17:30 One more think, ossia l’intervento di Carlo Ratti al Ted. Ratti è in Asia in questo momento e quindi non ha potuto partecipare a questa edizione della UX Conference, ma ci sarà l’anno prossimo 🙂
16:45 Davide Folletto Casali, Sociality is Overrated: Social Experience Design without Hype
Un metodo. Un social network è un sistema complesso e quindi non possiamo approcciarlo in termini deterministici: dobbiamo lavorare sull’individuo e sul gruppo contemporaneaente. Ciò detto, il metodo più semplice che si può immaginare è quello che Davide chiama dotloop:
Due strumenti. Il primo strumento consiste nel comprendere le motivazioni relazionali, ossia quelle che sono in grado di generare azioni tra le persone: competizione (es. il numero di follower su Twitter), eccellenza (es. fornendo dei reward intrinseci, quindi non necessariamente dei soldi), curiosità (es. creando storie), affezione (es. dando valori, essendo trasparente, parlando con voce umana).
Il secondo strumento è la social usability, che si incentra attorno a tre elementi: l’identità degli utenti (come viene rappresentata), le relazioni interpersonali (es. quanto è facile trovare altri amici su un social network), la comunicazione (es. quando velocemente un messaggio è in grado di passare da un utente all’altro), l’emergenza di gruppi (es. quanto è facile creare gruppi).
Tre suggerimenti:
- be social in the flow, ossia inserite le funzionalità sociali all’interno dei processi esistenti e non chiedete dell’extra effort;
- be a double-pyramid social business, ossia affiancate alla piramide gerarchica dell’azienda una seconda piramide in cui al vertice ci sono i consumatori;
- don’t be fake.
L’argomento della presentazione di Folletto è anche oggetto di queste slide presentate due anni fa a Better Software insieme con Gianandrea Giacoma e che contengono molti dei contetti presentati oggi. Leggete con cura perché sono importanti:
16:00 Leandro Agrò, UX Health: reality check 2011
«Salve sono Leandrò Agrò e in passato mi sono occupato anche di Second Life».
Il settore della tecnologia dedicata alla salute non è cool come altri settori, ma è estreamente ricco. Lo mostrano casi come WebMD un sito di informazioni sulla salute quotato in borsa che nel 2009 fatturava oltre 450 milioni di dollari. Oppure, tutto il mondo della Internet of Things legato all’invenzione di device per la diagnostica fai da te.
Leandro racconta tre storie che provengono dalla sua attività :
Flip Strip. Lavorando a un progetto estreamente complesso (oltre 100 wireframe) era necessario trovare qualcosa che facesse da collante tra i team del cliente e dell’agenzia. Quindi è stata individuata una feature molto cool (ossia una strip di contenuti personalizzati al centro della homepage) attorno alla quale si è concentrata molta della discussone. In altri termini, un modo per distogliere l’attenzione del cliente facendolo giocare con una cosa fighetta, mentre i consulenti lavoravano 😉
eDetailing. Il 30% dei medici in America ha un iPad, il 28% sta pensando di acquistarne uno e i 6% comprerà un altro device. Quindi c’è una grande opportunità se si vuole fare eDetailing utilizzando questi device, ossia usare dei tablet per fare informazione scientifica del farmaco. Un classico esempio di un prodotto tecnologicamente semplice, ma difficile da fare per via della complessità della filiera e degli aspetti regolamentari.
Videum. Due miliardi di persone guardano ogni giorni un video su Internet e il 77% sta fuori degli Stati Uniti. Tradurre un video, anche solo con i sottotitoli, significa aumentarne la diffusione dalle 6 alle 10 volte. Ecco perché, Videum – un portale di video di argomento medico – aggiunge la possibilità di creare la sottotitolatura in crowdsourcing usando dotSub.
Al termine dell’incontro, Leandro lancia il manifesto della UX Health.
15:30 Cofee Break
15:00 Karim Ben Hamida, La UX come semi-cosa. Riflessioni sulle problematiche metodologiche di misurazione dell’esperienza d’uso
Karim lavora in Populis, editore specializzato in demand media, e parla di esperienza d’uso come atmosfera. Intervento metafisico con citazioni da Sant’Agostino 🙂 Attendo di capire come passiamo dalla metafisica alla misurazione della user experience…
Alla fine misuriamo una semi-cosa ed è come una fumata… misuriamo dei vissuti oggettuali… e conclude: «assumere che la user experience sia una semi cosa significa: non oggettivarla, non immobilizzarla, non ridurla a pure numero».
