Gli imprenditori più giovani, quelli che oggi non hanno più di 35 anni, hanno caratteristiche peculiari rispetto a quelli che li hanno preceduti, tanto da poter disegnare i caratteri di una vera e propria generazione, che l’autrice Donna Fenn nel libro Upstart! definisce entrepreneurial generation.
Negli Stati Uniti, i nati tra il 1977 e il 1997 sono circa 77 milioni e stanno creando nuove imprese a un tasso assai superiore ai loro genitori. Uno studio di Intuit e dell’Institute for the Future predice che la Generazione Y emergerà come la generazione più votata all’imprenditorialità di sempre: non c’è mai stato nella storia degli Stati Uniti un altro momento storico in cui così tanti giovani adulti abbiano desiderato di diventare imprenditori o in cui i college e le università abbiano offerto un simile numero di programmi educativi dedicati a questo argomento.
Secondo la Fenn, sono due i fattori fondamentali che definiscono la mentalità degli upstarter. Il primo e più importante risiede nel fatto che si tratta della prima generazione di nativi digitali. Il secondo riguarda la circostanza che questi giovani considerano il percorso imprenditoriale come particolarmente attraente per il proprio futuro. D’altro canto, molti di loro hanno visto i propri genitori che lavoravano nelle grandi corporation perdere il posto di lavoro “sicuroâ€: dal 1984 al 2009 oltre 30 milioni di americani sono rimasti disoccupati e due anni fa solamente il 40% dei cittadini degli Stati Uniti lavorava in un’azienda con più di mille dipendenti. I giovani adulti (nel nuovo e nel vecchio continente) hanno imparato velocemente a non avere fiducia nelle istituzioni che rappresentavano un punto di riferimento per i loro genitori e stanno progressivamente imparando a cavarsela autonomamente. In questo sono anche aiutati dal fatto si tratta di una generazione molto “coccolata†e a cui è stato insegnato che non c’è nulla di irraggiungibile o irrealizzabile.
Gli upstarter hanno otto caratteristiche fondamentali:
- sono estremamente propensi alla collaborazione e spesso avviano nuove aziende insieme ad amici, colleghi del college, genitori, professori o fidanzate. Tendono a riconoscere i propri limiti e cercano co-founder e investitori in grado di compensare le debolezze ed essere di complemento ai punti di forza;
- sono dei campioni di tecnologia, anche se le loro aziende non sono necessariamente delle web company. La tecnologia non è solamente il punto di partenza per nuovi prodotti e servizi, ma anche la chiave di differenziazione che usano gli upstarter per differenziarsi sul mercato;
- amano cambiare le regole del gioco, d’altro canto «l’innovazione è sempre un atto di ribellione rispetto allo status quo» (De Biase);
- conoscono molto bene il loro mercato, anzi lo conoscono meglio delle grandi aziende che indirizzano i propri prodotti e servizi a questa generazione;
- sanno costruire dei brand, a partire dal nome delle loro aziende. D’altronde, molti di loro si sono lungamente esercitati nel personal branding, hanno scelto nickname e fotografie per i propri profili online, aperto un blog e via di seguito;
- hanno uno sviluppato senso di giustizia sociale. Uno studio di Cone e Amp Insights mostra come il 61% dei giovani tra i 13 e i 25 anni senta la responsabilità di marcare una differenza nel mondo, mentre il 79% di loro desideri lavorare per un’azienda che condivida gli stessi valori;
- non amano il lavoro d’ufficio dalle 9 alle 17 e costruiscono strutture flessibili, orientate al risultato e fortemente basate sulla meritocrazia;
- si adattano molto velocemente e non hanno paura del fallimento. Piuttosto si re-inventano, cambiano strategia e considerano l’evoluzione dello scenario in cui operano come un’opportunità piuttosto che una minaccia.
10 Responses
Messa così sembra uno scenario molto positivo, quasi senza ombre, e questa entrepreneurial generation parrebbe destinata a sicuro successo
Io sono meno ottimista, e vedo in alcuni del “pregi” elencati allo stesso tempo dei potenziali punti di grande debolezza. Ovviamente il discorso merita apporfondimento ed una discussione “meno estiva”…
Fiuuuuu… ci rientro paro paro: classe ’77 sono! 🙂 Perfettamente allineato, ora manca solo che prenda quella famosa decisione.
PS: guarda di chi è upstart.it 😉 e dove punta.
Io sono proprio in mezzo… classe 1984 🙂 e mi rivedo in tutti i punti 🙂
Classe 1972, in che area mi pongo?
son del ’76, e come fabio lalli, anch’io \la\ decisione la devo ancora prendere, ma… siccome son l’unico stipendio con moglie e due piccole bimbe, sulla mia personale bilancia pesa di più la prudenza che l’audacia imprenditoriale, almeno per ora
probabilmente, nella piccola provincia dove risiedo, non c’è nemmeno un substrato culturale ed economico tale da spingere tanti giovani a fare startup innovative come può avvenire in città come milano/roma/…, è il panorama non incoraggiante di questa landa desolata della bassa padana, un piccole feudo da valvassini avidi e valvassori con poche prospettive
avrei bisogno di quell’«atto di ribellione», ci saranno consulenti e venture capitalist pronti a credere in me…? 🙂
Credo che in una parola nasceranno Cinesi!
Sono dell’77 giugno,sono una persona molto solare e positiva,posso concretamente dire di rientrare benissimo in questo schema.
Sono Giá stata imprenditrice,il che mi ha dato molte soddisfazzioni,perché le idee che ho avuto hanno dato sempre risultati efficenti sia per mé,sia per chi mi abbia chiesto un consiglio….c’é ancora da lavorare…se dovessi scegliere un ramo sceglierei quello 3D tridimensionale(in diversi settori) e quello energetico…nel campo della sicurezza personale (o schudo protettivo)…ma non mi dilungo.Di Idee c’é ne ho una valanga,ma non saprei a chi rivolgermi,non é facile trovare appunto dei Investitori.
Cmq molto interessante ;D
Ciò può essere valido in un libero mercato autentico e pressione fiscale onesta (tra il 20 e il 30%). Di certo non in Italia, dove le conoscenze politiche influenzano il successo dell’impresa al di la delle capacità e dove i giovani vengono ostacolati. Inoltre con la pressione fiscale del 50 e passa %, è difficile creare una impresa nuova se non si hanno spalle coperte o genitori/parenti che ti aprono mercati. Se non si cambia, l’ Italia imprenditoriale è spacciata (io credo sia già finita ….)