Lettera aperta al Partito democratico

Ha ragione Walter Veltroni quando, nella sua lettera agli italiani pubblicata il 24 agosto sul Corriere della Sera, sostiene che l’Italia merita di più della classe dirigente di cui lui e tanti altri sono esponenti di primo piano da decenni. Noi elettori del partito democratico meritiamo di più di un gruppo oligarchico stantio e incapace di elaborare un progetto politico che non sia una modesta ipotesi di alleanza senza alcun contenuto diverso dalla velleitaria ipotesi di sconfiggere l’avversario politico invocando lo stato di emergenza democratica.
L’era Berlusconi è anche il risultato dell’incapacità dei dirigenti del centro sinistra di costruire un progetto progressista credibile e con una vera vocazione maggioritaria. Oggi, Pierluigi Bersani lo invoca a gran voce in un’altra lettera al direttore di Repubblica, ma non ne fa intravedere neanche un’ipotesi. Come elettore del Partito democratico, mi sento in dovere e in diritto di farne una io.

Gli italiani non hanno fiducia nello Stato e nei partiti. Una mancanza drammatica che logora ogni giorno quel poco di senso civico residuo, quella disponibilità a cooperare per il miglioramento della società in cui si vive che tutti i cittadini dovrebbero invece desiderare di offrire per vivere meglio ed essere più felici.
La mancanza di fiducia è la conseguenza dell’opacità dietro la quale si nascondono amministratori pubblici e politici. Una cortina di fumo innalzata da chi non vuole rendere conto ai cittadini e agli elettori.
Vale per le pubbliche amministrazioni, che si trincerano dietro una bruttissima legge sulla trasparenza amministrativa e a interpretazioni a dir poco fantasiose delle norme, come quella del Garante per la protezione dei dati personali che ha stabilito che le informazioni pubbliche non sono necessariamente pubblicabili (un vero e proprio non-sense) e che, di conseguenza, possono essere rese disponibili nei siti web degli enti (e non è questa forse una pubblicazione?), ma non possono essere indicizzate dai motori di ricerca. Sicché, di fatto, divengono irraggiungibili. Un imbroglio!
Vale anche per i partiti, che di fatto non hanno alcun obbligo reale di rendicontazione né delle attività e dei risultati né di come impiegano i soldi che ricevono come rimborsi elettorali o contributi da parte di privati e aziende. Senza considerare che questi ultimi, probabilmente, transitano in gran parte in fondazioni politiche finanziate da società di telecomunicazioni, farmaceutiche, petrolifere o produttori tabacco; soldi che arrivano alla politica con modalità che fanno sospettare che siano impiegati nell’interesse di singoli piuttosto che della collettività.

Un sistema senza trasparenza non può costruire fiducia perché favorisce i furbi e costringe gli onesti in uno stato di illegalità latente; la trasparenza, al contrario, promuove la responsabilità e il merito. Nell’epoca della cultura digitale essere trasparenti significa adottare il modello dell’open government: le amministrazioni pubbliche devono mettere a disposizione tramite Internet tutti i dati di cui dispongono in modo che questi possano essere utilizzati liberamente dai cittadini per analizzarne funzionamento e prestazioni e per costruire innovazione.
Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, l’open government è diventato un vero e proprio movimento civico alimentato dalla crescente disponibilità di dati pubblicati senza limitazioni d’uso nei siti governativi data.gov e data.gov.uk e delle amministrazioni locali. A partire da queste informazioni sono fiorite tantissime iniziative che vedono la partecipazione attiva di cittadini che costruiscono servizi per altri cittadini e lavorano insieme con gli amministratori per rendere più efficace la gestione della cosa pubblica. Per esempio, il sito di informazioni locali Everyblock usa i dati del comune di San Francisco per informare gli utenti sui permessi rilasciati per lavori pubblici, sugli esiti dei controlli sanitari nei ristoranti, sulle richieste alla Polizia e via di seguito. Datasf.org, il sito della città dedicato agli open data, inoltre, censisce molte applicazioni sviluppate da cittadini usando e mixando le informazioni messe liberamente a disposizione dalle diverse aziende di trasporto pubblico: servizi realizzati senza alcun costo per la città.
Il movimento dell’open government – sebbene sia ancora nella sua fase germinale – mostra che, di fronte a una pubblica amministrazione che accetta di essere trasparente, i cittadini sono disposti a farsi coinvolgere, a mettere in campo il proprio senso civico, ad avere fiducia nell’impegno a favore della propria comunità.

