Alessandro Ribaldi, trentenne precario che aspira a fare il giornalista, lascia un lungo commento al mio precedente post. E’ una lettera aperta a Bersani e Fini sul perché non è di destra né di sinistra.
Lettera aperta a Pier Luigi Bersani e Gianfranco Fini
Io non ho valori né di destra né di sinistra. Perché credo sia troppo riduttivo parlare di due schieramenti che sempre maggiormente rappresentano la faccia della stessa medaglia. Io non ho valori né di destra né di sinistra, perché prima di quei “presunti†valori affronto problemi quotidiani, in ogni giorno e in ogni istante. Non credo in quella dicotomia, perché ho quasi 30 anni, e nonostante abbia fatto i più disparati lavori non sono mai riuscito a firmare un contratto che abbia previsto uno straccio di contributi. Non ci credo (in quei valori) perché non mi si dà la possibilità di lavorare, secondo i canoni del diritto che lo regolamenta.
Non credo nella destra e nella sinistra perché trovo anacronistico che un laureato debba fare il suo primo step nel mondo del lavoro attraverso la formula dello stage non retribuito. Trovo anche assurdo che nessun ente o organo di stato sia disposto a controllare quello che accade nell’aziende, uffici e società di questa penisola. Basterebbe, invece di occupare ogni sera i salotti delle televisioni, alzarsi la mattina, andare in una qualsiasi realtà del mondo del lavoro e vedere quanti sono realmente i giovani laureati in regola.
Non sono né di destra e né di sinistra, perché la destra e la sinistra (come vengono intese oggi) mi hanno disinnamorato e mi hanno fatto rifiutare anche l’unico aspetto che questo mondo possa donarti subito e senza pagare: l’idealismo. Salute, istruzione, sicurezza e lavoro. Queste quattro paroline non dovrebbero essere vanto di una o di quell’altra parte. Dovrebbero essere un diritto di ogni italiano e, quindi, neanche essere menzionate in proclami e annunci. Dovrebbero essere tutelate a prescindere con la tua nascita. Invece, però, sono state strumentalizzate e divenute un valore della destra o della sinistra.
Non sono né di destra e né di sinistra perché non potrò mai parlare del futuro dei miei figli se, a conti fatti, io ho delle serie difficoltà nel mio presente. Vorrei solo una nazione meritocratica, una nazione che non assume per conoscenza o per raccomandazione. Mi piacerebbe uno stato dove se un giovane ha un sogno, può mandare un curriculum e vedere se ha le possibilità e le qualità per realizzarlo. E se non le ha, è almeno consapevole di non essere portato per quello o quell’altro campo.
Vorrei essere di destra o di sinistra, ma quando sento parlare di eroismo, di fedeltà ed amor patrio, penso a tutte le morti bianche che accadono ogni anno in fabbriche e cantieri. Penso alle famiglie di tutti quegli operai che ora non ci sono più e mi domando come mai non vengano ricordati con lutti nazionali e non si chiamino, anche loro, eroi. Oltretutto in fabbrica non credo che ci vadano per la loro volontà , in guerra – forse – puoi decidere di non andarci.
Quando penso poi alla mia generazione, capisco in modo ancora più nitido perché non sono né di destra e né di sinistra. Perché di tutti i miei amici, compagni di scuola, di università o di quartiere. Solo uno si è realizzato. Si chiama Piero e fa il cassaintegrato.
Io ci terrei, proprio, ad essere di destra o di sinistra. Poi, però, non capisco perché se un figlio di un qualche imprenditore va in overdose di cocaina diventa un manager di fama mondiale e io invece se bevo un bicchiere di rosso in trattoria e poi guido l’automobile mi ritirano la patente, mi macchiano la fedina penale (precludendomi la possibilità di fare concorsi pubblici) e pretendano migliaia di euro di contravvenzione.
Chiedo a Bersani e Fini di spiegarmi ancora perché dovrei essere di destra o di sinistra. Ve lo chiedo in ginocchio, per piacere. Giuro lo voglio. Vorrei capire se pagare una stanza in subaffitto 500 euro sia più di destra o di sinistra, vorrei capire se ambire a due legislature per godere di una lauta pensione da parlamentare sia più di destra o di sinistra. E, infine, comprendere se la mia aspirazione a diventare un adulto sia, appunto, più un valore di destra o più di sinistra.
Grazie
Alessandro Ribaldi*
*Nato in una grande metropoli italiana, un giorno qualsiasi del 1981, laureato in scienze della comunicazione, soggetto partecipante del precariato italiano. Vorrebbe diventare un giornalista. Visto, però, che per diventare pubblicista sta pagando i contributi di tasca propria, crede proprio che non gli resterà altro da fare se non comprare un grande e indelebile pennarello nero e scrivere liberamente, come e quando vuole, su tutti i quotidiani italiani.
5 Responses
Caro Nicola, Caro Alessandro il tuo commento/post lo condivido in pieno ma, non serve trovare assurdo “che nessun ente o organo di stato sia disposto a controllare quello che accade nell’aziende, uffici e società di questa penisola”.
Queste aziende “vendono” a cottimo proprio alla pubblica amministrazione.
Pubblica amministrazione la quale è consapevole dei contratti che legano le risorse alle aziende.
Pubblica amministrazione che si avvale di risorse che passano attraverso aziende che affittano risorse da aziende che affittano risorse da aziende e così via in una lunga catena dove tutti “fanno margine” e l’ultimo anello (il precario o parasubordinato) si mette in tasca meno della metà di quanto sborsato dall’ente.
Pubblica amministrazione che conteggia i minuti che hai lavorato (del resto il badge te lo danno “per controllare gli accessi per motivi di sicurezza”) e a fine mese ti decurta la differenza alle otto giornaliere ignorando che tutto questo prima che vergognoso è illecito ed illegittimo.
Il discorso della mia lettera (che mai arriverà ai diretti interessati) è semplicissimo: stanno disilludendo una generazione. Il mio, vi assicuro, non è un canto isolato. Siamo talmente con l’acqua alla gola che fare un stage non pagato è comunque un punto d’arrivo. Non riusciamo più a capire l’assurdità della cosa. Siamo arrivati al punto dove tocca anche dire grazie ai nostri carnefici, ci mettono in prigione e invece di cercare di evadere l’arricchiamo con fiori e quadri per poi poter dire “quanto è bella questa prigione”…
Sei un GRANDEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE ………………………………………..
Sei un GRANDEEEEEEEEEEEEEEEEEE ………………
Non posso che essere d’accordo con tutto quello che è stato detto.
Purtroppo viviamo in un paese che gira all’incontrario. Se vuoi crearti una piccola attività non ti concedono niente, mentre vicino casa tua sorgono centri commerciali che distruggono il lavoro, l’ambiente e la dignità delle persone. Se non invertiamo queste cose non cambierà mai niente.