Ci sono molti passaggi del libro La realtà in gioco di Jane McGonigal che meriterebbero di essere citati: è un testo di 360 pagine ricco di spunti e di scenari suggestivi sul ruolo del gioco come agente di cambiamento. Per esempio, trovo molto interessanti le considerazioni sull’economica del coinvolgimento:
Per imbrigliare effettivamente la saggezza delle folle, e per fare leva con successo sulla partecipazione dei molti, le organizzazioni dovranno diventare attori efficaci in una emergente economia del coinvolgimento. Nell’economia del coinvolgimento, è sempre meno importante competere per l’attenzione e sempre più importante competere per le cose come cicli cerebrali e ampiezza di banda interattiva. I progetti che dipendono dalle folle debbono immaginare come catturare l’energia mentale e l’impegno attivo necessari per portare contributi individuali a un tutto più grande. Per questo motivo, la cultura generale del crowdsourcing probabilmente non sarà immune dalla “tragedia dei beni comuni†– la crisi che si verifica quando i singoli egoisticamente esauriscono una risorsa collettiva. I progetti di collaborazione dovranno competere per le risorse delle folle, dal momento che le comunità online cercano di catturare dai loro membri il maggior numero possibile di ore mentali. Ogni guadagno da una parte sarà a spese di qualche altro progetto che sta ancora lottando per assicurarsi la propria comunità piena di passione. La collaborazione sarà il modus operandi tipico di questi progetti, ma la competizione per accaparrarsi i partecipanti sarà dura e non tutti i progetti riusciranno a fiorire davvero.
Nel considerare queste sfide, cominciano a venire in mente alcune delle domande chiave per l’economia emergente del coinvolgimento: chi offrirà tutta la partecipazione necessaria per far diventare una successo il fiume apparentemente infinito di progetti partecipativi? E ci sono abbastanza collaboratori di qualità disposti a partecipare, in tutto il mondo? Come si fa a spingere una folla, grande e piena di passione, ad affrontare obiettivi di scala estrema? E se una folla si presenta davvero, come si fa a motivarla in modo che rimanga abbastanza a lungo perché collettivamente si possa creare qualcosa di valore?
Dobbiamo affrontare i fatti. E’ molto difficile motivare un gran numero di persone perché confluiscano tutte nello stesso momento e profondano una quantità significativa di energia – per non dire il loro migliore impegno – in un progetto collaborativo. Per la maggior parte, i progetti per grandi folle oggi falliscono: non riescono ad attirare una folla, o non riescono a fare alla folla il tipo giusto di lavoro, o non riescono a gratificare la folla abbastanza da far sì che continui a partecipare nella lunga distanza.
Folding@home è un progetto grazie al quale anche i possessori di una Ps3 possono mettere la capacità di calcolo della loro console a disposizione della Stanford University per una ricerca scientifica sul funzionamento delle proteine. E’ il primo progetto di crowdsourcing che si è indirizzato verso le console di gioco invece oltre che verso i computer casalinghi e coinvolge più di un milione di utenti di Ps3.
La partecipazione di massa dei giocatori, e il loro entusiasmo per questo grande progetto di massa, sono un segno chiaro che esiste un desiderio in crescita di essere utili a cause nel mondo reale. Per decenni i giocatori hanno risposto a chiamata ad azioni eroiche nei mondi virtuali. E’ venuto il momento di chiedere loro di rispondere a chiamate all’azione nel mondo reale, e tutto fa pensare che sia più che felici – sono più felici – di essere all’altezza della situazione nel mondo reale.
Il successivo grande passo da compiere, poi, sarà quello di canalizzare le menti dei giocatori, e non solo le loro console. I giocatori sono creativi, perseveranti, e sempre pronti ad accettare una buona sfida. Le loro forti risorse cognitive, combinate con la loro dimostrata coinvolgibilità , sono una risorse preziosa che aspetta dolo di essere sfruttata.
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Molti progetti odierni di crowdsourcing sperimentano i micropagamenti, cioè piccole ricompense monetarie, in cambio di contributi. […] La logica alla base di queste pratiche è che, se le persone sono disponibili a contribuire gratuitamente, saranno ancora più felici di contribuire se sono compensate. Ma compensare le persone per i loro contributi non è un buon modo per aumentare la larghezza di banda della partecipazione globale, per due motivi fondamentali.
Innanzitutto, come hanno dimostrato molti studi scientifici, il compenso normalmente diminuisce la motivazione a impegnarsi in attività che altrimenti si apprezzerebbero liberamente. […] In secondo luogo, ci sono dei limiti naturali alle risorse monetarie che si possono fornire a una comunità di partecipanti. Qualsiasi progetto dato avrà solo un certo capitale da distribuire; anche un’impresa di successo alla fine raggiunge un limite massimo a quello che può permettersi di pagare per i contributi.
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Abbiamo bisogno di un’economia del coinvolgimento più sostenibile – un’economia che funzioni motivando e ricompensando i partecipanti con gratificazioni intrinseche, e non con compensi più lucrosi.
E, allora, se non il denaro o i premi, che cosa è più probabile che emerga come valuta più efficace nell’economia del crowdsourcing? Io penso che questa nuova economia sarà animata dalle emozioni. Le emozioni positive sono la ricompensa ultima per la partecipazione. E siamo già costituiti fisicamente in modo da produrre tutte le gratificazioni che possiamo desiderare – attraverso l’attività positiva, i risultati positivi e le relazioni positive. E’ una fonte infinitamente rinnovabile di incentivi a partecipare a grandi progetti di massa.
Nell’economia del coinvolgimento non si compete per eyeball o mindshare – per gli occhi dei visitatori o per conquistare un pezzo della loro mente. Si compete invece per i cicli di elaborazione del cervello e per una fetta del cuore. Per questo il successo della nuova economia del coinvolgimento non verrà da compensi migliori o più concorrenziali. Verrà da un coinvolgimento migliore e più concorrenziale – il tipo di coinvolgimento che aumenta la larghezza di banda della partecipazione personale e collettiva motivandoci a fare di più e più a lungo, in vista di finalità collettive. E nessuno sa come aumentare la nostra capacità collettiva di coinvolgimento meglio degli sviluppatori di giochi.
Da anni gli sviluppatori di giochi hanno perfezionato l’arte della collaborazione di massa. I giochi spingono a sforzi estremi. I giochi creano comunità che rimangono unite nel tempo, abbastanza a lungo da realizzare insieme cose stupefacenti. Se il crowdsourcing è la teoria, i giochi sono la piattaforma.