i dress you win: un progetto rimasto a livello di concept [updated]

Non c’è che dire: il 2011 è stato un anno molto prolifico sotto il profilo dell’esplorazione e della produzione di idee. Tra le aree che abbiamo approcciato c’era quella della moda: l’idea era di creare un gioco per le appassionate di fashion che potesse essere ospitato su uno dei siti dedicati all’argomento. Ci abbiamo lavorato un bel po’ e abbiamo proposto il concept a vari editori, ma senza successo.

Mi sono fatto l’idea che ci fossero due sostanziali ostacoli. Il primo riguarda il fatto che editori come Condé Nast vendono banner e sanno fare solo quello. Quindi per riuscire a vendere un progetto del genere, devi convincere la forza vendita che vale la pena convincere l’inserzionista a testare una cosa un po’ nuova. E perché mai il signore che gestisce il sito si dovrebbe prendere la briga di fare tutta questa fatica su un progetto per il quale non ci sono metriche consolidate? Il secondo ostacolo, ovviamente, diventa il budget: qualsiasi cifra a questo punto è troppo alta…

Dopo aver esplorato un po’ il mondo della moda, mi sono fatto l’idea che c’è un enorme spazio di opportunità, ma che gli editori tradizionali e le grandi griffe ci arriveranno per ultimi, quando le sedie cominceranno a bollire sotto il culo di manager troppo pigri per osare qualsiasi cosa che non sia un formato diverso di banner. Bene per chi saprà innovare e quindi un grande in bocca al lupo ai ragazzi di Next Styler 😉

UPDATE. In una discussione su Facebook, Nicola Ballotta scrive: «trovo il tutto un po’ troppo complesso e come scrivi anche tu servirebbero budget molto alti a fronte di quello che poi sarebbe un altro reality fra i tanti già visti. Magari funzionerebbe anche, ma non lo trovo così innvativo. my2c». Riporto anche qui la mia risposta:

In effetti l’idea è proposta come reality per usare un pattern noto. L’aspetto di novità sta nel fatto che un editore proponga ai suoi inserzionisti di lasciare agli utenti la possibilità di mixare i prodotti a proprio piacimento perdendo totalmente il controllo. Questo passaggio, che sembra semplice, in realtà non è affatto scontato e – infatti – è proprio lì che si è arenato il tutto (con tutti gli interlocutori con cui ne abbiamo parlato).
L’innovazione (in questo caso direi più la novità, perché in effetti non stiamo parlando di cose radicali) è sempre relativa al contesto in cui la proproni. Ma c’è anche da dire un’altra cosa: quando mi sono messo a guardare in questo settore, mi sono reso conto di quanto poco ne sapessi. E’ un aspetto non banale, soprattutto perché quando parti con una progetto nuovo (o con una startup) i primi utenti che devi coinvolgere sono early adopter, gente probabilmente molto competente che si accorge subito se sei una scarpa.
Anche questo aspetto ha avuto un suo ruolo importante: per la mia incompetenza non sono riuscito a interpretare correttamente i bisogni dei miei potenziali clienti. Il che insegna – casomai ce ne fosse bisogno – che non si possono approcciare le cose in modo troppo superficiale, altrimenti non si hanno gli strumenti per capire.

A proposito di copyright. Qualcuno si stupisce del fatto che io pubblichi così dei progetti e mi fa notare che altri potrebbero rubarli. Tutto quello che scrivo nel mio blog è pubblicato con licenza Creative Commons By Nc Sa, quindi è liberamente utilizzabile non a scopi commerciali. Anzi, se qualcuno vuole metterci le mani e vuole farmelo sapere, sarò ben contento di contribuire per quello che posso alla realizzazione del progetto. Se, poi, qualcuno volesse proporre il progetto a un cliente sono contento per lui/lei. Difficile immaginare che mi venga corrisposto qualcosa, anche perché basta cambiare poco per dire che non si tratta della stessa idea. Ma non si sa mai: certamente ci sono più probabilità di monetizzare l’idea pubblicandola qui invece che lasciandola nell’hard-disk del mio computer 😉