Nel 2010, non si può continuare a pensare alla pubblica amministrazione come se fossimo all’epoca della nascita degli stati nazionali e al welfare come se la nostra società fosse in qualche modo simile a quella uscita dalla seconda guerra mondiale. Negli ultimi centocinquanta anni, è stato creato un apparato che ha pochissima attenzione ai risultati e al rapporto tra costi e benefici. Lo Stato burocratico eroga prestazioni a cittadini che non vengono mai coinvolti nella fase di progettazione, di produzione o di valutazione dei servizi; elabora regole sempre più dettagliate, procedure di garanzia, controlli che vengono sistematicamente aggirati o derogati.
Lo Stato del ventunesimo secolo deve puntare alla co-produzione dei servizi pubblici, riconoscendo che i cittadini hanno competenze da mettere in campo e rappresentano delle risorse da coinvolgere. Gli individui, le famiglie, i vicinati, le comunità locali rappresentano il sistema operativo sul quale funzionano i servizi assicurati dalle pubbliche amministrazioni. Quando queste ultime operano in contrasto con i primi i risultati sono performance scadenti, un basso livello di fiducia, una scarsa volontà di partecipazione.
Il riferimento al computer non è casuale perché il tipo di tecnologia che viene sviluppata e che si diffonde in una società ne plasma in modo decisivo la struttura materiale e la politica non può continuare a ignorare la cultura digitale, che sottolinea valori come la responsabilità, la collaborazione, l’innovazione e la libertà.
Una riforma dei servizi pubblici che non tenga conto del ruolo attivo dei cittadini non è destinata ad andare troppo lontano. Pensiamo alla sfida della gestione dei rifiuti, al loro corretto riciclaggio e smaltimento: non è possibile immaginare che la raccolta differenziata produca risultati apprezzabili se i cittadini non partecipano attivamente, se non diventano co-produttori del servizio. Non è sufficiente mettere i cassonetti colorati per strada; é necessario che le persone diventino parte attiva del processo, suddividendo correttamente i materiali. E non solo: chi ha imparato come si fa, può aiutare chi incontra difficoltà (ho avuto esperienza di persone anziane che non riescono a gestire correttamente la raccolta) e può contribuire con idee e progetti all’evoluzione del servizio per renderlo migliore.
Ragionamenti analoghi valgono per tutti i servizi pubblici: occorre considerare gli utenti come risorse da coinvolgere nella progettazione, produzione e valutazione piuttosto che come destinatari passivi di processi studiati a tavolino, tenendo conto unicamente delle convenienze degli uffici o della politica. Non è solo questione di principio: gli esperimenti di co-produzione realizzati in Gran Bretagna mostrano che essa può rendere il sistema più efficiente, più efficace ed economicamente sostenibile, favorendo quell’innovazione dello stato sociale resa necessaria dai cambiamenti radicali che sono avvenuti nella nostra società negli ultimi sessant’anni.

Fiducia, attraverso l’apertura dei dati, e coinvolgimento, attraverso la co-produzione dei servizi, sono le due parole chiave che dovrebbero stare alla base del progetto politico del Partito democratico.

Noi progressisti abbiamo bisogno di un partito contemporaneo, trasparente e in grado di coinvolgerci. Non ci serve una classe dirigente che si nasconde dietro Berlusconi nel velleitario tentativo di celare le proprie colpe e di difendere delle rendite elettorali.

26 agosto 2010

Nicola Mattina

P.S. Se vuoi sottoscrivere questa lettera aperta e aggiungere suggerimenti, opinioni e critiche, scrivi un commento di seguito. Dal canto mio, mi impegno a far avere lettera e commenti ai dirigenti del Partito democratico 🙂

56 Responses

  1. Aderisco alle cose che Nicola auspica, ma non posso aderire alla lettera, semplicemente perché non sono un elettore del partito democratico: da qualche anno ormai voto scheda nulla. Non che ne vada fiero, tutt’altro, ma tant’è.

    1. Potresti sottoscrivere la lettera in quanto potenziale elettore. Forse sarebbe anche più significativo. (Ovviamente a patto che tu ti senta un potenziale elettore).

  2. sottoscrivo anche io le parole che dici!

    magari qualcuno dei politici che ci governano o che si candidano a farlo, prima o poi, riuscira’ a comprendere che trasparenza porta fiducia e che questa porta coinvolgimento da parte dei cittadini nella cosa pubblica …

  3. Concordo pienamente che l’alternativa e la fiducia si costruiscano ogni giorno tramite la condivisione, coproduzione delle scelte e delle soluzioni politiche. Tutto questo può essere possibili solo tramite la coerenza e la trasparenza delle condotte. Spero vivamente che questo partito per rappresentare un’alternativa si fornisca degli strumenti e delle procedure decisionali tali da garantire scelte rapide, decise e condivise. Inolte penso che questo sia possibile anche tramite una investitura di responsabilità nei confronti dei giovani.

