Per un divertente gioco del caso:
- ieri, su Nova 24, Luca Conti pubblicato un articolo sui convegni che si tengono on line o che usano la Rete come strumento per favorire la fruizione e la partecipazione (le cosiddette unconference);
- oggi, sempre Luca, mi invita ad assistere al convegno I nuovi attori dell’informazione. Come cambia la produzione delle notizie tra la stampa online e i blog tramite Stickam;
- il 20 ottobre, Sergio Veneziani sul blog di Edlman Italia lamenta che Il convegno non comunica più;
- recentemente ho preso parte a due skypecast;
- sempre più spesso mi capita di guardare su Google Video o You Tube seminari tecnici registrati principalmente nella Bay Area;
- ieri e oggi, mapoassociati (la mia boutique di consulenza di comunicazione e nuovi media) ha fatto la telecronaca di un seminario di Ebitemp sul blog dell’ente.
Vi propongo qualche riflessione in ordine sparso:
- a me sembra che i convegni siano principalmente un’occasione per incontrare delle persone (magari avendo la fortuna di ascoltare delle cose interessanti). Chi va ai convegni lo fa per alimentare il proprio network sociale, per farsi vedere in un determinato circolo, magari per farsi ascoltare. L’aspetto relazionale è essenziale;
- contenuti interessanti ormai se ne trovano tantissimi (siamo nell’era dell’informazione) e non è necessario andare a un convegno per ascoltarli. D’altro canto, se un’informazione è rilevante è sciocco relegarne la trasmissione a un solo evento: vale sicuramente la pena ricorrere a tutte le occasioni possibili di diffusione e nessuno strumento può concorrere con il web in quanto a convenienza, immediatezza e completezza;
- i convegni si tengono per lo più in orario di lavoro (la mattina, se è auspicata la presenza di qualche volenteroso giornalista) e, spesso, in luoghi difficilmente raggiungibili. Il fatto che un seminario si tenga – ad esempio – nel centro di Roma è un motivo più che sufficiente per scoraggiare molti potenziali utenti;
- non è detto che un evento di nicchia raccolga un numero sufficiente di persone interessate nell’area geografica in cui si svolge. Ad esempio, in una città grande come Roma esiste un solo cinema in lingua inglese eppure c’è sicuramente un numero rilevante di anglofoni. Nella stessa città , il seminario sul lavoro in somministrazione che abbiamo bloggato ha raccolto una platea di poco superiore alle cento persone, di cui una buona parte provenienti da fuori città .
Insomma, a mio avviso vale la pena organizzare un convegno per far incontrare delle persone (e allora l’evento deve essere pensato in questa direzione) e – se l’argomento non è solo è solo un pretesto – è opportuno distribuire il contenuto tramite web per raggiungere tutti coloro che sono interessati ai contenuti, ma per i quali il costo della partecipazione è superiore al vantaggio ottenuto. Voi che ne pensate? Scrivetelo pure nei commenti…
3 Responses
Steve Rubel sostiene che al partecipazione a Gnomedex è cresciuta sensibilmente dal 2005 al 2006 anche perché l’evento è stato molto bloggato: http://www.micropersuasion.com/2006/10/should_conferen.html
Ciao Nicola,
concordo con le principali affermazioni che fai riguardo ai convegni: pochi contenuti innovativi, molta autoreferenzialità dei relatori e la sensazione di tanto tempo perso.
La giornata viene tipicamente salvata da incontri relazionali per lo più casuali e non programmati.
Complimenti per l’evento che avete realizzato: vedere l’utilizzo di Flikr e di Slideshare su di un convegno così istituzionale stupisce e sembra davvero un bel segnale.
Saluti
G.
sono completamente d’accordo. L’utilità dei convegni oggi riguarda proprio la possibilità di incontrare de visu alcuni colleghi con i quali, magari, impostare un lavoro a distanza. E’ vero che in alcuni casi si scade nell’autpreferenzialità , nel citarsi a vicenda ecc. però è anche vero che si riesce a fare facilmente la selezione di ciò che interessa. Informazione e documenti sul web. Ma idee e dialogo guardandosi negli occhi. Ancora e ancora.