Sto leggendo In nessun paese di Ivan Scalfarotto. C’è un passaggio in cui si chiarisce la differenza tra coming out e outing; tra sessualità morfologica, orientamento sessuale e identità di genere. Mi sembra utile e lo condivido:
A questo punto occorre fare una distinzione. Una cosa è il coming out, un’altra è l’outing. Sono due concetti molto differenti e spessissimo usati erroneamente. Coming out è l’espressione che si usa per indicare il momento in cui ci si dichiara e sottintende le parole of the closet, cioè uscire dall’armadio, dal nascondiglio. L’outing è invece la denuncia pubblica dell’omosessualità di qualcuno (solitamente personaggi noti e magari omofobi) fatta contro la sua volontà.
Molti fanno anche un’altra confusione: tra sessualità morfologica, orientamento sessuale e identità di genere. Non è una questione puramente terminologica.
La sessualità morfologica è quella data dai genitali esterni e dai caratteri sessuali secondari. E’ quello che fa gridare all’ostetrica: «E’ maschio!». O, senza punto esclamativo: «E’ femmina».
Ma non è tutto così semplice. Perché poi c’è l’orientamento sessuale, che si determina sulla base dell’oggetto dei desideri. Ecco allora gli eterosessuali, attratti da persone del genere opposto, gli omosessuali, interessati a persone appartenenti al proprio stesso genere, i bisessuali, attratti (più o meno indifferentemente) da soggetti di entrambi i generi.
La terza distinzione riguarda l’identità di genere. Che può essere descritta come il sentirsi maschi o femmine sulla base della percezione di sé e indipendentemente dalla propria sessualità morfologica. Nella maggioranza dei casi quelli che hanno una sessualità morfologica maschile si percepiscono come maschi (e idem per le femmine). Può capitare, tuttavia, che una persona con carattere morfologicamente maschili percepisca la propria identità come femminile (o viceversa).
Di regola questi tre fattori si allineano: maschi morfologici sono attratti dal genere femminile e sentono di appartenere al genere maschile. Ma ancora una volta non sempre è così. Il transessuale è paradossalmente un potenziale eterosessuale, almeno dal punto di vista delle percezione soggettiva. Si tratta infatti di un individuo, seppur morfologicamente maschio, con un’identità femminile che è attratto dagli uomini. O di una persona, seppur morfologicamente femmina, con un’identità maschile che è attratta dalle donne. Una volta riallineata la sessualità morfologica alla propria identità di genere, l’individuo rientra in qualche modo in uno schema di eterosessualità. In quest’ottica è la stessa legge italiana a prevedere che persone che abbiano rettificato all’anagrafe il proprio genere possano anche contrarre matrimonio. Ma forse l’errore sta proprio nel tentare di semplificare e forzare la sessualità umana entro schemi rigidi.
Insomma il discorso è più complesso di quello che può sembrare a uno sguardo superficiale.