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Intervista con Paolo Baronci di VideOMG

Con Paolo Baronci ci siamo sentiti su Facebook in novembre, poi ci siamo visti per pranzo e abbiamo fatto una lunga e piacevole chiacchierata passeggiando per Monteverde a Roma. VideOMG compete in un mercato difficile ma estremamente promettente, quello della social Tv, e mi sembra interessante che Populis ospiti il servizio su Excite: il video – in effetti – ha l’aria di essere molto appetibile per chi si occupa di demand media.

Dalla ricerca all’impresa…
Ho studiato fisica teorica alla Sapienza di Roma e dopo gli studi universitari ho fatto un periodo di ricerca per poi entrare da consulente in Accenture. Dopo 3 anni trascorsi molto bene in azienda, ho deciso di partire con una mia iniziativa insieme ad altri ragazzi. Credo che un imprenditore avverta questa esigenza in modo forte e naturale, la definirei quasi una condizione esistenziale.
Mi ero però posto degli obiettivi per partire: ottenere la borsa di dottorato e trovare un primo cliente. Se si fossero verificate queste condizioni mi sarei staccato da Accenture. Così è stato, e ho fatto il salto.

…e dalla teoria alla pratica
Ho conosciuto i miei due soci, Francesco Carusi e Guido Gigante, all’università. Credo che dal punto di vista dell’innovazione e dell’imprenditorialità la facoltà di fisica rappresenti un terreno culturale molto fecondo, perché ti permette di passare da un concetto di studio passivo ad uno attivo, attraverso la ricerca.
Noi abbiamo avuto la fortuna di lavorare con un professore israeliano pioniere delle neuroscienze computazionali. E’ stato lui a trasmetterci grande concretezza nella realizzazione di progetti e la propensione a trasformare le idee in modelli. Per chi lo seguiva, sia che abbia scelto la ricerca sia che abbia optato per le aziende, questo insegnamento ha rappresentato un elemento di forza.
Posso dire che dobbiamo molto a ciò che abbiamo studiato e a come lo abbiamo studiato. D’altro canto, la facoltà di fisica di Roma è un polo di eccellenza anche in ambito internazionale, con docenti come Giorgio Parisi, che è stato candidato al Nobel, che hanno lanciato interi settori di ricerca. Augusto Sagnotti, un’altra figura fondamentale nel mio percorso, è uno dei padri della teoria delle stringhe e oggi insegna alla Normale di Pisa. Stare a contatto con queste persone è sempre una grande opportunità.

Gli inizi
La nostra prima startup sviluppava un prodotto nato dalla convergenza tra la nostra materia di studio, le neuroscienze computazionali, e l’intelligenza artificiale. Si tratta di un sistema di riconoscimento dei caratteri manoscritti con il quale siamo diventati leader italiani del settore.
In seconda battuta, abbiamo deciso di lanciare un prodotto per il mercato consumer, VideOMG, ancora una volta collegato al nostro background cognitivo, con l’obiettivo di creare un sistema verticale nel mondo video, dedicato a film serie tv e altri filmati legati agli interessi delle persone, sostenuto da un sistema di raccomandazione semantica. Quest’ultimo rappresenta il punto di contatto con quello che abbiamo studiato.
Nel primo caso si trattava di un servizio b2b. Abbiamo lavorato per diversi comuni, con Poste Italiane e il Ministero dell’Interno.
Anche per queste ragioni abbiamo scelto il mercato consumer per la seconda azienda, anche se in Italia ci si trova spesso tra l’incudine e il martello: da un lato, nel b2b si rischia di andare molto lenti, specie se si lavora con il settore pubblic; dall’altro in ambito consumer non c’è abbastanza mercato. Gli early adopter e gli utenti potenziali che ti possono offrire un feedback sono pochi. Questo è uno dei motivi per cui secondo me è importante avere contatti con la Silicon Valley: non tanto per avere soldi quanto per avere utenti e feedback veloci. Per questo stiamo cercando di strutturare dei rapporti anche con quel tipo di contesto.

