Edelman Top of the Blogs: considerazioni e perplessità

La conferenza Top of the blogs che Edelman e Technorati terranno domani a Milano si presta ad alcune considerazioni preventive (proporrò un consuntivo domani pomeriggio, dopo aver partecipato allo Skypecast).

Gli influenti e loro credibilità
Il sottotitolo della conferenza è “Gli influenti della blogosfera”. Si tratta di un dettaglio importante perché aiuta a inquadrare l’approccio. Secondo il manuale di Emanuele Invernizzi (adottato nei corsi della Ferpi):

La professione delle relazioni pubbliche, che si avvale di competenze specifiche, è costituita da un in insieme di attività il cui obiettivo generale è di comunicare per informare e per influenzare l’opinione pubblica e i pubblici influenti al fine di creare benevolenza, in un clima di comprensione reciproca tra l’organizzazione e i suoi pubblici.

La definizione ci aiuta a capire perché ai relatori pubblici interessano i blogger (sono considerati influenti) e allo stesso tempo produce qualche dubbio sull’utilità della lista di Technorati. Per almeno due motivi:

  • pare che ci sia un assunto (mutuato dal concetto di pagerank di Google), ossia che il numero di link in ingresso verso un blog ne rappresenti le potenzialità di influenza. Più di una persona ha fatto notare che alcuni dei nomi presenti nella lista corrispondono a designer che producono template e che quindi firmano le proprie opere a pie’ di pagina con un link: questo non li rende influenti;
  • si è influenti con riferimento a un argomento e non tout-court, tanto è vero che una delle attività che fanno i relatori pubblici è capire quali sono gli influenti a cui rivolgersi e in che termini. Questo vale anche per i giornalisti: non ha molto senso chiedere a Bonilli del Gambero Rosso di parlare di mercato azionario. Non sarebbe credibile.

La coda lunga e il mondo delle nicchie
Internet cambia radicalmente i modelli di distribuzione che conosciamo, soprattutto nei settore in cui il bene da trasferire può essere codificato in formato digitale, come l’informazione.
Nel mondo senza Rete, il maggiore ostacolo che incontra il trasferimento di un messaggio da una fonte a un ricevete è rappresentato dai costi di distribuzione. I media tradizionali hanno delle strutture industriali che richiedono ingenti investimenti. Di conseguenza ci sono pochi editori ed è possibile veicolare pochi messaggi alla volta. I vincoli imposti dal mercato ci hanno convinto che la gente ha credenze e preferenze omogenee e che, quindi, accedendo ad alcuni “amplificatori” sia possibile modificare questo sistema di credenze e preferenze. Lo stesso ragionamento si può applicare ai beni non digitali: nel mondo senza rete, la scelta tra un prodotto e l’altro è limitata alla presenza del bene in un canale di distribuzione.
Volendo banalizzare: in Italia quasi tutti compriamo la Coca Cola perché l’azienda ha la capacità economica di distribuire messaggi attraverso i media tradizionali e controlla la distribuzione (come ha dimostrato il fallimento della One-o-One di San Pellegrino).
La blogosfera e aziende come Amazon (vendita di libri), Netflix (noleggio di Dvd) e Rhapsody (radio on line) mostrano che non è più così. Nel mondo con la Rete:

  • distribuire un’informazione ha un costo marginale e quindi tutti possono fare opinione o meglio diventare influenti per un pubblico anche piccolissimo. Chi mi conosce e sa che mi piace mangiare, mi chiede informazioni sui ristoranti. Ma ho anche un pubblico tra chi non mi conosce direttamente: i consumatori scontenti di Acer (provate a cerare assistenza acer con Google);
  • è possibile utilizzare dei sistemi automatici per rendere accessibile un’informazione pertinente. Lo fa Google con il proprio pagerank (funziona abbastanza bene, anche se sembra che cominci a perdere colpi) e lo fanno alcune aziende innovative con i propri sistemi di raccomandazione.

Secondo i dati raccolti da Chris Anderson, autore di The Long Tail, il 25% delle vendite di Amazon, il 21% dei Dvd noleggiati di Netflix e il 40% delle canzoni distribuite da Rhapsody è rappresentato da prodotti che non sono disponibili attraverso un tradizionale canale di distribuzone.
In altri termini, la Rete introduce un’economia basata sulle nicchie: influenti di nicchia e prodotti di nicchia, assistiti da sistemi software che li aiutano a collegare opinioni, prodotti e preferenze.
Se tutto ciò è vero, fa nascere un ulteriore dubbio sul tentativo di Edelman e Technorati di compilare una lista di influenti perché le top ten, per definizione, ignorano le nicchie, che possono rappresentare una parte assai considerevole di un determinato mercato: è così nel caso dei libri, dei film o della musica. Ed è lo stesso nel caso della blogosfera.

2 Responses

  1. Ciao Nicola,
    in qesto post dai davvero molti spunti di riflessione sia sulle relazioni pubbliche, sia a proposito del web. Probabilmente per affrontarli tutti ci vorrebbe molto più tempo di quello che avremo domani ma spero che le riflessioni che ne scaturiranno potranno aiutarci a portare in attivo il tuo bilancio 🙂
    A proposito, mi fa piacere vederti citare Emanuele Invernizzi è uno dei migliori professori che io abbia trovato in ambito universitario. E a proposito di ciò che dici sulle nicchie e Internet ti consiglio, se non lo hai ancora letto (ma probabilmente lo hai già fatto) “Information Rules” di Carl Shapiro e Hal Varian. Decisamente uno dei migliori libri che io abbia letto nell’ambito dell’economia dell’informazione.

    Anna

  2. Sono assolutamente d’accordo: la logia che soggiace alla compilazione di una top ten list é antitetica a quella che struttura le nicchie di mercato dei blog. E ritengo che proprio in questo risieda la forza della persuasuione dei bloggers: chi li “consulta” sa che sono una fonte affidabile proprio perché lontana dalle logiche di classificazione, top ten e dunque, in fondo, controllo. Immagino che qualora venisse stilata una top ten di bloggers, da parte di Ferpi o di qualsiasi altra realtà istutuzionale del settore, la readership dei blog citati si amplierebbe e nello stesso si trasformerebbe inevitabilmente. Probabilmente il blog verrebbe percepito dalle nichhie di mercato come una delle tante “testate”istituzionali. Come a dire: nel momento in cui Lei si trovasse ad essere segnalato come blogger autorevole per i suoi consigli da buongustaio, perderebbe un audience “alternative” ma acquisterebbe probabilmente i favori di chi consulta le guide acquistabili in edicola.
    A mio modesto avviso, l’influenza dei bloggers risiede nella forza della loro “comunicazione” (mi passi il gioco di parole) : il passaparola, il tam tam del web, le reti informali.
    …e a proposito: complimenti per il suo blog!!
    Silvia Onni