Risparmio Super è un’altra delle startup passate per Working Capital e quello di Barbara Labate fu senza dubbio uno dei migliori pitch della tappa romana del 2010.
Il servizio
Risparmio Super è un comparatore online dei prezzi dei supermercati, dedicato a prodotti alimentari e a elettrodomestici. Per usarlo è sufficiente andare sul sito o sulla mobile app, localizzarsi e costruire una lista della spesa.
In questo modo, il servizio indica qual è il supermercato più conveniente nelle vicinanze, permettendo al consumatore-utente di ottimizzare economicamente la spesa nella sua zona.
È possibile utilizzarlo anche per la singola offerta o il singolo prodotto, ma l’idea di fondo è comunque di consentire a chi acquista di risparmiare su una gamma di 15-20 prodotti. Su un anno, l’ammontare del risparmio diventa consistente.
La formazione, la prima startup, l’idea di Risparmio Super
Ho 35 anni e ho da sempre avuto una vocazione internazionale. Ho fatto il liceo linguistico e vissuto all’estero in diversi paesi: Belgio, Francia, Nuova Scozia, Svizzera e Canada. Mi sono laureata in scienze politiche a Messina e ha vinto una borsa di studio Fullbright, che mi ha permesso di andare a studiare alla Columbia University a New York, dove ho frequentato diversi corsi, dal vc funding, all’hi-technology, a corsi di comunicazione e media, marketing e advertising.
Era un contesto in cui si respirava aria di startup, un paio di anni prima dell’impresa di Zuckerberg.
Seguivo anche un corso del premio Nobel Joseph Stiglitz. Lì ho preso ispirazione dalla famosa teoria dell’informazione asimmetrica, che sostiene che se il consumatore non ha le informazioni corrette finisce per prendere delle decisioni sbagliate. Applicandola alla mia esperienza da consumatrice a New York, ho avuto l’idea di Risparmio Super, basata sulla possibilità di conoscere in tempo reale, attraverso il cellulare, il prezzo dei prodotti in-store.
Con quest’idea, nel 2003 partecipai a una business plan competition e mi piazzai seconda.
A quel punto, un angel americano componente della giuria mi mise in contatto con il Ceo di un azienda italiana cui scrissi senza mai avere una risposta. Solo dopo 10 anni ho scoperto che in realtà è uno dei miei investor.
Dopo la permanenza in America, tornai in Italia a lavorare per un periodo come dipendente per un’azienda, e conobbi il mio primo socio. Fondammo la prima piccola startup, che si occupava di pensare, sviluppare e lanciare sul mercato idee di business legate al mondo del mobile. Ancora non c’erano le app, ma erano gli inizi dell’Umts ed era il momento del boom del download di suonerie e sfondi sul cellulare. Noi pensavamo i prodotti più adatti a determinati target, cercavamo di capire come realizzare il contenuto e ipotizzavamo il modello di business. Abbiamo lavorato per i più grossi provider in Italia e con i più grandi operatori telefonici.
Creammo anche un servizio per scaricare immagini sacre dell’800, che risultò sgradito al Vaticano. Fummo pubblicamente tacciati di simonia. Pensai di aver raggiunto il massimo della gloria imprenditoriale quando rilasciai un’intervista ad Alessio Vinci per la Cnn, durante la notte di Natale a San Pietro, per difendere il diritto dei cattolici a ricevere sfondi con immagini sacre… Alla fine, fu proprio il Vaticano a decretare il successo di quella avventura, perché la notizia uscì su Reuters e fece il giro del mondo.
Nel frattempo, iniziai a sviluppare l’idea di Risparmio Super e conobbi il mio attuale socio, Zion Nahum, che aveva un progetto simile ma più orientato verso il mondo degli elettrodomestici. Unimmo le forze e iniziammo a lavorare insieme. Chiedendo supporto a programmatori che avevamo conosciuto nelle esperienze precedenti, sviluppammo il primo embrione del servizio, che copriva solo Milano con appena 5 insegne.
Da subito si sono posti una serie di problemi, per esempio su come confrontare prodotti non identici prendendo in considerazione i prezzi per unità di misura, sulla gamma di prodotti presenti nei diversi supermercati, eccetera.
Abbiamo studiato molto, cercando di superare una serie di difficoltà che ancora oggi non abbiamo del tutto assorbito.
Le nostre fonti di informazione sono i depliant delle offerte, reperiti fisicamente e online. Da questo punto di vista l’Italia non è un mercato particolarmente evoluto, basti pensare che un progetto analogo nato nel 2007 in Uk ha raccolto 13 milioni di dollari da Greylock Partners.