L’evoluzione dell’idea e il fundraising
Attualmente, per VideOMG abbiamo raccolto 250mila euro da Annapurna Ventures e da una serie di business angels.
Abbiamo iniziato la ricerca di fondi nel momento in cui confidavamo che l’idea fosse quella giusta e avevamo dietro un asset tecnologico molto forte, il sistema di raccomandazione perfettamente funzionante.
Inizialmente volevamo occuparci di tutti gli interessi in generale, poi abbiamo deciso di circoscrivere la piattaforma al contesto video. La linea iniziale era quella di CircleMe e Pinterest, ma non avevamo abbastanza forza per operare a trecentosessanta gradi, e crediamo che le opportunità legate all’evoluzione della tv e in particolare alla social tv rappresentino un ambito estremamente caldo, verticale, in cui riteniamo ci sia lo spazio per un nuovo social media.
Abbiamo avviato la ricerca degli investor contattando le persone che conoscevano direttamente, ma molto è stato fatto attraverso incontri diretti.
Partecipavo personalmente a eventi, mi presentavo agli speaker che mi interessavano, spiegavo loro l’idea e chiedevo il loro parere. Dove c’era interesse reciproco, partiva l’interlocuzione. Così è accaduto a Mind the Bridge, dove ho incontrato persone che hanno poi effettivamente partecipato alla nostra impresa.
Penso sia importante cercare di incontrare persone che condividano la passione per il settore in cui la startup opera, perché con il business angel, in un certo senso, si condivide un sogno.
Nel caso dei fondi, il percorso è più articolato. All’inizio dei contatti con Annapurna Ventures di Massimiliano Magrini, tra l’altro, non si trattava di un fondo strutturato com’è oggi. Magrini era una via di mezzo tra un “super angel” e il gestore di un fondo. Ma in generale, sono oggetto della valutazione il mercato potenziale della startup, il team e gli asset tecnologici. Solo dopo un certo periodo di attività inizia un discorso più evoluto di metriche.

L’esperienza di Mperience
Mperience ha rappresentato soprattutto un alpha utile a testare la tecnologia nell’ambito del sistema di raccomandazione, senza altre particolari velleità oltre a questo.
Abbiamo imparato però alcune cose fondamentali: innanzitutto ad ascoltare gli utenti. Credo che ricevere feedback per una startup sia fondamentale. La seconda cosa è la focalizzazione, cioè la capacità di sfrondare il servizio che si offre dagli aspetti non centrali senza però perdere di generalità.
Mperience è stata senz’altro una piattaforma acerba che ci ha dato però delle indicazioni fondamentali per realizzare VideOMG, che rappresenta il vero salto di qualità.

Il passaggio dal b2b al mercato consumer
Sono senz’altro due contesti molto differenti perché è diverso il modo in cui si ricevono informazioni dai clienti.
In ambito b2b in genere si ha un need abbastanza facile da individuare e su quello si costruisce la value proposition; in ambito consumer il need è molto più sfumato, può essere legato, ad esempio, ad un fattore psicologico, e può essere più complesso far emergere un bisogno. Ma entrambi hanno al centro delle persone, questo è l’elemento comune.
Sicuramente abbiamo avuto bisogno di un periodo di apprendimento per arrivare al nocciolo dell’emozione dell’utente, un percorso molto stimolante e che dura ancora oggi.

Il team
Il team è rimasto grosso modo lo stesso con delle new entry in corso d’opera. Ci ha dato molta forza la coesione tra i soci: con Francesco e Guido condivido la visione etica di fondo e gli sono grato perché penso che siano più bravi di me.
Guido è l’attaccante, l’uomo degli algoritmi che va in gol da qualsiasi posizione. Francesco è il nostro responsabile tecnologico ed è il mediano, tiene al centro tutta la squadra. Io finora sono stato l’allenatore e per ora siamo una squadra molto affiatata.
Tra le new entry, Daniele Alberti ha una piccola partecipazione in VideOMG perché volevamo avere un esperto nell’ambito delle startup.
E molto aiuto viene anche dai nostri angel e da Annapurna Ventures. L’esperienza di Massimiliano Magrini, sviluppata anche attraverso la sua responsabilità in Google Italia, ci sta dando una spinta forte per crescere e affrontare nel modo giusto il mercato consumer.
Al di fuori della struttura, abbiamo una collaborazione con una società della Silicon Valley che ha già collaborato con diverse startup di successo, per il marketing e la user experience.
Credo che avvalersi di consulenze esterne determini benefici e limiti. Nel nostro caso, all’interno dell’impresa c’è un cuore molto forte che lavora al prodotto e utilizza alcune specifiche competenze esterne.
Credo che tra l’Italia e la Silicon Valley ci sia un gap enorme in ambito consumer, in termini di sensibilità ed esperienza.
E’ necessario fare riferimento a capacità e conoscenze che qui è difficile trovare, mentre al contrario siamo molto forti sulla parte scientifica e tecnologica. Negli ultimi 20/30 anni nel nostro paese è mancata la capacità di parlare con gli utenti. Del resto, i grandi successi della new economy negli anni tra il 1998 e il 2001, sono tutti a cavallo dei settori dell’e-commerce o delle telco.
In Italia non sono mai venute a galla società come Twitter o Facebook, ma credo che oggi ci sia fermento nell’ecosistema delle startup, dove riscontro un nuovo interesse, la capacità di studiare internet in generale e di proporre business innovativi.