  4. [benaltrismo mode: on] Sono d’accordo sulla necessità di trasparenza e partecipazione, ma questi sono strumenti, forme di controllo. Potrebbero stare nel programma di qualsiasi partito moderno. Prima ancora dei singoli punti programmatici (che pure servono) al PD manca un’identità e un progetto. [benaltrismo mode: off]

    1. Mattia, io penso che trasparenza e coinvolgimento debbano fare parte del progetto di identità del partito democratico. Poi declino i due concetti indicando quali dovrebbero essere le strategie operative per assicurare che entrambe producano dei risultati politici. Grazie del commento 🙂

  5. Sottoscrivo al 100%; ma sei proprio sicuro che il tuo modello di Italia (aperta, trasparente e che coinvolga i cittadini) sia quello che gli Italiani vogliono (e non quello che vuoi tu)? Il problema non e’ Berlusconi e nemmeno il (drammatico) PD, il problema sono gli italiani!!

    1. Frequentando assiduamente la cultura digitale ho sviluppato un certo ottimismo verso le imprese impossibili, come Wikipedia 🙂

    2. Sono d’accordo anche io come elettore nonchè come militante ai fini che si pone l’iniziativa ma altrettanto quoto quanto detto da Alessandro: l’Italia è ed è sempre stato un paese di paraculi ed opportunisti, nonchè di scaricabarili -ovviamente parlo dell’italiano medio, so e mi auguro che non siamo tutti tali-, ricordo il fascismo ad esempio: come per il berlusconismo la soluzione sta nell’uomo che si prende carico dei problemi, o lo fa sembrare.
      I referendum, ad esempio, sono il più alto e diretto mezzo democratico presente nel nostro ordinamento, eppure la gente li snobba o li schifa, e un perchè dev’esserci quando questi non hanno a che fare direttamente con la classe dirigente ecc…
      Un appunto inoltre: concordo che c’è molto ancora da costruire e da correggere, ammetto tutti gli errori possibili fatti dal PD, ma voglio lanciare una provocazione: perchè se si vincesse, governeremmo con tutta la coalizione ma se perdiamo, come finora, la colpa è sempre solamente del PD, delle sue divisioni, dei democristiani e dei comunisti, degli alieni e dei cherubini (cosa peraltro anche vera!) e mai ANCHE di tutti gli altri? DOVE SONO I VOTI “ALLE SINISTRE”? E SOPRATTUTTO PERCHE’ SONO DIVENTATI 500 PARTITI?!?? DOVE SONO I MODERATI RIFORMISTI? E I DIPIETRISTI??? DOV’E’ LA GENTE CHE TUTTI NON ABBIAMO CONVINTO NEMMENO DI VENIRE A VOTARE????????
      grazie per l’attenzione

      1. persa in Intenet… ad arrabbiarsi nei blog… a sognare un modo per riuscire a evadere da questo soffocante paese… Ha ragione Nicola: cambiate prima di tutto i modi di far politica, i linguaggi, sintonizzatevi su un’altra onda. Poi costruite un programma insieme alla base, coinvolgendo anche chi per adesso non vi vota ma potrebbe farlo se…

  6. Ciao Nicola, complimenti per la lucidità.
    Oggi le ideologie sono venute meno e sono tenute in piedi per un retaggio storico e per la tipica abitudine di guardare indietro invece che avanti.

    Oggi, in Italia, c’è prima di tutto la necessità di fare una bella riforma amministrativa (e in questo credo che la trasparenza dei dati avrebbe un impatto fortissimo) prima che politica.
    Poi, come sostieni tu, c’è bisogno di portare la gente a prendere parte alla vita sociale-politica, perché la smetta di delegare il proprio destino all’uomo forte in cambio di un po’ di balletti in televisione, ma che invece tenga in tensione la classe dirigente con sempre nuove analisi (ah se avessimo un’informazione adeguata ad una nazione moderna!), nuove idee, nuovi progetti.

    Il problema è che per capire questi due concetti, e la forza che potrebbe avere una riforma digitale, bisognerebbe averla vissuta almeno in parte quotidianamente, ma io non so in quanti in parlamento (non solo nel PD), sappiano mandare una email.

    Dobbiamo velocizzare il ricambio generazionale!

  7. Ciao Nicola, grazie della tua mail. La tua proposta è condivisibile (almeno da me, che mi occupo un poco di queste cose) ma secondo me ha un problema che, per quanto mi riguarda, è così grave da impedirmi di firmarla. Il problema è che non si capisce perché indirizzarla ad un partito, quando il tema della trasparenza e della partecipazione allargata alle politiche pubbliche è assolutamente bipartisan e istituzionale, incorporato in tutti i documenti strategici degli organismi internazionali a cui l’Italia partecipa (dall’Unione Europea all’OCSE).

