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Resoconto di un sabato da Cogno Associati

Ospito con piacere il lungo resoconto che Tiziana Daddato, studentessa del master in comunicazione di impresa del Centrostudi Comunicazione Cogno & Associati ha dedicato all’incontro del 12 febbraio, cui ho partecipato in veste di relatore.

Si è svolto presso il Centrostudi Comunicazione Cogno & Associati il primo dei due incontri di aggiornamento professionale (il secondo è previsto per il 5 Marzo), aperti ai soci Ferpi.
La giornata è iniziata con l’intervento di Giancarlo Currò Il potere del mezzo. Come e perché Internet scardina le certezze del mercato discografico. Siamo partiti da un assioma: l’introduzione di Internet ha scardinato le certezze del processo produzione-distribuzione-consumo di materiale musicale, creando non pochi problemi nel mercato discografico che, pur essendo fiorente e dinamico, sta vivendo un momento di crisi. Il suo prodotto, infatti, ha ormai raggiunto la piena maturità.
A sostegno di quanto appena detto, Giancarlo Currò ha riportato i risultati emersi da un indagine della Fpm (Federazione contro la Pirateria Musicale): l’80% degli italiani dichiara che la musica ha un ruolo importante nella propria vita; nonostante ciò, il 50% crede che non ci sia nulla di illegale nell’acquisto di Cd falsi e il 30% dichiara di possedere almeno un Cd musicale masterizzato.
Dal 2003 al primo semestre del 2004, si è registrato un forte calo nel mercato dei supporti musicali con una perdita del 7% in termini di significato economico e del 14% in termini di pezzi venduti. Al contrario è notevolmente cresciuto il settore del dvd con 700.000 pezzi venduti per un valore di 9 milioni di euro.
Ma cosa provoca un crollo così forte? Forse i prezzi dei Cd? E perché i prezzi continuano a crescere in maniera esponenziale nonostante l’introduzione delle nuove tecnologie abbia reso più economico il processo di produzione?
Gli anelli della catena musicale sono 3: il creatore (autore, interprete), il mediatore (editore, casa discografica), il canale (distributore, venditore).
Il prezzo di un Cd (netto tasse) è determinato per il 55% dall’autore, dall’interprete e dal mediatore, e per il 45% dalla distribuzione. Inoltre, se si confronta l’IVA applicata ad un Cd (20%) rispetto a quella applicata ad un libro (4%), si può considerare il Cd come un bene di lusso.
L’industria delle major mira ad arrivare direttamente al consumatore allo scopo di ridimensionare i costi di distribuzione. Per raggiungere questo obiettivo si prospettano due soluzioni: distribuzione materiale on-line; distribuzione immateriale on-line (con l’abbandono del prodotto fisico).
Entrambe le soluzioni presentano pro e contro. Se da un lato, la prima consentirebbe una distribuzione capillare, dall’altro potrebbe portare ad una perdita di controllo. La seconda, invece, potrebbe condurre alla diffusione di copie non autorizzate o ad una riduzione del consumo al singolo brano (con un conseguente calo nella vendita di album interi), e allo stesso tempo potrebbe favorire l’espansione del mercato con la nascita di nuovi modelli di business.
Alcuni esempi sono già sotto i nostri occhi: l’iTunes di Apple, presente in 15 paesi e che al mese di gennaio 2005 ha venduto 230.000.000 di brani musicali; il suo diretto concorrente, Msn di Microsoft, presente in 20 paesi; la seconda versione di Napster (pioniere del file sharing) pronto a sbarcare in Europa; Connect, lanciato dalla Sony; Raphsody e Virgin Digital, ad oggi presenti solo negli Usa.
La musica, come prodotto dell’ingegno, ha un valore. Di qui l’esigenza di distinguere tra modelli che le attribuiscono tale valore e modelli che non lo fanno. Tra i primi rientrano il subscription model (prevede il pagamento di un canone), il pay per download (un sistema poco sicuro perché è impossibile sapere cosa ne farà l’utente del file scaricato), il pay per listen (poco diffuso perché poco conveniente) e il pay per rental (vende l’utilizzo del file per un periodo di tempo determinato o per un ascolto limitato a un certo numero di volte). Tra i modelli che distribuiscono musica gratuitamente sminuendone il valore, Giancarlo Currò ha citato l’Internet mail order, l’equity model, l’advertising model e il dataminig model.
A conclusione del suo intervento, Giancarlo Currò si è soffermato sull’impatto del download illegale sul mercato discografico dal momento che sulla rete sono presenti circa 870.000.000 di file musicali illegali e che solo 1 cittadino europeo su 7 scarica musica on-line utilizzando i modelli di business. Da un’indagine Forrester risulta che il 54% degli intervistati è indifferente di fronte al download di pezzi pirata e che l’acquisto di musica è diminuito per il 36% e cresciuto solo per il 10% degli intervistati.
Un’ultima riflessione: prevedendo che Internet sarà presto il principale mezzo di diffusione della musica (legale e illegale), come arginare il forte calo che si continua a registrare nel mercato discografico? Giancarlo Currò è deciso: c’è solo una soluzione. Le case discografiche devono far sì che la musica venduta attraverso la rete sia più economica e user friendly rispetto a quella offerta dai siti pirata.
Il secondo intervento è stato quello di Nicola Mattina (Il passaparola e la nascita dei consumer-generated media) che ha iniziato ricordando ai presenti la definizione di utente data da Howard Rheingold. L’utente è colui che forgia i media e si distingue dal consumatore che si limita ad usarli passivamente. Gli utenti agiscono e con la loro attività possono partecipare alla creazione o al miglioramento di un prodotto. È la crescente partecipazione degli utenti attraverso la rete che ci porta a parlare di consumer-generated media, ossia una varietà di fonti di informazione create, promosse, diffuse da consumatori e destinate ad altri consumatori. Un esempio è fornito dal blog, una nuova categoria di media, il cui successo è la testimonianza di una tendenza sempre più diffusa. Nel prendere una decisione d’acquisto, i consumatori si fidano più delle opinioni di amici e parenti che dei messaggi pubblicitari sempre più numerosi e invadenti. È il passaparola, quindi, il primo passo verso il consumer-generated media. La rete, con il blog, non ha fatto altro che amplificare questo scambio di opinioni rendendolo più semplice e rapido.
Naturalmente il blog può essere utilizzato come strumento di comunicazione interna ed esterna anche da un’organizzazione. In questo caso si parlerà di corporate-generated media. Affinché ciò sia possibile, deve esistere un modello di comunicazione simmetrica a due vie (come teorizzato da James Grunig che, a differenza degli altri modelli in uso nelle rp, prevede un vero e proprio dialogo tra l’organizzazione e i suoi pubblici.
Al termine del suo intervento, Nicola Mattina ha sottolineato come il blog possa trasformarsi in una minaccia per l’organizzazione in quanto pone un problema non trascurabile: il problema della credibilità. Infatti, non esistono strumenti o meccanismi che aiutano a capire con certezza quanto un’opinione sia vera o meno. Nonostante ciò, secondo un’indagine della Intelliseek il 60% degli utenti considera attendibili i pareri lasciati on-line da altri utenti. Non resta altro da fare che fidarsi.