Comunicazione e nuovi media: rimediazione

Continuo il discorso su come cambia la comunicazione d’impresa, passando ad esaminare il significato del termine rimediazione. Senza addentrarci in argomentazioni teoriche, per le quali rimandiamo a McLuhan e a Bolter, per i nostri scopi possiamo (semplicisticamente) spiegarlo così: i nuovi media inglobano i media esistenti.

In Rete, è un fenomeno immediatamente percepibile: un qualsiasi sito Internet può contenere i testi e le immagini della carta stampata, i suoni della radio o le immagini in movimento della televisione e del cinema. Ma non si tratta solo di questo: non è solo una questione di molti media che convergono tecnicamente in un solo medium capace, in virtù della sua natura digitale, di accoglierli e distribuirli tutti.

E’ soprattutto una questione di linguaggi. In principio era il teatro; il cinema e la televisione ne hanno ripreso pedissequamente ritmi, stili, personaggi e storie. Poi hanno gradualmente elaborato i propri linguaggi e le loro storie e hanno inventato nuove modalità di racconto e di rappresentazione: basta pensare alle sit-com, alle fiction, ai programmi a quiz, ai videoclip fino ai reality. In alcuni casi, i nuovi formati mediali hanno a loro volta modificato i media pre-esistenti: per esempio, le tecniche di montaggio dei videoclip sono state adottate dal cinema d’azione.

Internet sta creando nuovi formati mediali. La stragrande maggioranza dei video che si trovano in siti come YouTube, infatti, non troverebbero spazio in televisione; basti pensare ai filmati girati con i telefonini oppure agli screencast. Allo stesso tempo, molti degli testi pubblicati nei blog non troverebbero spazio in un giornale o in un libro.

Ci si domanda quale sia il futuro della televisione, della radio o dei giornali. Coloro che pongono la questione, si riferiscono generalmente all’industria che serve per produrre e distribuire questi media; questa industria è probabilmente destinata a vedere un ridimensionamento della propria importanza economica e del proprio ruolo sociale. La Rete sta producendo un progressivo spostamento dell’attenzione dai media generalisti, i cui contenuti sono confezionati per target molto ampi, a quelli di nicchia, in grado di soddisfare le esigenze di informazione o di intrattenimento di comunità piccole o piccolissime.

I contenuti prodotti dall’industria saranno sempre di più distribuiti attraverso Internet e competeranno con quelli prodotti dal nostro vicino di casa. E’ quella che viene definita l’economia della coda lunga, ossia lo spostamento dell’attenzione dei consumatori verso il soddisfacimento di bisogni particolari e personali che i media tradizionali non possono prendere in considerazione.
La frontiera della rimediazione è probabilmente rappresentata dai mash-up, siti che combinano contenuti e servizi da più fonti per creare nuove esperienze di fruizione.

Quali sono le conseguenze della rimediazione sulla comunicazione d’impresa? Ovviamente è difficile dare una risposta che pretenda di essere esaustiva, ma possiamo iniziare prendendo in considerazione una delle aree più importanti della comunicazione di impresa: le relazioni con i media.

Un modo di guardare all’attività dell’ufficio stampa è considerarla come il dispaccio di messaggi verso i giornalisti con l’obiettivo di ottenerne la pubblicazione (qualcuno arriccerà il naso per questa brutale definizione). Nel corso di questa attività si crea una consuetudine tra relatore pubblico e giornalista, tanto che – come fa notare Italo Vignoli – la relazione fiduciaria che si instaura permette di avere una ragionevole certezza che quello che verrà pubblicato corrisponde fin troppo fedelmente a quanto è stato trasmesso (in questa sede non ci addentriamo nei risvolti patologici dei rapporti tra aziende ed editori, ma rimandiamo a una provocazione del Riformista ripresa nel sito della Ferpi poco tempo fa). Il ritaglio che sarà inserito nella rassegna stampa chiude un circolo virtuoso e rende felici tutti.

Questo è vero fin quando rimaniamo nel mondo degli atomi e abbiamo a che fare con la carta. Immaginiamo, invece, che la pubblicazione non esaurisca il ciclo di vita della notizia. Molti quotidiani, per esempio, stanno aprendo i propri siti web ai commenti e ai contributi dei propri lettori e stanno adottando gli strumenti che hanno reso possibile l’alimentazione delle conversazioni nella blogosfera. La notizia, diligentemente e fedelmente pubblicata dal giornalista, diviene oggetto di una conversazione che può svolgersi direttamente nel sito della testata oppure può propagarsi in rete in un processo di passaparola digitale, che la rende oggetto di continue elaborazioni e interpretazioni. E’ un fenomeno di rimediazione che elimina quel controllo sul messaggio, frutto della consuetudine tra relatore pubblico e giornalista.

Riflessioni analoghe possono essere fatte per tutte le aree della comunicazione di impresa che postulano un controllo scientifico sui messaggi come il branding e l’advertising. Ma di questo parleremo in un altro post 🙂

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5 Responses

  1. L’argomento è affascinante, anche perché questa è sicuramente una delle nuove frontiere delle relazioni con i media. Noi stiamo cercando di comprendere come alimentare, in modo virtuoso, questo fenomeno, cambiando non tanto l’aspetto “esteriore” del comunicato stampa (mi riferisco agli esperimenti di social media press release proposti da Edelman e da altri prima di loro) quanto il meccanismo stesso della relazione di informazione (con il giornalista, o con qualsiasi altro stakeholder).
    E’ per questo che ho incominciato ad affrontare il problema da lontano, per dimostrare come le metodologie di controllo (timesheet e billable hour) stiano castrando il settore delle relazioni pubbliche, perché impediscono di sviluppare la libertà di pensiero e di azione che è alla base dell’innovazione. Fortunatamente, l’approfondimento del problema mi ha portato a scoprire fonti e opinioni interessanti, di cui parlerò nei prossimi giorni (ferie da autentico blogger).
    Per il momento, non posso che concordare con te, e ringraziarti – a nome della comunità dei public relator – del contributo. Spero che lo leggano in molti…

  2. Il discorso sulla rimediazione dei media rimane valido in linea generale, ma se si entra nella comunicazione d’impresa occorre sottolineare che la perdita del controllo sul messaggio da parte delle aziende non è un dramma, ma la condizione normale di comunicazione sui mezzi digitali e questo i professionisti delle pr ce lo insegnano da tempo, ma appare del tutto evidente, quanto poco siano ascoltati.

  3. Maurizio, non sono molto d’accordo sul fatto che i professionisti delle relazioni pubbliche sono così a loro agio se si parla loro di perdita del controllo sul messaggio, almeno per quello che conosco io il settore.

  4. Non parlavo di essere a proprio agio, ma nelle pubbliche relazioni al contrario della pubblicità non sei sicuro di come il tuo messaggio verrà percepito, quindi dovrebbero essere in linea teorica più abituati rispetto ad un pubblicitario alla conversazione, se poi tu mi dici che in realtà non avviene è un altro discorso.

  5. Considerazioni molto interessanti. D’accordo con Italo che più che cambiare l’aspetto esteriore dei comunicati stampa (in verità basterebbe scriverli decentemente) si debba puntare sulla gestione della relazione.