    Nel tuo testo si intrecciano politics e policy, decisione pubblica e servizi pubblici, trasparenza delle istituzioni (un dovere verso tutti i cittadini) e trasparenza dei partiti (un dovere solo nei confronti dei propri iscritti ed elettori, molti dei quali non la pretendono nemmeno – basti pensare alla Lega). Si intrecciano e, almeno alla mia lettura, si confondono un po’. Troverei più naturale un appello per l’open government indirizzato alle istituzioni: se raccogli dieci milioni di firme, poi i partiti avranno tutto l’interesse a presentare proposte in grado di raccogliere quel consenso.

    1. Alberto, indirizzo la lettera al partito democratico perché la trasparenza e il coinvolgimento sono innanzitutto scelte politiche. Io sostengo che essere debbano far parte del Dna di una formazione politica progressista e del suo progetto di Stato e indico una declinazione operativa che consenta di farle diventare realtà.
      Ovviamente un elettore di centro destra potrebbe suggerire cose analoghe al suo partito; d’altro canto, la Gran Bretagna a guida conservatrice sta promuovendo gli open data e propone il modello della Big Society, che è in gran parte basato sulla co-creazione dei servizi pubblici.

      1. Io, invece, pretendo trasparenza e apertura nell’agire delle amministrazioni di qualunque colore. Le pretendo perché sono figlie legittime del dettato costituzionale. Chiederle solo al PD sarebbe come dire che il PDL e la Lega possono decidere a porte chiuse e in modo poco trasparente, e io questo non lo condivido: non da cittadino, e non da tecnico. Come dici, i Tories britannici promuovono gli open data, e questo non è incidentale, ma strutturale: il tema appartiene a tutti, non alle sinistre (anzi, i conservatori potrebbero rivendicare una tradizione di “checks and balances” al potere governativo più nobile e antica di quella socialdemocratica). Quindi insisto: una lettera così la firmo, ma solo se è rivolta alle istituzioni. Poi è chiaro che questo è solo il mio parere, e non sposta assolutamente niente.

  8. Pingback: Anonymous
  9. approvo e firmo, perchè sono un iscritto del PD e mi interessa che le idee che in gran parte condivido qui esposte giungano al mio partito di riferimento,

  10. Approvo e sottoscrivo. Purtroppo sono convinto che, a parole, approverebbero anche i dirigenti del PD, quelli che sono stati ministri, vice-premier, sindaci di capitale e amministratori di enti locali e di regioni. Sottoscriverebbero senatori, deputati che continuano ad avere un doppio ruolo, quelli che sono, al contempo, onorevoli, assessori locali e presidenti di agenzie sanitarie regionali…
    Questa è una proposta che, a un “sincero democratico”, non può non piacere. Il problema nasce quando queste idee bisogna applicarle, quando bisogna rinunciare ai tantissimi conflitti di interesse che coinvolgono non Berlusconi, ma le centinaia di amministratori locali democratici nell’esercizio quotidiano delle loro funzioni. E allora una burocrazia pubblica opaca, le normative paradossali, una dirigenza collusa e molto altro, diventano funzionali alla “ridistribuzione” criminale del denaro pubblico. Se non facciamo saltare il tappo – rappresentato da questi oligarchi che soffocano le istituzioni e la vita del paese – non riusciremo mai a fare alcuna riforma. Un esempio. Nell’articolo si fa riferimento al welfare. Bene. Il centro sinistra ha fatto la prima legge quadro in materia della storia repubblicana, la L. 328/00 e la montagna ha partorito un topolino! Quella (poca) partecipazione della cittadinanza che la legge prevedeva, era puramente formale. Quella legge (per altro subito depotenziata dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, la L.3/01 ad opera della stessa maggioranza di centro-sinistra) è stata l’ennesima mediazione estenuante al massimo ribasso politico che ha prodotto solo altre attese frustrate, altre occasioni mancate. Del resto è impensabile che un partito opaco al suo interno, produca norme trasparenti quando è la potere: la partecipazione democratica stessa, all’interno del PD, è preclusa ai non-iniziati!

