Terza puntata dell’esplorazione sulle metafore (prima puntata, seconda puntata) attraverso la lettura di Metafore e vita quotidiana di George Lakoff e Mark Johnson. Cito dal capitolo 21:
Molte delle nostre attività (discutere, risolvere problemi, programmare il tempo ecc.) sono di natura metaforica. I concetti metaforici che caratterizzano queste attività strutturano la nostra realtà attuale. Le nuove metafore hanno il potere di creare una nuova realtà . Ciò può avvenire quando cominciamo a comprendere la nostra esperienza in termini di una metafora, e diventa una realtà più profonda quando cominciamo ad agire in base ad essa. Se una nuova metafora entra nel sistema concettuale su cui sono basate le nostre azioni, essa modifica tale sistema concettuale e le percezioni e azioni originate da quel sistema. Molte trasformazioni culturali nascono dall’introduzione di nuovi concetti metaforici e dalla perdita di vecchi. Ad esempio, l’occidentalizzazione delle culture di tutto il mondo è in parte dovuta all’introduzione della metafora IL TEMPO E’ DENARO in quelle culture.
L’idea che le metafore possano creare realtà va contro la maggior parte delle tradizionali teorie sulla metafora. Il fatto è che la metafora è stata tradizionalmente vista come una questione puramente linguistica, invece che in primo luogo come un mezzo per strutturare il nostro sistema concettuale e i tipi di attività quotidiana che noi compiamo. E’ piuttosto ragionevole assumere che le parole, da sole, non cambiano la realtà . Ma i cambiamenti del nostro sistema concettuale cambiano ciò che è reale per noi e influiscono sul modo in cui percepiamo il mondo e agiamo in base a queste percezioni.
L’idea che la metafora sia solo un fatto che riguarda il linguaggio e possa, nel migliore dei casi, solo descrivere la realtà proviene dalla convinzione che ciò che è reale è totalmente esterno, e indipendente da come gli esseri umani concettualizzano il mondo, come se lo studio della realtà fosse appunto lo studio del mondo fisico. Tale immagine della realtà – la cosiddetta realtà oggettiva – esclude gli aspetti umani della realtà , in particolare le reali percezioni, concettualizzazioni, motivazioni e azioni che costituiscono la maggior parte delle nostre esperienze. Ma gli aspetti umani della realtà sono in parte più rilevanti di ciò che conta per noi e variano da cultura a cultura, dal momento che culture diverse hanno sistemi concettuali diversi. Inoltre le culture esistono in ambienti fisici, alcuni dei quali sono radicalmente diversi fra loro: giungle, deserti, isole, tundre, montagne, città , ecc.; in ogni caso vi è un ambiente fisico con cui noi interagiamo, con più o meno successo. I sistemi concettuali delle varie culture dipendono in parte dagli ambienti fisici in cui esse si sono sviluppate.
Ogni cultura deve elaborare un modo, che può essere più o meno coronato da successo, di interazione con il suo ambiente, sia adattandosi ad esso sia trasformandolo. Inoltre ogni cultura deve definire una realtà sociale al cui interno le persone abbiano ruoli per loro significativi e sulla cui base essere possano agire socialmente. Non è sorprendente che la realtà sociale definita da una cultura influenzi la sua concezione della realtà fisica. Ciò che è reale per un individuo in quanto membro di una cultura è il prodotto sia della sua realtà sociale che del modo in cui quest’ultima modella la sua esperienza del mondo fisico. Dal momento che una gran parte della nostra realtà sociale è compresa in termini metaforici, e che la nostra concezione del mondo fisico è parzialmente metaforica, la metafora gioca un ruolo molto significativo nel determinare ciò che è reale per noi.
Questo brano spiega in termini assai brillanti perché io non amo la parola «virtuale» e preferisca usare, invece, il termine «digitale». Chi adotta il primo, infatti, spesso sottintende il fatto che tutto ciò che si trova online è sostanzialmente illusorio e non reale; si riferisce a esso utilizzando metafore che sottolineano l’immaterialità , la lontananza, l’inconsistenza e via di seguito. Quel sistema di metafore allontana costoro dalla comprensione degli spazi digitali, che – lungi dall’essere prodotti della fantasia – sono una vera e propria continuazione degli spazi di socializzazione analogici.