Mi sono dovuto fermare più volte nella lettura perché avevo le lacrime agli occhi dalle lacrime: il post di Brodo Primordiale sui ggiovani che vanno a fare i colloqui è veramente esilarante. E, ahimé, vero! Forse sto invecchiando, ma è veramente difficile trovare candidati accettabili (soprattutto per attività di consulenza di direzione) e la laurea (qualunque laurea) non è certo un fattore discriminante: oramai, chi più chi meno, sono tutti laureati e masterizzati…
Ad ogni modo, alcuni dei consigli di Brodo Primordiale:
3) giacca e cravatta vuol dire completo scuro e camicia chiara, meglio bianca o celeste. Non gessati di D&G a righe di tre centimetri e camicie rosso scarlatto con colli da venti centimetri stile Lotar. Non vestiti antracite metallizzato, quello va bene per la macchina […]
4) Inglese: vuol dire che se a un certo punto arriva un signore e inizia a parlarvi in inglese dovete essere in grado di capire quello che dice e di rispondere in maniera comprensibile nella stessa lingua. […]
8) Eliminate il capitolo “Hobbies” dai cv. Non frega un cazzo a nessuno del fatto che fate immersioni sub, a meno che non stiate cercando un lavoro alla Cressi. […]
11) Qualità della vita non vuol dire essere pagati per non fare un cazzo o per starsene a casa.
E non dimenticate di leggere le risposte piccate di alcuni utenti, che si sentono chiamati in causa. Per mia esperienza, comunque, chi vale fa carriera e guadagna a volte anche più del valore che esprime realmente. Chi si lamenta, rompe le palle, si sente sempre torteggiato, avanza sempre pretese e ha bisogno di fare un corso per imparare qualsiasi cazzata (invece di leggere un buon libro) non può che aspirare a ricoprire ruoli marginali. La mia impressione è che sono assai pochi quelli che si sono accorti che anche nel mercato del lavoro esiste la competizione e che è necessario mettersi in discussione continuamente. E con questa paternale suggello definitivamente la scivolata inesorabile verso l’età matura 🙂
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3 Responses
Ottimo il tuo commento sul blog…a presto
z
Discorso interessante, peccato che nel blog originario sia un po’ degenerato.
Però condivido il tuo punto di vista solo in parte. Qui, profondo sud, quelli, tra i miei amici, che hanno fatto carriera, come dici, non sono solo quelli che valgono, ma quelli che sono andati via, all’estero o al nord. Gli altri, anche in gamba, cercano di arrabbattarsi. A chi sta andando bene è per un contratto di tre mesi a 500 euro, quelli a cui va di lusso sono i dottorandi, 3 anni a 900 euro… gli altri si arrangiano con un progetto qui e uno lì, cercando di mettere su qualcosa per conto proprio, come sto cercando di fare io. Ovviamente tutti ancora a casa con mamma e papà , alle soglie – e spesso oltre – dei trent’anni.
Anche il discorso sulla gavetta non mi convince. Voglio dire, è chiaro che ci sono forti differenze tra le aspettative di chi cerca un lavoro e quelle di chi lo offre. I ggiovani crescono in un mondo dove i valori sono quelli dell’apparenza, del tutto e subito, ma questo solo finché paghi, da bravo consumatore dello stipendio di papà , perché fa comodo alle aziende. Ma quando tocca a te guadagnare qualcosa, allora devi aspettare, avere pazienza, perdere anni – sei mesi di stage alla volta – senza arrivare da nessuna parte. Non è facile.
Me lo devo procurare, mi hai incuriosito. Ciao. Morgan