Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in Palombella Rossa e aveva ragione. Le parole, infatti, cambiano la percezione delle cose e degli eventi. Prendiamo, per esempio, la questione dei test scolastici di fine anno, in base ai quali le regioni del sud – contro ogni aspettativa – hanno fatto registrare performance superiori a quelle del nord. Al momento della verifica, l’Invalsi (Istituto nazionale di valutazione dell’apprendimento scolastico) ha dovuto constatare che il numero di esami copiati in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia era sensibilmente superiore a quello delle regioni del centro e del nord Italia (vedi articolo del Corriere).
Purtroppo, la cosa non stupisce più di tanto anzi giunge come una conferma di un sospetto che tutti hanno nutrito sin dall’inizio. Ahimè, non destano sorpresa neanche le parole usate dalla stessa Ivalsi per commentare il fatto. L’ente, infatti, parla di “comportamento opportunistico” e applica ai risultati finali un coefficiente correttivo che chiama tasso di cheating.
Ma davvero copiare il compito di un esame è un comportamento opportunista? Perché non diciamo invece che si tratta di un’azione truffaldina o fraudolenta? Perché non qualifichiamo il comportamento del professore che ammette o suggerisce la copia come una truffa? Perché non la puniamo?
E, inoltre, perché non la smettiamo di usare le parole inglesi per camuffare le parole italiane? E’ forse meno grave essere considerato un cheat piuttosto che un baro o un truffatore?
I risultati dell’esame di italiano (fonte: nostra elaborazione sui dati Invalsi)
I risultati dell’esame di italiano (fonte: nostra elaborazione sui dati Invalsi)
I risultati dell’esame di matematica (fonte: nostra elaborazione sui dati Invalsi)