Ospito con piacere il resoconto che Giorgia Guasti, studentessa del master in comunicazione di impresa del Centrostudi Comunicazione Cogno & Associati ha dedicato all’incontro del 12 febbraio, cui ho partecipato in veste di relatore.
Nell’ambito della programmazione di seminari speciali organizzati dal Centrostudi Comunicazione Cogno & Associati, la mattinata del 12 febbraio è stata dedicata a due interessanti relazioni: Come e perché la rete scardina le certezze del mercato discografico, di Giancarlo Currò e relativa alle modificazioni dell’industria musicale in seguito all’avvento di Internet, e Passaparola e consumer generated media, di Nicola Mattina, incentrato sui blog e sull’impiego di questi come possibile ulteriore strumento di comunicazione per le imprese e per i consumatori. Sebbene incentrate su temi diversi, entrambe le relazioni hanno condiviso un fondamentale aspetto: il crescente impatto che Internet sta avendo su diversi mercati, nel B2B come nel B2C, e sulla vita dei singoli individui, modificando e ampliando le occasioni e le modalità di consumo e di comunicazione.
Musica e Internet: non tutti i mali vengono per nuocere
Giancarlo Currò, web content manager di professione ma critico musicale per passione, ha ripercorso, durante la sua coinvolgente relazione, il controverso rapporto tra Internet e il mercato discografico, senza però limitarsi ad indicare la rete come unico responsabile della forte crisi che questo sta attraversando, ma illustrando come essa stessa ne costituisca una valida via d’uscita.
Il mercato della musica infatti si trova, a livello globale, in un periodo di notevole difficoltà: sebbene le revenues complessive valgano circa 32 miliardi di dollari, calcolati su 2,7 miliardi di pezzi venduti, le vendite di cd, singoli, album e novità, registrano un calo costante, sia a valore che a volume, mentre l’occupazione nel settore segna un preoccupante -20%. In Italia, nel primo semestre del 2004, rispetto allo stesso periodo del 2003, sono stati persi ben 10,5 milioni di euro, vale a dire 1,5 milioni di pezzi venduti in meno. All’origine della crisi vi sono almeno due fattori fortemente correlati: il costante aumento dei prezzi di vendita e la pirateria online.
Nonostante l’avvento delle tecnologie digitali abbia comportato un notevole abbassamento dei costi di produzione per i supporti musicali, il prezzo di album e singoli è notevolmente aumentato. Analizzando come un l’acquisto di un cd possa richiedere circa 20 euro, si scopre che per almeno il 45% si tratta di costi di distribuzione, senza calcolare l’IVA del 20% dato che, al contrario dei libri, il cd è ancora classificato come bene di lusso. Considerato il prezzo di vendita non si è poi tanto lontani dalla realtà! Ecco quindi che molti consumatori intraprendono iniziative illegali come il download di Mp3 via Internet.
Stando ai dati forniti dalla Ifpi, aggiornati al gennaio 2005, i brani musicali illegalmente presenti sul web ammontano a circa 870 milioni. Una cifra impressionante che fornisce una chiara idea delle dimensioni che la pirateria musicale online ha assunto nel giro di pochi anni, più precisamente da quando sono comparsi i due principali strumenti che hanno dato vita al fenomeno: l’Mp3 e Napster. Nel primo caso si tratta di un sistema di compressione dei file musicali che permette di eliminare suoni a frequenze poco o per nulla percettibili dall’uomo, quindi superflui alla registrazione e alla riproduzione della musica, consentendo così di realizzare file meno pesanti dei comuni audio standard. Napster, invece, creato da Shawn Fanning nel 1999, consiste nella prima rete peer to peer per la condivisione di Mp3, cioè una struttura di comunicazione in cui ogni individuo interagisce direttamente interfacciando un server centrale, senza sottostare a una gerarchia. La semplicità del sistema, la gratuità del software e l’ampio numero di file scaricabili, hanno contribuito a far si che la rete di Napster raggiungesse dimensioni globali: nel 2001 erano circa 65 milioni gli individui che, in tutto il mondo, si connettevano contemporaneamente ad Internet per scambiarsi illegalmente brani musicali. Le dimensioni assunte dal fenomeno hanno portato allo sviluppo di numerosi software che, sulla scia di Napster, consentono la condivisione di file tra gli utenti ma che ne sostituiscono il modello centralizzato(client/server) con un uno distribuito (client/client), cioè che, non prevedendo l’utilizzo di un server ma solo di relazioni tra singoli nodi , rendono il network potenzialmente inarrestabile.
Nel reagire al fenomeno, l’industria discografica ha prevalentemente cercato di bloccare la diffusione di Mp3 via Internet tramite il ricorso alle autorità giudiziarie, senza riuscire a vedere le opportunità che in realtà la rete offre. L’industria delle major può e deve ridarsi energia, puntando ad arrivare direttamente al consumatore, a scapito della distribuzione che può essere ridimensionata, cioè ripensata in senso materiale o immateriale: affidandosi alla vendita online del prodotto finito, oppure consentendo il download del brano e lasciando i costi di produzione (masterizzazione del cd, stampa della copertina…) al consumatore stesso. Internet ha effettivamente avuto un fortissimo impatto sulla discografia, ma non necessariamente ciò deve essere visto in senso negativo, bensì come una sfida per il mercato discografico a ricercare nuovi modelli di business che consentano la redditività, che promuovano e favoriscano l’acquisto e che diano alla musica il suo valore.
