Nic Brisbourne (The Equity Kicker) propone alcune interessanti considerazioni sull’uso di Twitter e più in generale del microblogging nelle aziende (Musings on micro-blogging). Dice il venture capital londinese: “uso Twitter da un paio di mesi e aggiorno lo status di Facebook abbastanza frequentemente. Lo trovo utile per avere un’idea di quello che fanno le persone, di quali siano i loro interessi e di come la pensinoâ€.
Poiché le persone imparano molto guardando quello che fanno gli altri, nelle aziende il microblogging può diventare uno strumento di gestione della conoscenza: è possibile guardare a quello che fanno gli altri colleghi senza intromettersi ed è possibile farlo con maggiore o minore attenzione in funzione del tempo o dell’interesse.
Le aziende sono abituato a codificare molta conoscenza, ma hanno bisogno di farla diventare documento in modo da poterla gestire con dei sistemi di knowledge management. Purtroppo, però, in questo modo si perde moltissimo know-how che non finirà mai in un documento strutturato: queste informazioni – oggi – si trovano disperse nelle ingolfatissime caselle di posta elettronica di dipendenti che non hanno strumenti per farle emergere dalle tante comunicazioni inutili che sono costretti a subire.
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4 Responses
Questa è una proposta molto interessante.
Se poi combinata con uno strumento che raccolga il tutto e lo presenta in formatto ricercabile per tag, potrebbe essere davvero uno strumento notevole. Lo stesso strumento potrebbe tirar fuori un simil-documento da far vedere a chi nel management non riesce a fare a meno.
ti riporto la mia esperienza… qualche mese fa ho notato il widget di twitter nel blog di un collega inglese, l’ho aggiunto, ho scoperto che altri colleghi twittavano in francia e uk e ho cominciato a seguire anche loro. da cosa nasce cosa.. è finita che mi hanno inaspettatamente coinvolta in un loro progetto 🙂
Arrivo sempre in ritardo. Ho avuto modo di riflettere sulla questione, risalendo anche all’articolo di wired che ha innescato il ragionamento di Nic Brisbourne. Ripensare twitter e utilizzarlo come strumento di KM è un ottimo esempio di come si possa ripensare il microblogging e adattarlo alle esigenze di particolari gruppi di persone, che possono essere qualcosa di diverso da come si interpreta ora “what are you doing?” (in termini di cazzeggio, per intenderci). A mio avviso, questo è un passaggio fondamentale per garantire la sopravvivenza dell’applicazione: per intenderci, per fare in modo che il microblogging sia qualcosa più di un passatempo, occorre scoprire o inventare un nuovo uso dell’applicazione.
Per quanto riguarda le imprese, l’uso proficuo del microblogging si deve scontrare con altri fattori, ma in questo caso si tratta di fattori culturali: non sempre un dipendente ha piacere che i colleghi/il capo sappiano quello che sta facendo. In altri termini, il microblogging corre il rischio di essere percepito come strumento di controllo e di conseguenza rifiutato. Non ce ne dovremmo stupire: la cultura aziendale italiana è ancora distante dal clima collaborativo che trasuda dalle aziende straniere e spiegare quanto possono essere utili strumenti come il microblogging (ma anche il tagging, ad esempio) è ancora complicato. Con questo non voglio dire che è inutile, nè tantomeno impossibile. Quello che mi chiedo è solo: siamo pronti per fare il salto?