Ieri sono andato al Pantheon per dimostrare contro il cosiddetto decreto salvaliste, di cui ho pubblicato il testo integrale nel post precedente. E’ una norma pericolosa. Lo hanno detto in tanti (molti ben più autorevoli del sottoscritto), ma ritengo sia opportuno ribadirlo ad nauseam: questo decreto è un evidente abuso di potere e non c’è bisogno di entrare nel merito delle singole contestazioni. Basta leggerlo con un po’ di buon senso.
Innanzitutto, il decreto rappresenta l’ammissione implicita che le liste sono state presentate in modo irregolare, o perché mancavano i requisiti formali che certificassero le firme oppure perché non era stata osservata la procedura stabilita dalla legge per effettuare la consegna. Altrimenti, non ci sarebbe alcun bisogno di interpretazioni che sono perlomeno discutibili. Vale la pena chiosare i singoli commi dell’articolo 1 (lo faccio da cittadino e non da giurista applicando un po’ di buon senso).
Il primo comma dice che «il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del Tribunale. La presenza entro il termine di legge nei locali del Tribunale dei delegati puo’ essere provata con ogni mezzo idoneo.» Immaginiamo per un attimo che non si tratti di liste elettorali e che io, normale cittadino, debba presentare una pratica alla comune entro le ore 12:00 di un certo giorno. Da quello che capisco, io potrei farmi una passeggiata al comune nella mattina del giorno in questione, quindi andare a pranzo, prendere un caffè, schiacciare un pisolino e ripresentarmi magari nel pomeriggio o, volendo, anche il giorno dopo. Perché quello che conta è che io sia presente nell’edificio del comune con la documentazione entro i termini e non che mi presenti allo sportello davanti a un pubblico ufficiale e faccia certificare che sono lì proprio per presentare quella documentazione. Inoltre, poiché non c’è alcun pubblico ufficiale a ufficializzare la mia presenza, allora posso portare qualsiasi altra prova a supporto. Una procedura così bizzarra mi sembrerebbe fuori dal mondo se si trattasse di una mia modesta pratica amministrativa, figuriamoci se si tratta di presentare delle liste elettorali.
Il secondo comma si riferisce all’autenticazione delle firme. La questione non è affatto di forma come sostiene il Pdl per un motivo molto semplice: le firme servono a certificare che un certo numero di cittadini ha intenzione di presentare una lista elettorale. Quindi deve essere certo che quei cittadini esistono e che hanno effettivamente intenzione di presentare la lista. Poiché non possono presentarsi tutti in tribunale, è necessario raccogliere le loro firme e la modalità con cui tali firme sono raccolte certifica che sono autentiche. Ecco perché anche l’assenza di un timbro non è pura questione di forma, ma è sostanza, soprattutto in una materia delicata come questa.
Il decreto salvaliste va ben oltre dice « la regolarita’ della autenticazione delle firme non e’ comunque inficiata dalla presenza di una irregolarita’ meramente formale quale la mancanza o la non leggibilita’ del timbro della autorita’ autenticante, dell’indicazione del luogo di autenticazione, nonche’ dell’indicazione della qualificazione dell’autorita’ autenticante, purche’ autorizzata.» In altri termini: la firma è valida anche se non si capisce bene chi l’ha certiticata, quando e dove!
Il terzo comma pone una serie di restrizioni alla possibilità di fare ricorso. Qui io noto una singolarità e cioè che si fa riferimento al quinto comma dell’articolo 10 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, che però non esiste, perché quell’articolo è composto di soli quattro commi.
Il quarto comma del decreto salvaliste, infine, stabilisce che il provvedimento si applica anche alle elezioni in corso e quindi tutti i rappresentanti di lista che si fossero trovati in tribunale con delle liste elettorali da presentare la mattina del 28 febbraio (o anche prima), lunedì 7 marzo hanno tutta la giornata per completare l’operazione. Quindi, suggerirei al Pdl di accompagnare Milione lontano dall’orario dei pasti per evitare che venga colto dall’urgenza di addentare un panino e ripeta l’incresciosa performance.
Concludo. A me sembra piuttosto evidente che questa non è affatto una interpretazione, ma una norma che cambia in modo radicale i termini di presentazione delle liste elettorali e introduce una serie di ambiguità assai pericolose, rendendo incerto sia il momento della presentazione delle liste in tribunale che il momento della raccolta e certificazione delle firme.
Infine, non risolve affatto la questione perché il Tribunale amministrativo potrebbe benissimo sollevare una questione di costituzionalità e interpellare la suprema Corte. Se ciò accadrà , mi sembra inevitabile che il decreto venga dichiarato nullo.
UPDATE. L’avvocato Antonello Tomanelli illustra nel dettaglio perché il decreto non può considerarsi interpretativo, ma innova la disciplina elettorale.