  11. Ciao Nicola,
    mi piacerebbe fornirti un punto di vista dall’interno dell’Amministrazione visto che lavoro alla Provincia di Roma.
    La demagogia brunettiana degli ultimi due anni ha fornito agli italiani l’ennesima occasione per sviare rabbie e frustrazioni generalizzate su qualcosa di concreto: la Pubblica Amministrazione.
    Io non so se ricordate la PA della nostra infanzia, io si e garantisco che i passi fatti verso i cittadini negli ultimi 10 anni sono stati ciclopici. Comunico quotidianamente con la mia utenza via mail, ho dei termini di legge che devo necessariamente rispettare per compiere un’istruttoria e fornire una risposta, svolgo gare di livello comunitario per le quali ho delle regole di pubblicità ferree ed agisco quotidianamente sotto il giogo della Corte dei Conti che può condannare direttamente me e il mio dirigente a pagare di tasca nostra l’eventuale danno erariale causato da una nostra condotta negligente.
    Vorrei chiederti di spiegarmi di quali dati ritieni la diffusione indispensabile ai fini di un miglior funzionamento del sistema. Posso pensare che ti riferisca ai dati relativi allo svolgimento di gare d’appalto o a quelli relativi alle graduatorie ai fini dell’erogazione di pubblici servizi, ma può darsi che tu ti riferisca ad altro.
    Per quanto attiene ai primi devo dire che, quando ho cominciato a lavorare in Provincia, assistevo di tanto in tanto all’applicazione di trattative private per l’affidamento diretto di piccoli appalti che di per sè potevano latamente ingenerare il sospetto che l’amico dell’assessore di turno potesse essere favorito; questa pratica è sostanzialmente decaduta a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti e della produzione di tutta la giurisprudenza che in questo decennio ha applicato condanne nei confronti degli amministratori pubblici corrotti.
    Inoltre, avendo svariate volte rigettato istanze di accesso agli atti del tutto infondate, vorrei segnalarti quanto spesso ci si rivolga alle Amministrazioni locali solo per sapere se l’inquilino del piano di sopra paghi regolarmente l’affitto o quanto guadagni il cognato della cugina.
    Con riferimento alla seconda tipologia di dati cui mi riferivo sopra, dubito francamente che il cittadino medio si renda conto di quanti e quali tipi di dati le Amminsitrazioni Pubbliche detengano, dei certificati medici che ad esempio si siano dovuti produrre per attestare di avere un familiare con gravi handicap o con patologie invalidanti come l’HIV, in modo da acquisire un punteggio maggiore ad es. per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica rispetto ad un altro nucleo familiare.
    Se ad esempio mio figlio avesse avuto la preferenza in un nido comunale perchè sono tossicodipendente e vivo con sussidio statale e sotto l’osservazione degli assistenti sociali io rabbrividirei al pensiero che i genitori dei compagni di mio figlio potessero venirne a conoscenza.
    Soprattutto alla luce del fatto che il figlio del commerciante che gira con la Maserati è legittimamente entrato allo stesso nido per il semplice fatto che l’ISEE prodotto dal padre al momento della domanda lo dichiara nullatenente e l’ufficio comunale preposto non può che prendere atto di questo nella definizione della graduatoria.
    Ho fatto due esempi sciocchi per sollecitare la tua riflessione su un punto che ritengo fondamentale: le norme a tutela della legalità dell’azione amministrativa ci sono e funzionano. E’ invece molto difficile arginare l’italica mentalità del furbetto del quartiere, di coloro che, pur denigrando costantemente il prossimo, si approfittano di qualunque situazione non appena capiti l’occasione.
    E’ veramente improbabile oggi come oggi aggirare le norme che assicurano la trasparenza nelle gare pubbliche. Anche e soprattutto quando si parla di gare di notevole impatto sociale ed economico non è l’azione amminsitrativa a svolgersi in maniera non corretta, ma piuttosto sono le società partecipanti a costituire cartelli e accordi sottobanco di cui la Pubblica Amministrazione è il primo soggetto danneggiato.
    Il mio punto di vista è che con la normativa attuale non è l’azione amministrativa a potersi svolgere illeggitttimamente, ma è la corruzione dilagante dei politici e degli imprenditori ad inficiare un sistema normativo che di per sè ha pochissime lacune.
    Personalmente non credo che la trasparenza che tu invochi chiedendo la pubblicazione indiscriminata di qualunque dato risolverebbe questo problema poichè la mia esperienza diretta mi dimostra che la forma e la procedura sono sempre corrette, è la sostanza che c’è dietro ad esser marcia.
    Ed anzi, in svariati casi, la pubblicità dei dati degli utenti andrebbe a ledere proprio quei comuni cittadini che usufruiscono dei pubblici servizi in piena onestà.
    Ho l’impressione che la corruzione dilagante sia arginabile attraverso due strade: 1. un incremento sostanziale del numero dei magistrati e di tutte le forme d’impiego necessarie ad assicurare il funzionamento del sistema giudiziario e penitenizario, affinchè i corrotti di qualunque livello possano essere condannati e realmente puniti; 2.la ricostruzione di un sistema scolastico che formi le nuove generazioni sui valori fondanti della civiltà.
    Di tutto il resto si può parlare ma fintanto che il sistema giudiziario e il mondo dell’istruzione pubblica vengon presi a picconate il declino non potrà che aumentare.
    Spero di averti fornito qualche spunto di riflessione.