Vabbe’, quindi per riassumere, il succo del discorso è: la user experience non si misura… o forse si misura ma è sfuggente… o forse non bisogna buttare il bambino con l’acqua sporca…
Credo di non aver capito niente 🙂
14:30 Andrea Picchi, Ottimizzazione cognitiva di Contesti Mobile Touch
E quindi?
14:00 Alessandro Galetto, Corporate User Experience
Il problema sostanziale per chi lavora in questo mondo è che ci sono persone che non ci capiscono. Per esempio i nostri capi che non sanno nulla di user experience e che guardano solo al profit and loss. Poi ci sono tutti quelli che si siedono in una riunione di direzione di un’azienda: in queste riunioni le dinamiche fondamentali sono basate sul ricatto, la minaccia e la corruzione. Anche il top managament di un’azienda tipicamente non sa nulla del valore della user experience. Se non bastasse, ci sono anche i fornitori e tutta una serie di questioni legali.
Tutti questi attori finiscono per avere un ruolo in un progetto e tutti possono avere un impatto negativo togliendo valore al progetto. D’altro canto, è comprensibile che ogni attore coinvolto nel processo cerchi di tutelare il proprio ruolo. Ma allora qual è la ricetta per contrastare le leve negative?
Innanzitutto ci vogliono delle persone di talento e con un’ottima preparazione anche se le persone di talento sono difficili da gestire.
In secondo luogo, il team deve essere coordinato da una persona che abbia sufficiente esperienza, conoscenza e posizione gerarchica.
Terzo. Chi si occupa di experience design non deve isolarsi all’interno dell’organizzazione, ma riconoscere che le aziende sono generalmente governate da intelligenza politica e tessere una rete di relazioni informali per creare delle alleanze.
Esilarante la storia di quando il Web Cube di Tre si chiama Progetto Vape e l’ad dell’azienda chiese che fosse integrata veramente una funzionalità di mosquito deterrent 😀
12:30 Pausa pranzo. Gnam 🙂
11:40 Luca Mascaro, Il design evolutivo
Luca Mascaro parte citando Charles Darwin: «Non è la specie più intelligente a sopravvivere e nemmeno quella più forte. E’ quella più predisposta ai cambiamenti».
Progettare esperienze non significa solo creare le storie gli utenti, ma anche le storie dei prodotti e dei servizi. Ecco perché fare design assomiglia molto alla sceneggiatura di un film: occorre costruire una narrazione dell’uso del prodotto che parta da un boom iniziale e poi conduca l’utente attraverso una serie di passaggi fino al gran finale.
Oggi, le aziende che hanno migliori performance sono quelle che progettano la customer experience, come fa Apple. Ma come si fa a progettare un’esperienza d’uso eccellente? Il problema è che abbiamo molte metodologie, ma nonostante questa ricchezza metodologica non siamo in grado di garantire il risultato. Infatti entrano in campo diversi fattori:
1. progettare è un processo umano di apprendimento e scoperta;
2. i riferimenti e il comportamento umano sono mutevoli nel tempo;
3. l’esperienza è parte di un sistema complesso indeterminabile nell’insieme delle interazioni e relazioni;
4. il concetto di valore è differente per gli utenti e per il business;
5. la semplicità è molto complessa da raggiungere;
6. non esiste reale replicabilità nei progetti.
Le aziende che hanno adottato un approccio incentrato sulla customer experience seguono essenzialmente due approcci antitetici: user-centered design fondato sulla comprensione umana e adatto alle grandi organizzazioni perché è piuttosto lento; lean design fondato su tentativi ed errori. Il design evolutivo proposto da Luca mixa i due approcci, partendo dallo user centered design e proseguendo con le metodologie lean. Vi consiglio di guardare queste slide per capirne di più:
11:10 Agnese Selva, La città del futuro vuole aspettare
Nelle città vanno tutti di corsa e si sentono a disagio quando devono aspettare. Allora la domanda è: «Le attese e quindi la nostra quotidianità possono coincidere con benessere e gratificazione?»
