Democrazia 2.0: partiamo da qui!

Come ho scritto nel post Il mio ZenaCamp, a Genova ho tentato di condividere con gli altri partecipanti qualche riflessione sul rapporto tra Internet e la democrazia. Stefano Epifani ha acceso la mia telecamera e ha ripreso il tutto: parto quindi da qui mettendo online il video e le slide (Democrazia 2.pdf). Nei prossimi giorni cercherò di articolare meglio il mio pensiero, con l’obiettivo di riprendere la discussione in occasione del BarCamp di Matera.

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16 Responses

  1. Se si parte – per seguire l’impostazione che hai dato al tuo discorso – dalle “democrazie contemporanee”, queste non possono essere considerate autentiche democrazie, ma poliarchie, una sorta di compromesso tra il governo del popolo in senso stretto e forme di rappresentanza parlamentare che legiferano e creano governi su mandato elettorale del popolo. E di qui l’effetto deleterio, in sistemi non perfetti, di tendere a oligarchie a causa dell’inquinamento dei processi politici, economici e sociali.

    La democrazia 2.0 invece, per sua natura, risente meno di questa deviazione dai modelli di teoria politica perché sostenuta dalla pratica quotidiana dei “cittadini” della rete. Tuttavia non è scevra da condizionamenti che possano portarla verso polarizzazioni di interessi e soprattutto corre un grave rischio nel momento in cui si affida, per la propria pratica, a infrastrutture private o soggette comunque a modifiche d’uso arbitrarie senza che si ricorra ad alcun processo né democratico né poliarchico (vedi le battaglie per la Net Neutrality e le ragioni che le determinano).

    E poi c’è un altro elemento di cui tenere conto: la democrazia 2.0 richiede un impegno attivo molto più complesso dell’atto di voto e buon senso e statistiche dicono che, nella vita reale così in quella virtuale, la percentuale di popolazione che ha un atteggiamento proattivo è minoritaria (seppur aumenti in rete rispetto all’esperienza fisica quotidiana). Dunque la democrazia 2.0, se non può essere considerata “il governo del popolo” come è stato fatto notare durante gli interventi, non può al pari essere considerata come “il popolo nel suo insieme che lavora per un fine superiore”, individuabile sostanzialmente con la libertà di espressione e la divulgazione della conoscenza. E qui si ritorna al concetto della poliarchia: non per forza elitario, ma comunque che non riguarda il demos.

  2. Cara Antonella, grazie per il lungo commento: la questione della differenza tra la teoria è la pratica è sempre problematica. D’altro canto scegliere di non partecipare è pur sempre una scelta! L’importante avere l’opportunità di compierla… o no?
    Ciao. Nicola

  3. A volte sì, è una scelta, altre volte – nella pratica, appunto – meno. Comunque stai lanciando un interessante sasso, spero che i cerchi si allarghino velocemente 🙂

  4. Pingback: Yaab
  5. (una vocina dal fondo) “La democrazia rappresentativa è impossibileeeeeeeee….”

  6. Dario… utopia mai… io commentavo dicendo una cosa che Nicola sa’ già (perchè era presente nella mia sessione allo ZenaCamp e perchè avevo gia’ lasciato un commento analogo qui in un altro suo post) e per questo non ho ripetuto. Cerca “Paradosso di Arrow” su Wikipedia.

  7. Sono felice di vedere che il concetto di ri-costruzione della democrazia sia trattato in questo blog.
    Mi sorprende , ma poi non molto, che addirittura si sia fatto ricorso ad una definizione come quella di democrazia 2.0.
    Questo è stato infatti uno dei nomi che avevo proposto durabte la fase di costituzione dell’organizzazione dei “Democratici Diretti”. Non è escluso però che noi /con i parftecipanti ch enel frattempo si aggiungeranno) si decida di cambiare nome a favore di demcorazia 2,0 che io trovo suggestivo ed “euristico”.
    Detto questo, perchè non date un occhiata al nostro tentativo? Chi sa, magari scopriamo che volgiamo esattamente le stesse cose e allora…

    http://www.democraticidiretti.org

    SaluDD