    1. Cara Alessia,
      grazie per la lunga e articolata risposta. Non condivido la demagogia brunettiana, le sue liste di proscrizione e l’ossessione per gli stipendi degli altri. La sua operazione trasparenza è solo di facciata: non ha alcun senso pubblicare dei documenti pdf di 3.000 pagine (letteralmente) con la lista delle persone e delle aziende che hanno dei contratti con la Pubblica amministrazione dal momento che occorrerebbe entrare nel merito del singolo contratto e questo è impossibile. Invece sono utili i dati sull’assenteismo o che riportano altri indicatori legati alla produttività.
      Mi chiedi che tipo di dati? Ti faccio un esempio concreto: il dipartimento III della Provincia pubblica i dati sull’apprendistato e sul mercato del lavoro, ma in formati non usabili; li puoi consultare e basta usando un’interfaccia molto macchinosa. A me piacerebbe scaricarli, magari mixarli con altri dati o costruire dei servizi su di essi. Molti altri dipartimenti non pubblicano neanche un’informazione: su ambiente, governo del territorio, viabilità non c’è nulla, a parte l’elenco dei dirigenti e la descrizione delle mansioni. Questi dati contengono informazioni sul funzionamento delle politiche e delle amministrazioni e non sono coperti da privacy; certo non mi sogno di far sapere al mondo che la mamma di un bambino ha problemi di reddito o di tossicodipendenza.
      Sui bandi di gara, mi fa molto piacere che alla provincia le cose funzionino come le racconti. Io con altre amministrazioni ho avuto esperienze di senso opposto: persone che erano bravissime a seguire formalmente le regole aggirandole nella sostanza.
      Infine concordo sia sull’esigenza di rafforzare la magistratura che su quella di educare al senso civico fin dalla scuola 🙂
      A presto. Nicola

    2. Alessia: stiamo parlando di dati statistici e di spesa pubblica, non certo di dati personali. Se tu lavorassi alla Casa Bianca invece che alla provincia di Roma sotto il Recovery Act avresti un feed personale, a cui io, cittadino, potrei abbonarmi per seguire tutti gli atti amministrativi che fai. Poi ci sarebbero vari livelli di aggregazione: un feed del tuo settore, un feed di tutta la Provincia, un feed di tutte le Province…

  12. Condivido in pieno nella considerazione che tutto ciò dovrebbe essere alla base della politica (indipendentemente dal colore) intesa come prassi per far funzionare nel miglior modo possibile una comunità di persone, facendola crescere e prosperare sotto ogni aspetto.
    L’attitudine italiana alla”furbizia” non aiuta ma è vero che questa è accentuata dalla totale impossibilità alla partecipazione della cosa pubblica creata ad arte da una classe politica (indipendentemente dal colore) che aveva ed ha tutto l’interesse a mantenerla.

  13. risiedo da una vita ad atene….dove il sistema politico e’ ancora quasi medievale,e non va’ mai un politico in galera….comunque la proposta nella sostanza non fa’ una piega….a parte l’attuazione,ma sono SOPRATTUTTO D’ACCORDO CON LA SOSTANZA MOLTO BENE EVIDENZIATA DA ALESSIA riguardo l’applicazioni della legge nelle pubbliche amministrazioni

    saluti da atene
    angelo saracini
    http://angelosaracini.blogspot.com/

  14. Caro Nicola,
    provo una lontananza siderale, ed è sicuramente una mia responsabilità, da quel che avviene nella nostra sinistra sono però fortemente attratto dalle potenzialità e implicazioni di quel che dici.
    Ci avevo provato negli anni settanta con riccardo lombardi, poi ripresomi dal craxismo che ha distrutto il psi, avevo contribuito (mia colpa anche questa?) ad accellerare la fine della prima repubblica sostenendo Achille Occhetto con la costituzione della sinistra dei club fra la fine dell’89 e il 1994.
    Quante speranze, quanti errori… se pensi che la mia storia possa aiutare ad impedire la ripetizione di quegli errori sono disponibile… ma di certo non intendo offrire a chi rema contro la modernizzazione di un paese anchilosato e in testa alla pattuglia dei pd (paesi in declino) argomenti facili per ostacolare lo sviluppo delle tue idee.
    Con stima e affetto

  15. Condivido quasi del tutto il contenuto della lettera, eccezion fatta per la parte dove si sottovalutano le esigenze di tutela del dato personale, e si critica la differenza tra “pubblico” e “pubblicabile”.
    Alessia ha già segnalato questa criticità: la trasparenza “assoluta” deve essere contemperata con le legittime esigenze di protezione dei dati personali, anche sensibili.
    Le graduatorie, ad esempio, sono un vero e proprio campo minato, che rischia di disseminare per la Rete dati sensibili (la cui diffusione è espressamente vietata).
    Ma quand’anche non si tratti di dati sensibili, non ritengo corretto che la perversa interazione tra dati pubblicati nei siti della PA e funzionamento dei motori di ricerca crei delle “identità digitali” legate esclusivamente a situazioni di disagio, ovvero alla percezione di aiuti pubblici a tali situazioni legate.

