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Democrazia e opinione pubblica (3 di 3)

Arriviamo al terzo post sul rapporto tra democrazia e opinione pubblica, continuando a seguire il ragionamento proposto da Giovanni Sartori nel suo Democrazia. Che cosa è. Ripercorriamo quanto abbiamo detto finora:

Primo, la democrazia postula una pubblica opinione che a sua volta fonda un governo consentito, e cioè governi che sono condizionati dal consenso di quella opinione. Secondo, per essere autentico questo consenso deve fare capo a pubblici che possiedono opinioni autonome; e per essere efficace deve essere accertato ed espresso mediante libere elezioni. Domanda: questo edificio regge o no alla riprova dei fatti? La risposta è che regge nei termini suesposti, e cioè nell’ambito della democrazia di tipo rappresentativo. Infatti, in questo ambito tutto ciò che la teoria richiede dalla pratica è che la pubblica opinione si costituisca come opinione autonoma. Nondimeno è importante stabilire cosa davvero sappia. […]
I grandi pubblici sono sufficientemente informati, insufficientemente informati, o largamente disinformati? Non importa precisare la domande perché la risposta non cambia: è sempre che la base di informazione dei grandi pubblici è di una povertà scoraggiante e sbalorditiva. Che questo sia il punto debole e dolente di tutto l’edificio è raramente esplicitato ma tacitamente ammesso; e tutti concordano sulla necessità di rimediare. (p. 72)

Come si spiega questo disinteresse? L’informazione è un costo e quindi chi si tiene informato in un settore lo fa a scapito di altri. inoltre, il costo dell’informazione diventa redditizio solo dopo che l’informazione immagazzinata raggiunge una determinata soglia.

In politica, chi ha superato la soglia capisce al volo le notizie del giorno; ma chi resta al di sotto della soglia, chi non ha fatto l’immagazzinamento, fa uno sforzo, non afferra lo stesso, e in definitiva si annoia a morte. Per chi non è informato, dunque, il costo di capire e digerire l’informazione politica si ripropone ogni giorno e non diventa mai gratificante. (pp. 73-74)

C’è, in altri termini, un problema di competenza e il solo essere informato non è sufficiente. E’ palese, infatti, che essere informati di astronomia non ci rende astronomi. Ed è altrettanto palese che uscire dal nostro settore di specializzazione comporta una sensibilissima caduta di rendimento.

Non è questa una conclusione esaltante; ma nemmeno, passo a dire, una conclusione disperante. Anche se la base di informazione dei pubblici di massa resta quello che è, si tratta pur sempre di un punto debole tollerabile e digeribile finché restiamo nella democrazia elettorale, vale a dire finché la pubblica opinione si esprime eleggendo. Quanto votiamo per eleggere, non decidiamo singole questioni di governo. il vero potere dell’elettorato è il potere di scegliere chi lo governerà. Dunque le elezioni non decidono le questioni, ma decidono chi sarà a deciderle.

Insomma, noi scegliamo chi ci governerà sulla base di opinioni, che si possono formare in vari modi, ma sono comunque vittime della nostra incapacità di maturare una competenza specifica nelle faccende pubbliche.
Questo quadro di riferimento, offre un fondamentale stimolo all’azione perché i media sociali hanno dimostrato che possono: a) abbattere il costo di accesso all’informazione b) spostare parte delle competenze necessarie alla loro gestione dagli uomini alle macchine. Al volo, mi viene in mente un esempio legato alle immagini: fino a qualche anno fa, trovare un’immagine da usare in editoria comportava l’accesso a delle banche dati specialistiche e il pagamento di un costo non irrilevante. Adesso, si può fare ancora così, ma si può anche ricorrere al crowdsourcing usando sito come flickr o istockphoto. Quindi, reperire l’informazione che mi serve e farlo a un costo basso è diventato infinitamente più semplice. Allo stesso tempo, le macchine inglobano parte delle competenze necessarie per compiere questa operazione: si pensi ad algoritmi di ricerca in grado di cercare immagini con una dominante di colore o di individuare una faccia.
Penso che queste dinamiche si possano applicare anche alle informazioni utili alla formazione dell’opinione pubblica. Ma di questo parlerò in un altro post.

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