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Una filippica e qualche riflessione sulla Gdo ai tempi della trasformazione digitale

In questi mesi di lavoro su Stamplay, a un certo punto – sollecitati da un potenziale investitore – abbiamo cominciato a lavorare su un prodotto per la Gdo. E’ stato estremamente frustrante, perché se è chiaro che c’è tantissimo da inventare, è altrettanto chiaro che non saranno gli attuali attori a percorrere strade nuove. Sono troppo impegnati a stampare milioni su milioni di compie di volantini. Al termine di questa escursione nel magico mondo dei supermercati, ho scritto questa filippica che contiene un po’ di riflessioni sull’esperienza.

Nel mio palazzo, periodicamente le cassette delle lettere si riempiono dei volantini promozionali dei supermercati della zona. Ho sempre guardato con curiosità a questa pratica pubblicitaria, chiedendomi se non ci potesse essere un modo più efficace e più rispettoso dell’ambiente di comunicare degli sconti. D’altro canto, occupandomi di comunicazione e di marketing online, so perfettamente che moltissime decisioni di acquisto ormai vengono formulate online, anche quando la transazione viene materialmente effettuata in un negozio fisico. Quindi tutta questa carta mi sembra uno spreco inutile.

Allora ho cominciato a studiare con maggiore attenzione il settore, scoprendo con un certo sgomento che in Italia si spende oltre un miliardo di euro l’anno per stampare e distribuire dei volantini. Parallelamente, ho iniziato a parlare con gli addetti ai lavori, per cercare di capire meglio quali sono le logiche che governano il marketing della grande distribuzione. E, dopo aver parlato con direttori marketing, esperti, giornalisti, imprenditori e professionisti che lavorano con il retail mi sono fatto due idee. La prima è che in questo settore ci sono grandi spazi di innovazione; la seconda è che tale innovazione difficilmente sarà prodotta dagli attuali attori.

Ovviamente, la mia è una visione ancora molto parziale di questo mondo, ma non penso di sbagliare proponendo alcune considerazioni sulle cose che mi sono saltate all’occhio. La prima cosa che mi ha colpito è il fatto che la maggior parte dei supermercati hanno un’enorme difficoltà a usare i dati raccolti tramite i programmi di loyalty per produrre in modo sistematico delle offerte personalizzate, come fanno i siti di e-commerce. Nonostante le tecnologie utilizzate da aziende come Amazon siano di dominio pubblico, non sono ancora riuscito a trovare qualcuno che abbia dimestichezza con cose come i sistemi di raccomandazione basati sul collaborative filtering. Ossia quegli algoritmi che analizzano la storia degli acquisti di un cliente e sono in grado di suggerirgli nuovi prodotti o di fargli avere degli sconti personalizzati.

Penso di poter dire che il passaggio a sistemi di profilazione dei clienti più sofisticati di quelli attuali non è solamente una questione tecnologica, ma di cultura del settore. Mentre prendevamo un caffè, il direttore di una grande catena mi ha detto scherzando: «il problema è che il nostro target è cani e porci da 0 a 99 anni, perché in un supermercato entrano tutti». Questa battuta aiuta a capire la propensione ad adottare soluzioni low-tech come il volantino carteceo, il coupon stampato al momento del check out e via di seguito. In altri termini, a spingere poco sui canali digitali come strumento di relazione con i clienti.

Si tratta di un ragionamento pericoloso, soprattutto in un mercato in veloce movimento. Perché, se è vero che la pensionata continuerà a sfogliare il volantino recapitato nella cassetta della posta, è altrettanto vero che un quarantenne cercherà una soluzione alternativa. Non solo: se ha maturato un minimo di sensibilità verso le tematiche ambientali, penserà che questa tecnica promozionale sia uno spreco al limite del tollerabile. Nel mio piccolo, ho fatto una veloce indagine empirica tra i miei coetanei: si tratta per lo più di persone che lavorano nel terziario avanzato o nella pubblica amministrazione. Senza avere pretese statistiche, ho registrato che la maggior parte di loro già sfoglia i volantini in formato pdf. Qualcuno consulta anche siti come Klikka Promo, Risparmio Super o Dove Conviene, nonostante l’esperienza utente che offrono sia veramente terribile. Ovviamente, quasi tutti tendono a fungere da “mediatori tecnologici” per cercare di avvicinare i propri genitori ad apparecchi come i tablet e gli smartphone, che sono oggetti accessibili anche agli anziani. Io stesso, ho aiutato mia madre settantenne a comprare regali di natale e costumi di carnevale su Internet, semplificandomi la vita e risparmiando almeno il 30% rispetto a quanto avrei speso in un negozio di giocattoli o in un ipermercato.

