Alcune considerazioni sparse sull’organizzazione di un barcamp: le potete considerare appunti per un manualetto sul tema 😉
Gli obiettivi
Come in tutte le cose, occorre avere degli obiettivi. Bisogna cercare di definire meglio possibile cosa ci si aspetta in termini di risultato, esperienza che si vuole costruire, persone che si vuole coinvolgere e così di seguito. Nel caso del RomeCamp, abbiamo pensato di mettere in piedi un evento divulgativo, che potesse avvicinare più gente possibile a questo formato di condivisione della conoscenza e delle esperienze. Ovviamente, le scelte organizzative sono influenzate fortemente da questo obiettivo. Nel nostro caso, ha significato: un tema ampio e non strettamente collegato alla tecnologia, una sessione plenaria, degli strumenti che i partecipanti potranno usare nel corso delle due giornate per raccogliere le idee, formularne di nuove e condividerle con gli altri. E così di seguito.
Ingegnerizzazione
Quando si organizza un evento tradizionale, si cerca di controllare tutti i dettagli: deve essere tutto perfettamente pianificato e organizzato con grande anticipo. Ovviamente questo non può accadere con un barcamp: ciò non significa che che l’evento possa essere lasciato a se stesso. Detto in altri termini, se da un barcamp devono emergere contenuti, allora devo fare in modo che il contesto favorisca tale emersione.
Il problema è capire dove fermare l’organizzazione e lasciare che il sistema di auto-organizzi. Per esempio, ci siamo interrogati sull’opportunità che i relatori prenotassero gli slot per parlare in anticipo via web: il motivo era cercare di non penalizzare chi non può arrivare dalla mattina. Poi abbiamo deciso che era un eccesso di ingegnerizzazione perché in un barcamp, la formazione del programma è uno dei momenti più importanti ed è la cosa che differenzia questo format da una conferenza tradizionale.
Comunicazione
Un evento che aspira ad essere divulgativo non può fare a meno della comunicazione: se ne saranno accorti tutti coloro a cui rompiamo le scatole giorno dopo giorno. E poi, abbiamo cercato la collaborazione di uno studio grafico per fare l’immagine dell’evento e possiamo disporre della copertura del Cannocchiale che, grazie a Fabrizio e ai suoi collaboratori, riprenderà tutto in video e organizzerà un talk show trasmesso in diretta via web.
Non è detto che un barcamp richieda uno sforzo di comunicazione così impegnativo. Soprattutto se l’evento è tematico, è possibile che la presenza di troppe persone diventi controproducente.
Sponsor
Gli sponsor sono un’opportunità e un vincolo. L’opportunità nasce dall’avere dei soldi con cui fare delle cose e questo ovviamente non guasta. Il vincolo è altrettanto ovvio: lo sponsor si aspetta qualcosa in cambio soprattutto in termini di visibilità. Questo atteggiamento può essere più o meno aggressivo e può diventare sgradevole soprattutto se lo sponsor cerca di dettare la propria agenda fregandosene di tutto. Soprattutto in un barcamp, lo sponsor dovrebbe entrare in sintonia con il tipo di evento. Può mettere dei soldi per renderlo possibile, può avere un punto di presenza in cui parlare di sé in modo controllato e protetto (ossia uno stand), ma poi dovrebbe partecipare alle discussioni: segnare il suo nome sul tabellone e fare l’intervento come tutti gli altri, ascoltare oltre che parlare. Ci auguriamo che gli sponsor del RomeCamp facciano proprio questo: è l’unica cosa che può valorizzare veramente i soldi che hanno investito.
La deriva verso la conferenza
Qualche giorno fa Alberto D’Ottavi mi ha chiamato per chiedermi se stavo organizzando un barcamp oppure una conferenza tradizionale. Io non ho dubbi: sto organizzando un barcamp e la mia aspirazione è che funzioni come tale. Lo riterrò un successo se chi ha partecipato andrà via con un po’ di capitale sociale in più. Detto in termini più semplici: il RomeCamp sarà un successo se chi è venuto avrà avuto la possibilità di stringere o rafforzare relazioni basate sullo scambio di conoscenze, esperienze, valori. Il resto è funzionale a questo scopo.
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