Ho partecipato alla conferenza di Edelman via Skypecast a intermittenza, un po’ per via di alcune incertezze di Skype e un po’ perché distratto da qualche telefonata. I dati presentati da Peter Hirshberg (chairman di Technorati) mi sono sembrati in qualche modo noti, probabilmente perché in parte sono quelli che pubblica David Sifry nella serie Lo stato della blogosfera (agosto 2006). Altrettanto note mi sono sembrate le case history. Tuttavia, non avendo visto le slide, potrei sbagliarmi. Per quello che ho sentito, invece, mi soffermo su tre punti.
Primo punto. Negli Stati Uniti, i top blogger sono ormai diventati mainstream e quindi competono direttamente con i siti realizzati da editori tradizionali. D’altro canto, i maggiori media statunitensi stanno adottando funzionalità caratteristiche della blogosfera, come i commenti, e hanno cominciato a ripubblicare contenuti provenienti dai blog più autorevoli o popolari. Insomma, c’è una zona grigia tra i media tradizionali e la blogosfera che è rappresentata dai blogger che hanno propensione verso l’editoria come impresa. A mio avviso queste persone occupano principalmente lo spazio dell’editoria specializzata e possono farlo perché non esistono più i costi necessari a produrre e distribuire una rivista cartacea.
Secondo punto. Ovviamente è stato posto il problema della credibilità della lista di Technorati e lo stesso Hirshberg ha risposto che si tratta di una beta: che senso ha allora fare tutto questo can can? Una roba del genere la puoi dare a bere a un responsabile della comunicazione di una grande azienda che non si prende la briga di entrare nel dettaglio, ma mi sembra che una buona parte dei partecipanti alla conferenza fosse rappresentata da blogger ed esperti del settore: tutta gente che fa le pulci e rompe le scatole, come il sottoscritto. Insomma, non me ne vogliamo i signori di Edelman, ma l’operazione mi sembra architettata più per promuovere il prodotto “monitoraggio della blogosfera” che non perché vi fosse della sostanza che valeva la pena condividere.
Terzo punto. Se non ho capito male, Hirshberg ha dichiarato che nell’indice di Technorati non compare Slashdot, perché non è ascrivibile alla categoria dei blog: si tratta, infatti, di un sito scritto a più mani. Questa esclusione mi lascia assai perplesso: se l’obiettivo è capire cosa dice la gente attorno a un marchio o a un prodotto, non credo ci si possa soffermare ai blogger. Si dovrebbe indagare più generalmente il mondo dei consumer generated media, che sicuramente includono siti come Slashdot o Digg, per non parlare di forum e community che rimangono comunque strumenti molto attivi. In Italia potremmo prendere in considerazione Ciao.it, che contiene moltissimi giudizi e che compare spessissimo in testa ai risultati di Google, quando si cerca una marca o un prodotto. In altri termini: attenti a considerare il passaparola con i criteri dei media tradizionali, perché non è detto che il consumatore che voglia parlare di un prodotto abbia un blog o desideri aprirne uno per farlo.
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