Mentre il mondo del commercio elettronico cresce senza sosta, la stragrande maggioranza della Gdo considera il volantino in formato pdf quasi una conquista tecnologica. Non solo: ho avuto la netta sensazione che, per il direttore marketing, assolva a una funzione più psicologica che pratica, in quanto consente di archiviare la pratica delle promozioni online in modo rassicurante. Infatti, se da un lato, non si può non avere le promozioni sul sito del supermercato, dall’altro, cosa c’è di più semplice di esportare un file pdf e pubblicarlo? Il risultato è che l’investimento dedicato al web rimane una frazione infinitesima dei soldi che vanno alla tipografia per stampare milioni su milioni su milioni di pezzi di carta.

Insomma, l’idea che mi sembra pervadere il mondo della Gdo è questa: poiché il target è generalista allora lo strumento deve essere analogico. E non si capisce proprio perché visto che oltre la metà della popolazione italiana usa Internet e che, di questi, praticamente tutti hanno un account su Facebook.

E qui veniamo alla seconda considerazione: i supermercati subiranno l’innovazione, invece di abbracciarla. Il motivo è semplice e risiede nel modo con cui un gruppo di persone adotta le nuove tecnologie.

All’inizio, le novità interessano sono gli innovatori, quelli che devono sperimentare tutto ciò che c’è di nuovo. Questa piccola porzione di consumatori è preziosa, perché è appassionata e aiuta chi produce un prodotto o un servizio a perfezionarlo e renderlo più aderente ai bisogni espressi dal mercato. Dopo la primissima fase di sperimentazione, le novità arrivano nelle mani degli early adopters, ossia quelli a cui piace far vedere di essere sempre aggiornati. E poi seguono tutti gli altri: la maggioranza e i ritardatari.

Oggi, gli innovatori e gli early adopter rivestono un ruolo particolare per ogni azienda perché sono i consumatori disponibili a costruire una relazione più approfondita con l’organizzazione, fanno da tester per la sperimentazione di nuovi prodotti e nuovi servizi, influenzano le decisioni di acquisto di amici e parenti.

E’ evidente che un’azienda concentrata esclusivamente sui bisogni della maggioranza e sui ritardatari, non solo livella la propria comunicazione verso il basso (forse è anche per questo che i volantini promozionali sono di una bruttezza grafica scoraggiante), ma lascia completamente inutilizzato il potenziale di quella fascia di consumatori che sarebbe disposta ad adottare nuove modalità di relazione e, in prospettiva, nuovi modelli di commercio, in cui l’acquisto e la consegna della merce è supportato da strumenti digitali.

Non voglio citare le sperimentazioni di Tesco in Corea e in Inghilterra, perché ormai sono un fatto acquisito. Trovo più intriganti servizi come l’inglese mySupermarket.co.uk e l’americana Instacart. Il primo permette di fare una lista della spesa che viene smistata verso i sistemi di e-commerce di più supermercati per la consegna a domicilio. I risparmi sono notevolissimi. Il secondo è ancora più interessante perché è un servizio che ti mette a disposizione un personal shopper, che fa la spesa al posto tuo (bypassando completamente il supermercato): la novità è che sono talmente bravi nell’ottimizzazione che riescono a consegnare la spesa in 3 ore per 4 dollari.

Questi servizi, mentre i direttori marketing della Gdo discutono di grammature e carta migliorata, si accaparreranno la relazione con la parte più attiva e alto spendente dei consumatori: quelli che escono tardi dall’ufficio, quelli che preferiscono spendere 4 dollari per recuperare un’ora in più da trascorrere con i propri figli, quelli che non hanno voglia di mettersi in fila alla cassa mentre la pensionata cerca gli spicci nel portafogli e recupera i bollini (i bollini!) da attaccare sulla scheda della raccolta punti.

Questo signore sta esagerando, direte voi. Forse! Però negli ultimi quindici anni ci sono stati interi settori che sono stati travolti dall’ingresso prepotente del digitale e la cui geografia è radicalmente cambiata. E non solo perché l’oggetto della produzione è diventato digitale, come l’industria dei contenuti. Basti pensare all’elettronica di consumo, oppure a un’azienda come Kodak che ha negato per anni l’evidenza sostenendo che la fotografia digitale era una moda passeggera e che alla fine ha dovuto portare i libri in tribunale.

Eppure, a me sembra evidente che si tratta di una resistenza futile. Chi si è crogiolato nell’illusione di poter resistere a quest’epoca di continui cambiamenti cercando il confronto di un’effimera coperta di Linus, ha visto nuovi attori occupare gli spazi che aveva lasciato scoperti. Non mi sorprenderei se, nei prossimi anni, anche un settore così tradizionale subisse qualche deciso scossone.

Post Scriptum. Non date mai retta ai potenziali investitori e non fatevi suggestionare. Sono loro che devono salire a bordo della vostra visione e non viceversa.