Scegliere il partner
Abbiamo all’attivo un accordo con Excite Uk, di proprietà italiana. Accordi di questo tipo fanno parte della nostra strategia di generazione del traffico. Il motore di raccomandazione semantica è offerto a partner media proprio come Populis di Luca Ascani e Salvatore Esposito, che ho conosciuto partecipando come speaker ad un’edizione della Social Media Week. Da quell’incontro siamo andati avanti fino a portare il nostro engine su alcune delle funzionalità di Excite, in particolare sulla correlazione dei contenuti.
L’esperienza da consulenti per le aziende è nel nostro Dna, questo tipo di relazione per noi è naturale. Ci siamo sempre trovati bene e anche i nostri partner hanno avuto sempre riscontri positivi.
In fondo è un po’ quello che ha fatto Google, che fa il 32% delle revenue con AdSense, cedendo a terze parti il suo sistema di computazione delle parole, cui viene attaccata la pubblicità. L’inserimento, a suo tempo, del motore di ricerca nei browser come Netscape, serviva proprio a farsi conoscere dall’ecosistema internet. Noi stiamo adottando la stessa strategia.

Tra startup e vita privata
Con un figlio piccolo, posso dire che tutto dipende dalla persona che hai accanto. Non potrei fare quello che faccio se non avessi avuto il supporto che ho da mia moglie. Al di là delle questioni finanziarie che coinvolgono entrambi, è la solidità di coppia che ti consente di andare avanti. Come per i soci non puoi mettere una mano sul fuoco per il futuro, ma la sintonia e la sincronizzazione all’interno della coppia sono fondamentali. Diversamente si lavora male e si fa vivere male chi si ha accanto. In generale, chi fa il Ceo di una startup deve saper ascoltare tutti e capire dove questa sintonia si sta perdendo, e se ha questa sensazione fare di tutto per recuperarla.
Questo fa parte sia del contesto aziendale sia di quello personale. Bisogna cercare sempre di migliorare la qualità delle dinamiche e delle relazioni, tenendo conto che si lavora anche 12 ore al giorno, e si torna a casa per cena.
Rispetto alla vita da consulente, si hanno più responsabilità personali, dirette, anche se l’esperienza in Accenture ha rappresentato in assoluto una grande scuola.
Nonostante questo, constato con rammarico che è stata solo una minoranza a fare una scelta analoga alla mia e c’è stato poco investimento nel far partire nuove aziende, mentre molte persone si sono dedicate alla consulenza. Dopo la bolla del 2001 c’è stata un po’ di pavidità, anche se oggi mi pare che si stia ripartendo.

Il futuro
Oggi stiamo ascoltando gli utenti e rifinendo il prodotto, secondo una sorta di spirale crescente in cui mese dopo mese miglioriamo il sistema e cerchiamo di diffonderlo sempre di più. In questa fase stiamo rafforzando tutta la parte di timeshift e consumption, poi inizieremo con le affiliazioni con Netfix, Amazon, eccetera. Per la seconda metà del 2012 passeremo alla parte relativa alla programmazione televisiva.
Dal punto di vista finanziario, stiamo valutando la possibilità di un altro round facendo entrare nuovi soci che, come è stato finora, possano portare un valore a tutta l’iniziativa. La mia idea è di portare il marketing interamente negli Usa e lasciare in Italia ricerca e sviluppo. E’ una questione di dimensioni del mercato: 1 milione utilizzato negli Stati Uniti vale molto di più che in Italia.
Non so dire se i nuovi finanziatori saranno italiani o americani, ma senz’altro la parte di business development la faremo anche Oltreoceano.

Startupper per natura o mentalità aziendale?
Tra tre anni mi vedo nella Silicon Valley, alla guida di VideOMG. Tra cinque, forse, potrebbe essere diverso.
Ciò che mi impressiona di esperienze come quelle dei founder di Google o di Zuckenberg è proprio la capacità di far crescere le loro aziende imparando ogni giorno da quello che hanno vissuto.
Sia che decida di far crescere questa società, sia che decida di dedicarmi ad un’altra startup, la differenza sta proprio qui, nella possibilità di continuare a imparare.