Il genitore e il suo nemico

Il Corriere della Sera del 15 maggio 2006 dedica un’intera pagina (la 25) ai metodi adottati dai Vip per “educare” i propri figli. Si parte da Gwynet Paltrow e Madonna per arrivare alle nostrane Nancy Brilly, Milly Carlucci e Maria Teresa Ruta. Non mancano cenni ai metodi di Montessori, Spock, Brazelton, Steiner e alle nuove super tate americane e inglesi: dall’inflessibile Gina Ford, alla più morbida Penelope Leach, senza dimenticare Rachel Waddilove, tata della coppia Paltrow-Martini.
L’articolo esordisce con i suggerimenti di quest’ultima bambinaia: “mai cullare il bimbo per farlo addormentare: il neonato va messo nella culla sveglio. Piangere per venti minuti poi non gli fa male”. E via dicendo con tanto di ammonimenti per i danni che un atteggiamento troppo morbido potrebbe causare alla creatura in età adulta. Alice Miller definirebbe questa “pedagogia nera”.
Il problema, a quanto pare, è rappresentato essenzialmente dalle richieste dei piccoli: la risposta è insegnare loro che non possono essere esaudite. Il pargolo diventa un antagonista che va gestito e irreggimentato. Le regole servono essenzialmente a mettere tranquilli i genitori ed evitare loro la “tirannia” di un essere che, non avendo ancora sviluppato il ragionamento, si affida all’istinto. E l’istinto dice che l’assenza della mamma significa assenza di cibo e protezione ossia, in altri termini, rischio per la propria vita. La natura ci ha programmato per sopravvivere e le possibilità di sopravvivenza di un neonato stanno nelle sue corde vocali, nella capacità di strillare forte e di segnalare la sua presenza, invocando l’attenzione delle persone che si devono prendere cura di lui.
La risposta a questo bisogno di accudimento è paradossalmente l’abbandono: si mette il bambino nella culla da sveglio, magari gli si spegne la luce, e lo si lascia nel nulla attendendo che si addormenti per sfinimento: complimenti per la pensata. Certo, in questo modo, dopo una settimana o due, il bambino si rassegna al suo destino e abbiamo raggiunto un grande obiettivo: finalmente non rompe più le scatole e possiamo andare tutti a letto tranquilli. Il passo successivo sono gli psicofarmaci. Le case farmaceutiche hanno già inventato la sindrome: si chiama Attention Deficit Hyperactivity Disorder e si cura con il Ritalin 🙁
Ha ragione Paolo Crepet quando dice che la nostra è una società che odia i bambini.

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6 Responses

  1. D’accordo che la nostra società occidentale forse non ama particolarmente i bambini, anche se a me sembra che non ami particolarmente l’uomo in generale. E secondo me non ama neanche tanto questi vati Crepet-style, profeti di sventura, affondati nelle loro poltrone da Bruno Vespa.

  2. Neanche io amo molto Crepet e non mi piace la sua aria da saggio che sa tutto né il suo presenzialismo mediatico. Tuttavia, concordo con alcune sue posizioni.

  3. Ma l’amore per i figli? Che fine ha fatto? Che razza di modo di ragionare…
    Comunque molto interessante il tuo blog, un vero peccato che aggiorni poco spesso.
    gls

  4. Il metodo di qualche popolo indiano d’America era molto simile… le donne per partorire si allontanavano dal villaggio, partorivano _da sole_, poi lasciavano il bambino qualche tempo (mi sembra di ricordare qualche *giorno*, ma sarebbe strano) appeso in una sacca _da solo_. Quando aveva smesso di piangere tornavano e se lo riportavano a casa. Così come non ricordo bene i dettagli, non ricordo molto bene il *perché*.

    Comunque sì, in un mondo in cui diventare adulti è meta sempre meno ambita, avere e avere cura dei figli in modo maturo e consapevole sta diventando miraggio.

  5. Il problema di questi articoli è che hanno titoli sbagliati. Basta cambiare il punto di vista da ‘come educare i figli’ a ‘come fare i genitori senza perdere troppo tempo’, dopodiché la logica è ristabilita.

    Chiunque di noi ha bambini sa che il pianto – specie quello dei neonati – è fisicamente insopportabile. Poi la scelta è: passare del tempo con loro abbracciandoli e rassicurandoli oppure passare del tempo a letto, svegli, con gli occhi sbarrati, a darsi rassicurazioni sul proprio rigoroso metodo educativo.

    Può darsi che mio figlio sia viziato o che i miei metodi siano deplorevoli, però non rinuncerei per nulla al mondo al contatto fisico, agli abbracci, alle coccole da vetero mamma italiana!

  6. Francesca, sono assolutamente d’accordo con te e sono contento che anche la mamma di mia figlia sia una vetero mamma italiana 🙂