Donald Norman in Vivere nella complessità da sei suggerimenti come migliorare l’esperienza delle code:
1) fornire un modello concettuale ossia definire le aspettative e aiutare a capire le azioni che si stanno svolgendo;
2) far sembiare appropriata l’attesa, ossia spiegare perché è necessaria la coda;
3) soddisfare e superare le aspettative;
4) tenere occupate le persone;
5) essere corretti;
6) finire alla grande, iniziare alla grande.
Proviamo a stravolgere il concetto di attesa e creiamo un servizio online per mettere in rete i luoghi di attesa della città : una mappa digitale che indichi cosa offrono i vari spazi di attesa. Il concetto è interessante, anche se l’elaborazione di Agnese mi sembra ancora molto immatura. Posso aggiungere una considerazione dalla mia esperieza di frequentatore di non luoghi, dalle sale di attesa degli aeroporti in avanti: per fortuna che mi porto sempre appresso un oggetto digitale connesso e quindi posso andare altrove 🙂
10:40 Timothy Carniato, Guerrilla User Research: Quando conoscere gli utenti è permesso a tutti
Ci sono essenzialmente tre motivi per cui non si fa ricerca: costa troppo, non c’è tempo, non ci crediamo. Il risultato è che spesso si salta questa fase e quindi si rinuncia a scoprire come gli utenti pensano e si comportano. Il Guerrilla User Research è un metodo per fare la ricerca in modo più economico e più veloce.
Cosa serve per farla? 1) definizione degli obiettivi; 2) materiale per la ricerca; 3) scenari realistici; 4) utenti reali (quindi nessun ux designer, nessuna persona coinvolta nel progetto, nessuna cavia abituale); 5) osservazione intelligente, ossia verificare la coerenza delle opinioni espresse rispetto alle azioni e ricercare dei pattern e i perché.
Mentre Thimoty parla di alcune delle tecniche, ho trovato online questa presentazione di Ruth Ellison che sintetizza l’argomento: Guerrilla User and Design Research.
In più, alcuni dei servizi citati durante la presentazone per fare ricerca online: Glance.net, Loop11, Optimal Sort, Open Hallway, Userlytics, UserZoom, Intuition HQ.
9:45 Francesca Tassistro, Personas come strumento a supporto del processo di progettazione
Le personas sono il frutto dell’osservazione delle persone reali che utilizzeranno il servizio. Si costruiscono attraverso interviste, osservazione partecipante, user test, sondaggi, dati di traffico, report di mercato e via di seguito.
Dopo aver raccolto i dati, si individuano dei pattern e si creano dei cluster omogenei. Ci sono essenzialmente tre modi per raggruppare gli utenti: segmentazione qualitativa, se non si hanno a disposizioni dati quantitativi; segmentazione quali-quantitativa, se si possono integrare le osservazioni qualitative con dei dati; segmentazione quantitativa, se si hanno a disposizione molti dati che possono essere analizzati con dei software statistici.
Quante personas servono per fare un progetto? mai mano di tre e mai più di sei. E poi, quali sono i trucchi da usare per costruire delle personas efficaci? Usare tutti gli accorgimenti possibili per fare in modo che siano il più “reali†possibili: fotografie amatoriali (evitare illustrazioni e foto da stock), nomi reali e via dicendo.
Per quanto riguarda l’efficacia di usare le personas, nel 2009 Frank Long ha condotto uno studio che dimostra che lo strumento – quando correttamente utilizzato – incrementa le performance dei team di sviluppo (cfr. Real or Imaginary: The effectiveness of using personas in product design).
9:40 Il design influenza il modo in cui le imprese si organizzano: è un passaggio inevitabile perché le aziende sono sempre più orientate al consumatore, studiano sempre di più i suoi bisogni e le sue aspettative e cercano di adeguarsi a quello che scoprono. Luca Mascaro dice che nell’ultimo anno la sua agenzia ha aumentato molto il fatturato per l’attività di user research.
9:30 La UX Conference arriva alla terza edizione. Luca Mascaro: in sala ci sono 107 persone che provengono sia dalle più grandi agenzie italiane sia dalle aziende che sono particolarmente attente ai temi della customer experience. La conferenza è cresciuta molto nel corso dei tre anni triplicando i partecipanti, che oggi arrivano non solo dalla Lombardia, ma da tutta Italia.
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