L’esperienza che stavamo facendo aveva dei fondamenti teorici, ma naturalmente tra la teoria e la pratica c’era molta differenza. Comunque, eravamo riusciti a sviluppare un prodotto minimo da dimostrare, tanto che una giornalista della Stampa, Roselina Salemi scrisse di noi, definendoci “Giustizieri della spesa”. Da quel momento, ci fu un boom di visite e di richieste di attivazione del servizio da parte di potenziali utenti e capimmo che c’era una risposta del mercato che non eravamo ancora attrezzati a fronteggiare e che era il momento di dedicarsi al progetto full time. Eravamo arrivati ai primi mesi del 2010.
Da Mind the Bridge al seed
A quell’epoca eravamo tre soci e alcuni collaboratori esterni, e investivamo personalmente.
Nel luglio 2010 presentammo la domanda per Mind the Bridge e fummo selezionati tra i primi 30, arrivando poi fino alla finale, anche se non troppo preparati al mondo degli investor e dei Vc in Italia. Incontrammo nel corso dei mesi tutti i principali investitori, riscontrando la difficoltà di non essere ancora in grado di focalizzare le argomentazioni più convincenti o interessanti per loro.
Quello che un investitore è interessato a conoscere è essenzialmente come pensi di fare i soldi, quale può essere la exit, se sei committed 100% sul progetto e se hai un vantaggio competitivo da difendere.
Mind the Bridge, comunque, ci ha aiutato tanto.
Iniziammo con un training in Italia con esperti molto importanti, approfondendo una serie di temi molto utili. Subito dopo, ebbi l’occasione di aprire con il mio pitch l’evento del Corriere della Sera. Un’esperienza bellissima, adrenalinica, in un contesto molto professionale e di livello molto alto anche tra i partecipanti.
Pian piano iniziava questo movimento di investors verso le startup che avevano più colpito: dal numero di persone che ti circondavano capivi se la tua presentazione avesse suscitato interesse. Avemmo ottimi consigli, incontrammo anche Ivan Farneti che fu prodigo di contatti e suggerimenti. Da lì andammo avanti ancora autosostenendoci per altri 6/7 mesi, perché eravamo ancora a uno stadio non sufficientemente maturo del nostro progetto.
Poi andammo a San Francisco e in un mese riuscimmo a fare più business development di quanto non fosse accaduto in 6 mesi in Italia, facendoci invitare a tutti gli eventi degli angels e a partecipare ad un evento di Plug&Play, il più grosso incubatore della Silicon Valley. Già essere invitati tra le 32 startup più interessanti del momento era un risultato per noi. Ci preparavamo così, presentando e incontrando, ai due eventi finali, quello di Plug&Play, appunto, e l’Italian Innovation Day. Incontravamo nostri competitors, possibili partner, investors. Nel frattempo c’era metà del team in Italia e la difficoltà di gestire la cosa a distanza di un oceano.
Abbiamo vinto entrambi gli eventi, me avuto tantissime pacche sulle spalle…Solo dopo lunghi tampinamenti ce l’abbiamo fatta e abbiamo raccolto 400mila euro per il seed da Lventure di Luigi Capello e Zernike Meta Group.
Oggi, abbiamo una sede a Milano e una a Catania: riusciamo ad agire positivamente anche sul mercato del lavoro siciliano, da cui provengo, e questo mi fa particolarmente piacere.
Ci ha colpito l’onerosità della due diligence: definire il termsheet con gli investors è stato soprattutto costoso per tutti gli aspetti burocratici, che hanno assorbito circa il 5% del finanziamento.
Costruire (e motivare) un team
Ovviamente noi founders abbiamo un driver enorme nel lavorare al progetto, che deriva dal nostro personale investimento e dal fatto di avere la responsabilità di soldi guadagnati da altri. Dall’altra parte c’è un team che sposa il tuo progetto ma che per forza di cose non lo reputa vitale quanto chi l’ha ideato. Trasmettere il nostro entusiasmo agli altri non è sempre facile. Zion e io siamo spesso fuori per presentare il progetto a potenziali clienti e quindi siamo anche poco in ufficio. Quest’assenza si avverte ed è una tra le problematiche più serie che stiamo cercando di superare.
