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PR Digitali: cambiare sì, ma come?

Ieri sera ho avuto il piacere di essere ospite della delegazione milanese delle Ferpi per un incontro dal titolo PR Digitali: cambiare sì, ma come?. Con me, hanno intrattenuto la folta platea di oltre 80 persone, Gianni Catalfamo (European Director Social Media di Pleon) ed Enzo Mazza (presidente di Fimi).
L’incontro è stata ottimamente organizzato dall’amico Sergio Vazzoler di Mr Associati e dallo staff della Ferpi presso la Casa del Pane al Casello Ovest di Porta Venezia.
Mi accorgo che c’è sempre maggiore attenzione verso questo tema da parte dei professionisti: evidentemente è difficile immaginare di sottrarsi al confronto con i media sociali, soprattutto se si lavora in settori merceologici in cui gli interlocutori principali sono i giovani della net generation (quelli nati dopo il 1980).
Allo stesso tempo c’è grande spaesamento e difficoltà a capire dove andare a parare: la maggior parte dei relatori pubblici con cui mi capita di interloquire ha poca o nessuna esperienza di strumenti come i blog o i social network e una cultura professionale che non li aiuta ad andare verso i media sociali.
Possiamo dire che i relatori pubblici sono oggi nella situazione in cui si sono trovate le case discografiche dieci anni fa: faticano a capire come sta cambiano lo scenario e questo li mette in una posizione di grande fragilità. Infatti, l’atteggiamento generale è per lo più difensivo: alcune agenzie stanno timidamente affrontando la questione dell’ascolto con sistemi di monitoraggio del web più o meno sofisticati e tanto lavoro manuale (di professionisti della comunicazione, in pochi casi illuminati, di stagisti mandati allo sbaraglio, nella maggioranza dei casi).
Sono pochissime le esperienze di azioni pro-attive e, spesso, si tratta di estensioni delle attività di relazioni pubbliche tradizionali. Penso, per esempio, agli incontri con i blogger, che si muovono nella scia delle cose che fa normalmente un ufficio stampa. Insomma, si cerca di tenere fermi dei paletti, dei punti di riferimento, evitando di andare in mare aperto.
In questo contesto, molte attività di comunicazione sui social media sono guidate dal marketing ed eseguite da consulenti che vengono dal mondo dell’advertising. E, infatti, è tutto un fiorire di video virali, passaparola, guerrilla marketing e altre amenità. Però il futuro della comunicazione d’impresa non si può ridurre ai video virali e al passaparola alimentato artificialmente e ad attività che sono al confine con lo spam.
C’è una grande opportunità per i relatori e un grande rischio: l’opportunità è quella di candidarsi a guidare l’adozione dei media sociali nelle organizzazioni; il rischio è quello di arroccarsi su posizioni obsolete, esattamente come hanno fatto le case discografiche fino ad oggi. Con il risultato che i budget di comunicazione che verranno inevitabilmente sottratti all’advertising finiranno a finanziare dubbie operazioni di guerriglieri, contagiatori e “passaparolieri” 😉