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Lezioni di webmarketing: dai banner alla gamification

Qualche tempo fa, Simonetta Pattuglia mi ha chiesto di coprire il modulo in web marketing del master in economia e gestione della comunicazione e dei media che coordina all’università di Tor Vergata.
Dovendo preparare sette ore di lezione da zero, ho deciso subito che non avrei fatto esclusivamente lezione frontale come usa all’università, ma che avrei cercato di coinvolgere gli studenti in un’attività che permettesse loro di sperimentare in prima persona quello che gli proponevo.

Generalmente, la prima cosa che faccio quando mi chiedono di preparare un ciclo di lezioni è andare su Slideshare per capire come altri professionisti e docenti trattano la materia. Considero il confronto un punto di partenza obbligato e mi interessa soprattutto il punto di vista dei professionisti, perché argomenti come il web marketing sono in continua evoluzione e quindi difficilmente si prestano ad essere cristallizzati in sapere accademico. Dopo aver consultato decine di presentazioni che parlavano di search engine optimization, search engine marketing, advertising online, e-commerce e via di seguito, ho deciso di adottare un approccio completamente diverso con l’obiettivo di fornire ai ragazzi un quadro di riferimento sull’argomento invece che una lista di tecniche e strumenti che non avremmo comunque avuto il modo di approfondire con il necessario dettaglio.

Poiché il mio intervento era suddiviso in due lezioni, ho deciso di affrontare la prima lezione in modo tradizionale, parlando di architettura dei social media, spazi digitali, nativi digitali e della necessità di ascoltare le persone utilizzando l’ampissimo ventaglio di strumenti con i quali si analizzano le tracce digitali (dalle web analytics all’analisi delle conversazioni nelle sfere). Per queste prime due ore ho usato queste slide, che avevo già pronte:

La seconda lezione, invece, durava ben cinque ore e quindi ho deciso di dividerla in tre parti, anzi in tre livelli che prevedevano da 20 a 40 minuti di lezione frontale e poi una prova o un esercizio. Ho anche inserito un sistema di punti e di badge: gli studenti prendevano un punto per ogni risposta corretta oppure per ogni intervento sensato durante la lezione (domanda, osservazione e via di seguito).

Livello 1. Il noioso mondo del web marketing
Ho fatto una veloce carrellata degli strumenti del web marketing. Al termine ho proposto un questionario di tre sole domande (quindi corrispondenti a tre punti) sul contenuto della lezione precedente. Sono rimasto stupito dal constatare che la maggior parte ha risposto correttamente a tutte e tre le domande. Inoltre, già dai primi minuti alcune delle ragazze più attive hanno cominciato a collezionare punti per i propri interventi.

Livello 2. La sfida è entrare nella testa del consumatore
L’argomento del secondo livello riguardava le due sfide che a mio avviso si trova oggi ad affrontare il web marketing: l’ubiquità legata alla crescente diffusione di terminali mobili e la necessità di coinvolgere le persone trasformando parte delle attività di marketing in veri e propri servizi aggiuntivi rispetto al servizio principale. Questo secondo livello era ricco di case history, molte delle quali prese dal sito di Isobar, che propone una bella carrellata di campagne integrate di grande qualità.
Al termine del secondo livello abbiamo fatto un esercizio collettivo: abbiamo costruito l’albero dei problemi di un consumatore alle prese con un supermercato. L’obiettivo era mostrare agli studenti la differenza tra gli obiettivi dell’impresa (aumentare la frequenza di visita al supermercato e l’ammontare dello scontrino) e quelli del consumatore. Le opportunità di engagemente si trovavo nell’intersezione tra i problemi dell’azienda e quelli del consumatore: quello sarà il nostro campo di gioco.
Alla fine del livello 2, gli studenti che avevano un maggior numero di punti per aver partecipato più attivamente, hanno guadagnato un badge.

Livello 3. Tecnologie persuasive e Gamification
Il terzo livello, infine, era dedicato alle tecniche per coinvolgere le persone. Per non rischiare di fare l’apologia delle gamification, ha affrontato l’argomento partendo dalle tecnologie persuasive di B.J. Fogg che offrono un quadro teorico solido e completo di come impiegare la tecnologia per persuadere le persone. Solo dopo aver introdotto i fondamenti teorici, sono passato a usare delle slide di Amy jo Kim in cui sono indicati cinque principi utili per trasferire le meccaniche di gioco in contesti non di gioco:

  • conosci lo stile di ingaggio dei tuoi giocatori;
  • progetta per tre livelli di coinvolgimento: onboarding, apprendimento, padronanza;
  • lavora sulle emozioni positive, le relazioni, il significato e il raggiungimento di obiettivi;
  • mostra chiaramente i progressi;
  • premia i giocatori con potere, autonomia e senso di appartenenza.

A questo punto, ho proposto agli studenti di progettare un’attività coinvolgente per convincere i consumatori ad aumentare la frequenza di visita di un supermercato o l’ammontare dello scontrino, utilizzando una o più tra le dieci meccaniche di gioco descritte.
Il risultato è stato piuttosto interessante: in meno di un’ora sono venute fuori tre idee molto carine con tanto di slide. E’ stato molto divertente e alla fine abbiamo immortalato l’esperienza con qualche scatto condiviso prontamente su Facebook 🙂

Il trofeo era ben poca cosa: un badge di Foursquare stampato su un foglio di carta. Eppure tutti lo hanno esposto con un certo orgoglio. Perché? Beh, alla fine è semplice: perché è la sintesi di un’esperienza piacevole e gratificante che in cinque ore di lezione ha portato i ragazzi e creare qualcosa in autonomia.

Morale? L’importanza dell’esperienza sul premio la puoi spiegare con una slide, ma la puoi apprezzare solo se la sperimenti in prima persona. Ecco perché la gamification basata su punti e badge fini a se stessi non vale assolutamente nulla 🙂