Il b2b verso la Gdo e il mercato consumer
Alcune attività sono più entusiasmanti di altre: la parte commerciale, personalmente, la faccio perché la devo fare… Ma ci permette comunque di avere un feedack diretto dalle aziende, positivo o negativo che sia, e di articolare e spiegare la nostra proposta anche a chi nella, tra i brand o nella Gdo crede di non avere interesse ad essere confrontato con altri. A chi reagisce così spieghiamo che la presenza sul nostro sito comporta l’indicizzazione su Google e una maggiore visibilità dei prodotti. A volte è una lotta contro i mulini a vento, ci è capitato anche di andare in un’azienda in cui l’esperto di Internet aveva 70 anni e aveva appena scoperto Facebook.
Sul fronte dei consumatori, oggi abbiamo 170mila utenti registrati e una serie di indici che mostrano che l’utente si ferma sul sito.
Fino a luglio non avevamo fatto nulla per portare utenti sul sito eppure avevamo 30mila utenti registrati, solo attraverso il passaparola e i giornali. Poi abbiamo scoperto che il nostro alleato più prezioso erano i mass-media. Abbiamo iniziato a collaborare con un ufficio stampa che è riuscito a presentare l’uscita di Risparmio Super come una notizia appealing sotto diverse forme: il servizio di confronto su alimentari e elettrodomestici, i risultati ottenuti nelle competition, eccetera.
Abbiamo iniziato con la carta stampata, i blog e qualche tv, forti del fatto di poter dare un dato sull’andamento dei prezzi che neanche l’Istat può dare in tempo reale, anche se basato sulle offerte. Di fatto, noi tracciamo e rileviamo aumenti, quindi siamo una fonte di informazione. Abbiamo stretto delle partnership con associazioni di consumatori e fatto anche advertising tradizionale, affiliazioni, banner ecc. L’ufficio stampa è ciò che ci ha dato maggiori risultati, anche per il tipo di target cui ci rivolgiamo. Una piccola percentuale di utenti al sito è costituito dai pensionati, che come ho potuto testare empiricamente, utilizza internet per cercare. E noi non siamo altro che un grosso motore di ricerca sulle offerte sui prodotti.
Le metriche importanti
Il tempo sul sito, le pagine visitate sono dati importanti. Ma per noi è essenziale che l’utente visualizzi, clicchi e inserisca il prodotto nella lista della spesa. Questo ci dice se un prodotto ha avuto un certo numero di impression, se le persone sono state più attratte dal prezzo di un prodotto piuttosto che da quello di un prodotto omologo e, alla fine, per quale di questi prodotti hanno mostrato un interesse all’acquisto inserendolo nel carrello della spesa, che è la metrica che conta di più.
Un utente che inserisce più prodotti nella sua lista, infatti, ci dà informazioni interessanti, così come chi consulta le newsletter rappresenta una fonte utile.
Tuttora rispondiamo uno per uno al customer care a tutte le domande che arrivano e alcune funzionalità derivano proprio dal confronto con le esigenze degli utenti, come la geolocalizzazione, le applicazioni per smartphone o l’inserimento dei prezzi segnalazione dei supermercati da parte degli utenti
Il futuro
Abbiamo fatto una serie di analisi che ci suggeriscono che il modello è replicabile in altri paesi. Con i fondi di cui disponiamo oggi non si può fare tutto, ma ci piacerebbe esportare il nostro progetto in paesi con caratteristiche simili al nostro. Abbiamo anche studiato il mercato americano perché avevamo una versione Usa del prototipo, ma è ovvio che serve un investor che creda nell’internazionalizzazione del progetto. Per il 2012, mi aspetto che Risparmio Super diventi la più grande banca dati di prezzi e comportamenti degli utenti nel mondo retail. E in quest’anno cercheremo il round A, anche oltre confine.
Più in là, speriamo di aver concluso positivamente il ciclo di Risparmio Super e di poterci dedicare a nuove idee.
Vita da startupper
Io mi sento startupper seriale e questo comporta la capacità di gestire gli up and down degli umori e delle sensazioni.
Un giorno può arrivare una notizia positiva, il giorno dopo una negativa: fa parte del gioco e chi gioca con te deve saperlo, come deve sapere che le priorità possono cambiare continuamente. A volte, nel cercare di comprendere quali sono le opportunità da seguire, si perde tempo, a volte si sbaglia, a volte non si dorme la notte cercando di capire con mesi di anticipo a quello che farai, per poi saperlo raccontare e vendere, trasmettendo l’impressione che quello che stai pensando accadrà. Finora è stato così, e tutto quello che abbiamo immaginato è accaduto.