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Yeplike nel tritacarne di Facebook

Facebook ha bloccato Yeplike, l’applicazione creata da Fabio, Annalisa e Cristiano che permette di fare una cosa semplicissima: scattare una foto, appiccicarci su un badge positivo o negativo e condividere il tutto su Facebook. Ecco cosa scrive Fabio a proposito:

Oggi YepLike ha avuto il suo primo vero picco di crescita: nel solo pomeriggio di oggi abbiamo raggiunto oltre 350 foto caricate, e circa 140 nuovi utenti (in sole 4 ore).
Bellissimo, soddisfazione crescente… fino a quando facebook ci blocca l’app! Così all’improvviso, dicendo che non sono state rispettate alcune policy. E così l’app non può più effettuare lo share. Ma non solo: hanno cancellando anche le foto condivise sulle bacheche. Ci dicono che l’app potrebbe generare Spam. E allora io mi domando: e Instagram, Gowalla, Foursquare?? E tutte le app che fanno share?
Che incazzatura incredibile. Come se non bastasse, in qualità di amministratore dell’app, mi hanno anche bloccato l’account personale, e solo dopo 2 ore ne sono rientrato in possesso e sono riuscito ad effettuare il ripristino.
Abbiamo seguito le istruzioni che ci sono state inviate insieme alla notifica di cancellazione e richiesto spiegazioni a FB, vediamo un pò quando risponderanno (dicono in 48h), ma intanto l’applicazione è cancellata in modo permanente e non può esser ripristinata. Nel frattempo abbiamo dovuto modificare l’app con i nuovi codici e riapplodarla in app store per l’approvazione. Non ho parole.
Mah…. Noi ci riproviamo e andiamo avanti.

Come al solito, nessuno avvertimento, nessuna richiesta di informazioni preventive e, soprattutto, nessuna spiegazione circostanziata. Il tribunale di Facebook applica direttamente la condanna e poi eventualmente si vedrà. E non è affatto detto che ci sarà mai una risposta, come specificano nelle email standard:

Hello,
We have received your appeal and our team will respond to you within 48 hours. We appreciate your patience as we look into the specifics of your case, but please note that appeals are not always granted.
Thanks,
Facebook Platform Team

E’ probabile che qualche zelante censore della piattaforma (gli stessi che cesurano le foto di mamme che allattano e lasciano online le fotografie di guerra con i corpi dilaniati dei bambini) abbia pensato che la manina con il pollice alzata sia una prerogativa dell’azienda (d’altro canto, Facebook ha fatto causa ad altri siti se usano la parola book nel nome del dominio). Oppure chissà cosa: potremmo anche non saperlo mai. Magari, effettivamente, Fabio ha sbagliato in buona fede. Ma non sarebbe meglio chiedere di correggere il comportamento ritenuto scorretto? E non sarebbe ancora meglio se queste controversie fossero risolte localmente con l’ausilio di un arbitro?