Labìco (con l’accento sulla i) è un paesino lungo la via Casilina a circa 30 km Roma. In questo borgo c’è il ristorante di Antonello Colonna: una sala all’insegna della semplicità con circa trenta coperti cui si accede tramite uno scenografico portone rosso. Non so perché, ma mi ero fatto l’idea che avrei mangiato in un casale: invece si tratta della fiaschetteria del nonno, un locale aperto da oltre 13o anni.
Il 22 maggio 2005 siamo in sette: cinque adulti, una bambina di otto anni e una neonata nella sua carrozzina. Personalmente sono un po’ intimorito ed emozionato: Antonello Colonna è considerato uno dei migliori chef del mondo, le recensioni che ho letto sono tutte eccellenti ed è la prima volta che mi siedo alla tavola di un guru della cucina. I miei commensali, invece, sono di casa dal principe di Labìco e sono molto più rilassati.
Il menu degustazione, introdotto da un raviolo di piccione in zuppetta di cipolle, è composto di cinque portate più avant-dessert, dessert e piccola pasticceria.
Polpetta di baccalà mantecato e farina di ceci fritta
Stufato di verza, caciotta fresca, lardo e funghi
Gnocchi di patate, carciofi e aringa affumicata
Tortello di castrato, timo e patate
Petto d’anatra e gnocchi alla romana
Antonello Colonna ci assiste nel corso della degustazione e ci offre qualche indicazione su come affrontare i piatti: è una persona gioviale e loquace con un marcato accento romanesco.
Tra una chiacchiera e l’altra, le portate si susseguono in un crescendo di godimento e sorprese per il palato. Questa cucina è senz’altro diversa da quella cui sono abituato: un discorso di sapori con tanti accenti differenti. Occorre fare attenzione, altrimenti si rischia di perdere qualche tono o di sottovalutarne altri.
Al termine del pranzo ci intratteniamo con lo chef sul portone del ristorante, come se fosse ancora una fiaschetteria. Dall’altra parte della strada, a un balcone al primo piano, stanno affacciati il padre e la madre di Antonello; passano alcuni paesani che salutano con familiarità e il comandante dei carabinieri che prenota una cena da regalare alla figlia e al futuro genero.
Quest’atmosfera mi piace molto: se non fossimo nel 2005, direi che siamo finiti in un film di De Sica. E poi, quasi non c’è il rumore del traffico: passa solo una macchina ogni tanto. Peccato che alle 17:00 si debba tornare a Roma.
3 Responses
Non è che non apprezzi la poesia… ma per completezza d’informazione: quanto avete pagato?
Il menu degustazione costa 90 euro escluso i vini. In una recensione su Tigulliovino.it, dicono che venga applicato un ricarico del 100% sul prezzo all’enoteca, il che mi sembra adeguato considerato il locale.
Il sommelier propone una selezione di etichette regionali che smentisce la convinzione generalmente diffusa che nel Lazio si producano solo vini bianchi di poca qualità . In particolare, mi è rimasto impresso un bordeax prodotto dal Casale del Giglio (peccato che il sito sia in costruzione, altrimenti ti saprei dire con esattezza il nome).
C’ero anch’io. Nicola ha saputo descrivere alla perfezione l’ambiente e l’esperienza. Posso solo aggiungere che, nonostante il rigore del progetto-pranzo, l’atmosfera era amichevole nonostante l’eleganza che contraddistingue locali di questo livello. Insieme ad Antonello, Angela, che ci ha annunciato e descritto ogni portata, con la gentilezza di un’amica e la sicurezza di una madre. Complimenti a tutto lo staff!