Nello scorso fine settimana sono stato a Londra e ho avuto modo di entrare in un supermercato Tesco per comprare un po’ di frutta. La scelta era notevole e c’erano moltissimi prodotti biologici (in inglese si dice organic). Questo, ovviamente, mi sembra molto positivo. Quello che mi ha lasciato perplesso è la provenienza di questi prodotti. Per esempio, c’erano pochissime mele europee e tantissimi pomi provenienti dagli Stati Uniti e dalla Nuova Zelanda.
Allora mi sono chiesto: ha senso vendere un prodotto biologico che ha fatto migliaia di chilometri per arrivare su uno scaffale? Non sarebbe più coerente cercare di mettere in vendita delle mele possibilmente a chilometri zero?
Parlare di salute mentale, serenamente
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4 Responses
Sì, sarebbe più coerente. Però molto di quello che ho incontrato di biologico, anche qui in Italia, proviene da zone lontane.
Mi son fatto l’idea che il voler vivere consumando prodotti di quel tipo richieda necessariamente compromessi: a quale livello di compromesso stare è una scelta personale che dovrebbe essere fatta consapevolmente.
Purtroppo temo che l’uso di alcuni termini–come “biologico”–e marchi–come le certificazioni di produzione biologica–producano invece l’effetto opposto, innescando il meccanismo per cui “é bio quindi va bene di sicuro”.
NO NON HA SENSO
Dai un’occhiata qui: http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/05/05/contro-la-spesa-a-chilometri-zero/
Ciao
pier
Nicola, dai un’occhiata qui: http://www.tescopoly.org ed anche qui: http://www.amazon.co.uk/Tescopoly-How-Shop-Came-Matters/dp/1845295110/ref=sr_1_1?ie=UTF8&s=books&qid=1256508052&sr=8-1
In sintesi, chi e’ sensibile a queste tematiche compra nei “farmers’ market”: http://www.lfm.org.uk