    Per il resto, come detto, condivido appieno, a partire dalla trasparenza all’interno del Partito.
    I dati pubblici sono un patrimonio che deve essere disponibile per la collettività.

    1. Giovanni, come ho risposto anche ad Alessia, non è mia intenzione suggerire la pubblicazione di dati sensibili, che alla fine sono anche i meno interessanti perché riguardano i singoli.
      Io suggerisco che siano pubblicati dati che permettano di costruirsi un’idea sul funzionamento dei servizi e delle politiche 🙂

  16. Sottoscrivo, condivido e diffondo. Riprendendo il commento di Alessandro Santo, aggiungo che credo fermamente che molti italiani (elettori del Pd e non) siano assolutamente pronti per esperienze di co-partecipazione. E lo dimostrano tutti i giorni in rete (Nicola Mattina citava giustamente Wikipedia, ma si pensi anche a come le persone tutti i giorni co-partecipano alla creazione e diffuzione delle notizie, dei brand, ecc) ma anche offline. Si pensi, per esempio, a come stanno crescendo i gruppi di acquisto solidale, oppure alle proteste delle mamme (parlo per quelle milanesi) ogniqualvolta il comune cerca di tagliare un pezzo della scuola materna ed elementare.
    Che poi le proposte di Nicola debbano rientrare nel programma del PD oppure no, be’,io credo di si. Naturalmente essendo proposte sagge e equilibrate sarebbe auspicabile che fossero condivise da tutti i partiti ma la politica italiana non ci ha abituati a posizioni bipartisan. Quindi credo che almeno una forza progressista come dovrebbe essere il partito democratico abbia il dovere di farle sue e il fatto che non lo abbia fatto sia l’ennesimo segnale che ha perso il contatto con le persone – un tempo si chiamava “la base”. Oggi la base non è e non deve essere solo l’operaio (che tra l’altro non vota più a sinistra) ma devono essere le persone nell’accezione che la rete ci ha abituato a conoscere: persone che sono appunto sempre più attive, partecipative, creatrici di esperienza e che quindi chiedono sempre più trasparenza e fiducia. Nicola Mattina for president?:-)

  17. Ho letto la tua lettera, ne condivido molte parti, in particolare per quel che riguarda le proposte, ma non riesco a condividere totalmente l’analisi dell’esistente che dal mio punto di vista getta il bambino con l’acqua sporca.
    Mi sono anche un po’ convinta che alcune profonde differenze di analisi tra me e altri amici provengano anche dai luoghi in cui risiediamo.
    In Emilia Romagna ho visto avviare i percorsi di coprogettazione dei piani sociali di zona a cui possono partecipare anche i singoli cittadini e ho visto anche i tentativi un po’ meno fortunati di Agenda21 sui temi ambientali.
    Vedo al nascita di comitati spontanei su qualsiasi materia (spesso purtroppo per problematiche nimby), che si confrontano con gli amministratori locali per risolvere questioni complicate.
    Cose che sono state fatte e che si faranno, anche se le molte delusioni spesso mi hanno fatto pensare che non solo la classe politica, ma anche i cittadini italiani hanno bisogno di una crescita culturale consistente. Soprattutto dopo tutti questi anni di berlusconismo, che li ha incentivati a tornare indietro, sul campo del civismo.
    E poi non mi piace e non mi piacerà mai l’atteggiamento di perenne critica, tutto di sinistra, verso i dirigenti nazionali, senza distinzione.
    Leggevo ieri i commenti alla lettera di Bersani e mi chiedevo: succederebbe mai in un forum di destra? No, mai. Non siamo in grado di sostenere le persone che abbiamo delegato a rappresentarci, perchè, come nel calcio, siamo tutti allenatori, il lunedì.
    Io questo non lo condivido, credo nella democrazia di mandato, ho eletto Bersani e lo sosterrò, mentre, come ho già scritto nel mio blog, non tollero le interferenze di chi non ha saputo guidare il partito e ora pensa di poter mettere parola.
    Sostenerlo per me significa portare avanti dentro il partito e nelle amministrazioni locali, quando posso, proposte come quelle che tu fai nella lettera. E’ un modo diverso di agire per lo stesso risultato.
    Buona fortuna!