Non si può negare che in realtà questo stia già avvenendo e due sono i business model finora individuati: il primo che attribuisce valore alla musica, cioè al prodotto, ovvero stabilendo un prezzo per i file audio messi in rete; il secondo che non attribuisce valore direttamente al prodotto musica, ma ai servizi che ne derivano. Quest’ultimo sembra essere quello più promettente tanto che è stato applicato dai principali player del settore i quali hanno dato vita a soluzioni come iTunes, Msn, il “redento” Napster, Rhapsody, Connect e Virgin Digital. Sono inoltre numerosi i segnali che arrivano dal mercato: Vodafone ha annunciato che entro il 2006 i contenuti audio/video del portale Vodafone Live! saranno fruibili su 10 milioni di telefonini 3G abilitati al download completo di canzoni; Napster e Microsoft si sono ufficialmente alleate contro iTunes di Apple e Shawn Fanning ha appena annunciato la realizzazione di SNOCAP, sistema che permette la condivisione musicale on line nel rispetto dei diritti di autore.
Infine, anche per indicare che il mercato discografico italiano non è escluso da tale giro di vite, va segnalato il “caso” di Elio e Le Storie Tese che, nel 2004, hanno fondato Hukapan Srl, società controllata direttamente dal gruppo che opera come produttore ed editore indipendente per conto delle attività “post-discografiche”. Tra le iniziative intraprese vi è proprio una totale riorganizzazione della distribuzione che si avvale ora di e-shop e del sito internet del gruppo, con il supporto della vendita itinerante di cd durante i concerti e dell’outsourcing per i punti vendita discografici.Caro diario elettronico…
Nicola Mattina, esperto di comunicazione d’impresa e di nuovi media, ha dedicato la sua relazione a un nuovo strumento “below the web” che sta prendendo sempre più piede tra gli utenti di Internet: il blog. Si tratta di una sorta di diario elettronico, uno spazio virtuale gestito autonomamente che consente di rendere pubbliche, in tempo reale, notizie, informazioni e opinioni proprie. Uno strumento che ben si presta alla definizione di “consumer-generated media”, vale a dire di una fonte di contenuti, creati o promossi dal consumatore, con l’obiettivo di condividere notizie relative ad un brand o a un prodotto. Un blog può infatti essere dedicato ad una passione, un hobby, al semplice racconto della propria vita, ma molto spesso può essere incentrato su un’azienda o su un particolare prodotto. E’ evidente a questo punto l’interesse che questo strumento può suscitare nel campo della comunicazione: così come una catena di Sant’Antonio che denuncia un’azienda, un sito personale che si schiera contro l’uso di un prodotto o più semplicemente la confidenza di un amico e il parere di un familiare, il blog può essere all’origine di interessanti dinamiche di passaparola. Alcuni esempi in questo senso sono dati da Pete Blackshaw che su http://hybridbuzz.blogspot.com/ esprime tutta la sua insoddisfazione per l’automobile acquistata, una Hybrid Honda, sebbene avesse creato il blog con l’intenzione opposta. Le affermazioni di Blackshaw sono finite addirittura su Newsweek Magazine che le ha pubblicate in un articolo relativo alla reale funzionalità delle hybrid car.
Come è noto, il passaparola è una delle dinamiche maggiormente appetibili in fatto di comunicazione per le aziende, nel caso infatti in cui veicoli informazioni positive circa un brand o un prodotto, si tratta della migliore forma di pubblicità a costo zero. Tuttavia riuscire a porsi a monte di tale dinamiche non è così semplice. L’impiego dei blog anche a livello di corporate potrebbe rappresentare una nuova opportunità a tal fine, questo a patto che non si cada in grossolani errori come la creazione di diari elettronici palesemente finti, è il caso di McDonald, che potrebbero finire con l’ottenere risultati assai negativi.
Nonostante da più parti venga ribadita l’utilità che tali strumenti possono avere per la comunicazione d’impresa, ad esempio per posizionarsi nei motori di ricerca, potenziare la relazione con i media o stimolare la collaborazione interna, vanno comunque considerati due aspetti: il primo è emerso durante il dibattito che ha seguito la relazione ed è relativo alla credibilità che i blog possono avere presso gli stessi utenti, criticità questa a cui non è ancora stata data una risposta soddisfacente. In secondo luogo, non va dimenticato che Internet è di fatto un media soggetto ad un’evoluzione continua che implica la veloce sostituzione di contenuti e strumenti spesso di grande successo, senza che ne rimanga traccia in quanto velocemente rimpiazzati da nuovi che ne cancellano la memoria. E’ opportuno chiedersi se i blog saranno in grado di maturare ed evolversi in parallelo con la rete o se saranno l’ennesima vittima della sua perenne trasformazione.