In appendice al libro Assalto alla giustizia, Gian Carlo Caselli ha aggiunto in appendice il discorso tenuto nel 2011 in occasione della commemorazione della strage di Marzabotto. C’è un passaggio sulla nostra Costituzione che merita di essere messo in evidenza:
Sotto questa Costituzione (come ricordava Calamandrei agli studenti universitari milanesi il 26 gennaio 1955) ci sono tre firme che sono un simbolo: De Nicola, Terracini, De Gasperi. Tre nomi, tre idee, tre diverse concezioni che costituiscono le correnti ideologiche e politiche più importanti dell’Italia di allora: quella liberale, quella marxista e quella democristiana, e ci sono voci e orientamenti che sono alla base stessa della cultura politica italiana (quella di Beccaria, di Mazzini, di Garibaldi, di Cattaneo). ciò vuol dire che intorno a questo Statuto si è formato il consenso dell’intero popolo italiano, di tutti. Questo è il valore della nostra Costituzione. Non è l’imposizione di qualcuno sugli altri a colpi di maggioranza. E’ il consenso dell’intero popolo italiano che si è formato intorno a questo documento. Il consenso di tutti.
Ecco allora che la Costituzione diventa uno dei momenti più alti e significativi dell’unificazione del nostro Paese, che va ricordato con orgoglio nel 150° anniversario dell’Unità nazionale.
Nella Costituzione ci sono libertà di, che sono quelle di tradizione liberale: libertà di pensiero, di parola, di riunione, di manifestazione, tutti diritti che il fascismo aveva conculcato.
Ma ci sono anche libertà da: dalla povertà e dall’indigenza, dall’ignoranza, dalla malattia, con i relativi diritti al lavoro e all’assistenza economica, all’istruzione, all’assistenza sanitaria. Libertà da e diritti correlati scaturiscono dalla tradizione dei grandi movimenti cattolici e socialisti che il fascismo ha duramente e violentemente contrastato.
La fusione di queste libertà di e di queste libertà da dà forma, parafrasando la nota espressione di Benjamin Constant, a quella che potremmo definire la «libertà dei moderni», una libertà nuova, proprio quella che è sancita dalla nostra Costituzione, che si propone di intrecciarle inestricabilmente – scommessa/promessa – con la prospettiva di un’uguaglianza formale (tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge), ma anche e soprattutto sostanziale.
Così, la Costituzione detta un programma proiettato nel futuro. Un programma che di fatto ha una portata persino rivoluzionaria. Per la prima volta nella storia, accade che il diritto non si limita a fotografare (e cristallizzare) la realtà esistente, ma si pone anche come punto di contestazione – sia pure iniziale – in difesa dei diritti e dell’uguaglianza delle persone. L’obiettivo di realizzare la libertà e l’uguaglianza è entrato nell’orizzonte del diritto e dei giudici. E tutto ciò in forza dell’articolo 3 della nostra Carta fondamentale: «E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana».
In questo modo il diritto (quello costituzionale, almeno) si è trovato ad essere più avanti della società : ripeto, da elemento di cristallizzazione e di pura tutela dell’esistente si è visto proiettato nella dimensione del cambiamento.
Attenzione: questo percorso che la Costituzione traccia, questo percorso di crescita in diritti e in uguaglianza per tutti (di nuovo: tutti), la Costituzione lo disegna come obbligatorio, dicendo che è compito della Repubblica, non che la Repubblica può. E dire compito significa che la Repubblica deve. Dunque un percorso obbligatorio, non negoziabile. Quali che siano le maggioranze politiche del momento.
[…]
La Costituzione disegna una democrazia “emancipanteâ€. Una democrazia che favorisca cioè percorsi di emancipazione e di crescita, affrancando soprattutto chi ne ha più bisogno dagli ostacoli e dai vincoli che tengono inchiodati ai blocchi di partenza. In sostanza: una democrazia che comporto non soltanto il diritto-dovere di andare a votare quando è ora, ma anche il diritto a una qualità della vita che valga la pena di essere vissuta.