    1. Neanche a me piace criticare e basta. Preferisco ideare, progettare,
      proporre; tanto è vero che alla critica ho fatto seguire delle
      proposte concretissime. Oltre alle due che trovi nella lettera aperta,
      ci sono quelle che ho illustrato nel Manifesto per il partito
      contemporaneo (http://www.slideshare.net/nicolamattina/manifesto-per-un-partito-contemporaneo).
      La lettera di Veltroni non mi è piaciuta, ma non mi è piaciuta neanche
      quella di Bersani. Non si può costruire un’alleanza per battere
      Berlusconi: è il modo sbagliato di procedere. Si deve proporre un
      progetto politico credibile che ottenga più consensi di quello
      avversario; l’obiettivo della politica non è battere l’avversario, ma
      far vincere un’idea di cittadinanza e di Stato e realizzarla.
      Probabilmente su una cosa hai ragione: non è necessario criticare,
      basta semplicemente proporre. In fin dei conti una proposta
      alternativa contiene una critica implicita 😉

  18. Ciao Nicola,
    ho letto attentamente la tua lettera aperta, molti degli spunti e delle proposte sono decisamente condivisibili , anche se secondo me non dai il giusto peso a quello che rappresenta dal punto di vista sociale il Berlusconismo in Italia, ha modificato e continua a modificare nella sostanza la vita culturale e sociale del Paese, non può essere un problema secondario lui offre un modello ed in molti si adeguano ed allineano a quel modello, finchè l’esempio sarà quello di un paese in cui tutto è lecito tutto si può fare tanto una scappatoia si trova sempre, sarà difficile portare avanti una logica di trasparenza, dove regna sovrano il sotterfugio e l’inciucio.
    Vabbè ovviamente il discorso è lungo ed articolato da inserire in un post spero comunque di aver reso il senso del mio pensiero.
    Speriamo bene.
    Saluti

    1. Antonio, ogni volta che parlo con i miei amici che votano per il Popolo delle libertà cercando di capire perché preferiscono Berlusconi, mi rispondono che il Partito democratico non rappresenta un’alternativa culturale: i politici sono tutti brutti e cattivi, tanto meglio votare per qualcuno che ti dice bravo se ti compri un Suv piuttosto che per chi alla fine ti giudica per i tuoi comportamenti di consumo borghesi 🙂
      Ecco perché ci vuole una spinta verso la fiducia e non si può avere fiducia di qualcuno che si nasconde e inciucia.

      1. molte persone che votano FI/PDL (e ne conosco diverse. Ci tengo a scrivere che io non sono tra queste…) rispodono anche che all’opposizione non esiste un gruppo coeso in grado di governare e che la destra per quanto sfilacciatà è l’unica forza sufficientemente solidale (molto meno negli ultmissi tempi) in grado di governare. Ed è difficile controbattere dopo l’eperienza dell’ultimo governo Prodi.
        Senza considerare che hanno fatto passare per vera, senza che nessuno si opponese con forza, un’equazione assurda “opposizione a Berlusconi”=comunisti” rendendo difficile a molti “moderti” e progressisti di votare all’opposizione.

  19. Come potenziale elettore trovo tutto giusto… ma non riesco a vedere il PD come un partito eletto dal suo popolo votante. Figure come D’Alema, Bersani, Veltroni, ed altri sono saltati fuori dal nulla imposti nonostante le pimarie puntassero in altre direzioni.
    E purtroppo non vogliono rappresentare nessun passo indietro da parte della “vecchia guardia”.. vedo il PD odierno con un grosso conflitto di interessi interno che lo rende decisamente piu debole di un partito come il passato PdL in cui le cose erano chiare:tutti sotto e per salvare Cesare.
    Qui e’ crollato il PD. Nel suo conflitto di interesse interno di vecchio stampo russocomunista. Non rappresenta piu quello che dovrebbe rappresentare..il popolo dei lavoratori onesti.

    1. Ciao a tutti,
      condivido nei contenuti la proposta di OpenGov di Nicola ma credo che indirizzarla a questo PD sia solo tempo perso:
      Nicola ha scritto che “Un sistema senza trasparenza non può costruire fiducia “, io penso che anche un partito senza trasparenza non può costruire fiducia; e quale fiducia si può avere in un partito che di “democratico” non ha neanche la genesi? Vi ricordate com’é nato questo partito?
      Vi è sembrato un processo democratico? E quale trasparenza e credibilità hanno mostrato i principali “poltronieri” del PD (prima PDS, prima….etc etc) negli ultimi 16 anni? cioè da quando D’Alema & C. avrebbero dovuto fare tutto ciò che invece, VERGOGNOSAMENTE, non hanno fatto (legge su conflitto d’interessi, ad esempio)??? Meritano ancora fiducia?
      No grazie, votatelo Voi questo schifo! Quando questi vecchi e puzzolenti zombie della politica andranno via ne possiamo riparlare.

  20. Sottoscrivo pienamente la tua lettera!
    Permettimi una battuta…
    Trasparenza, ovvero Glasnost. Lo aveva già capito Gorbaciov 25 anni fa in Unione Sovietica, ma troppo tardi visto che non riuscito a fermare il collasso dell’URSS. Riusciremo noi, in Italia ad arrivare in tempo? 🙂