal mio punto di vista un processo persuasivo implica un rapporto di fiducia. Si tratta di produrre un cambiamento in un atteggiamento o in un comportamento senza usare la coercizione o l’inganno. Se c’è inganno, invece, siamo nel campo della manipolazione e della truffa. Ne è ben consapevole, per esempio, la Word of Mouth Marketing Association (Womma), che nel suo codice etico stabilisce tre capisaldi:
- onestà di relazione: dire per conto di chi si sta parlando
- onestà di opinione: dire in cosa credi
- onestà di identità : mai oscurare la propria identitÃ
Se queste condizioni sono rispettate, allora il consumatore può prendere una decisione consapevole. Altrimenti lo si sta truffando: gli si sta vendendo una cosa che non corrisponde a quello per cui viene venduta. E’ una strategia miope, come fa notare Andy Sernovitz:
“Sarebbe da cretini per qualsiasi brand osare di fare marketing occulto. Quando inganni i consumatori, quando gli fai pensare di aver trovato un consiglio veritiero e che proviene da una fonte fidata ma alla fine si rendono conto che proviene da una persona assoldata dal marketing, sta pure sicuro che odieranno il tuo marchio”.
A me è capitato più di una volta: acquistare un prodotto senza pensarci troppo e scoprire che non faceva quello per cui l’avevo pagato; che le caratteristiche non corrispondevano a quelle che mi erano state descritte. Per esempio, penso che sia un’esperienza comune con le tariffe telefoniche, con i conti correnti bancari o le assicurazioni: ti vendono sempre qualcosa che non corrisponde alla realtà . Sei sempre costretto a perdere tempo e denaro per approfondire, capire meglio, leggere clausole e postille. E nonostante ciò, io non riesco a stare tranquillo!
6 Responses
direi che queste “tattiche” sono un sommo esempio di anti-comunicazione!
Nicola, tu dici:
“acquistare un prodotto senza pensarci troppo e scoprire che non faceva quello per cui l’avevo pagato; che le caratteristiche non corrispondevano a quelle che mi erano state descritte”,
ci sono settori merceologici che mi stupiscono per longevità , nonostante le delusioni dei consumatori. In alcuni casi è intervenuto persino il Garante della Pubblicità per porre un limite ai messaggi fuorvianti di certi prodotti (mi vengono in mente gli anticellulite, cosmetici “antietà “, prodotti per aumentare il seno o che promettono lifting in 1 ora, etc.).
Certi brand scorretti intanto son sempre lì, abbondano sugli scaffali dei negozi e – a giudicare dai notevoli investimenti pubblicitari, soprattutto pubbliredazionali “borderline” dove si magnificano effetti strabilianti – gli affari sembrano farli.
Possibile che in questi casi il passaparola (tra donne magari) non sortisca ancora alcun effetto?
Capisco il punto di vista di Nicola e Luca, ma continuo a rispettare il WOMM in quanto sviluppo “darwiniano” delle pratiche di marketing nell’era moderna. Mi spiego: vedo il WOMM e anche il cosiddetto “stealth” maerkting (quello invisibile, ovvero dalla fonte non dichiarata) solo delle manifestazioni nuove e creative in cui le aziende cercano di continuare a sopravvivere e fare utili e, d’accordo con il Guardian, lascio agli individui la capacità di giudizio.
@Elisabetta. Non ho nulla in contrario al passaparola quando è leale e trasparente. Cosa ben diversa è lo stealth marketing, perché è basato su una menzogna e non vedo come si possa instaurare un positivo rapporto di fiducia tra azienda e cliente partendo dalle bugie.
Elisabetta: ” Non ho nulla in contrario al passaparola quando è leale e trasparente”
..Cara Elisabetta scommetto 1 euro che in 3 anni ti si dimezza il fatturato.
Diciamolo serenamente: Elisabetta sta giocando sull’ etica del telefono senza fili…
e relative leve motivazionali da quando aveva 16 anni ,
nel frattempo la marketing guerrilla potrebbe essere diventata obsoleta .
La cruda realtà è che i modelli semplici sopravvivono da soli .
E’ ai quadri aziendali che non lo si dice MAI perchè creare guerre tra venditori
serve alla proprietà per tagliare implicitamente i costi.
Se la fiducia crea circolo virtuoso, il costo di riacquisto scende, il cliente si fidelizza.
Oggi servono tecniche di “heart and minds”** non più di marketing guerrilla.
spunto di lettura : (*vedi “psychological operations in guerrilla warfare tactics” )