Da quando mi occupo di startup, ho continuamente l’impressione di stare alla tre giorni del militare. Chi ha superato i quaranta se la ricorda sicuramente. Un giro di visite, colloqui e test che avevano due grandi momenti cruciali: il test psicologico, a cui alcuni rispondevano in modo assolutamente casuale nella speranza di essere classificati tra quelli non adatti alla leva, e la visita urologica, tutti in fila in mutande in attesa che il medico ti desse la proverbiale “smucinata”.
Qualunque sia l’occasione, quando parli di startup, le donne sono una minoranza sparuta e ci si ritrova quasi sempre come al militare: mandrie di aspiranti imprenditori maschi che si ritrovano per parlare di grandi progetti o che si mettono in fila in mutande per farsi analizzare da potenziali investitori. Ed è un peccato, perché la diversità – anche quella di genere, ne sono convinto – è uno degli elementi essenziali per produrre innovazione. E perché ci sono eccellenti imprenditrici in questo settore: basti pensare che aziende di primo livello come MovableType, Ning, Flickr e tante altre sono state fondate o co-fondate da donne.
Eppure, sembra che le donne mostrino meno propensione verso il percorso imprenditoriale. Forse perché tutti abbiamo in mente i modelli organizzativi della grandi imprese dove il vertice è per lo più fatto da uomini (che spesso adottano comportamenti discriminatori, perché fa molto più manager-di-successo-cazzo-figa-pago-pretendo). Forse perché i nostri modelli educativi prevedono tuttora che le donne giochino con il ferro da stiro e le bambole (provate a cercare un giocattolo tipo Meccano e Lego Technics che non sia esplicitamente rivolto ai maschietti). Sinceramente non so dare una risposta univoca e, sicuramente, qualcuno ha delle riflessioni più intelligenti di quelle che posso argomentare io in questo post in modo estemporaneo.
Sta di fatto che la storia si ripete. In questi giorni stiamo raccogliendo le iscrizioni per il Founder Institute Roma e la percentuale di donne che hanno partecipato agli eventi di presentazione è modestissima (inferiore al dieci percento) e solo un pugno di ragazze ha fatto il test di ammissione. Tra quelle che hanno superato il test, nessuna ha deciso di proseguire completando l’iscrizione.
E anche al workshop di domani sera, le ragazze iscritte rappresentano meno del 15% del totale. Allora mi domando: dov’è l’errore? Come facciamo a portare più donne a interessarsi di imprenditoria e di startup tecnologiche?