Comunicazione e nuovi media: automazione

Termino con questo post, la dissertazione sui nuovi media e la comunicazione d’impresa, occupandomi del terzo termine che sarà oggetto della mia (eventuale) presentazione al BarCamp di Roma, ossia: automazione.

I media digitali hanno una codifica numerica e una struttura modulare: di conseguenza è possibile automatizzare molte operazioni necessarie per la loro creazione, manipolazione e accesso. Questo significa che – almeno in parte – possiamo rimuovere l’intenzionalità umana dal processo.

In prima battuta, l’automazione riguarda l’utilizzo di strumenti che facilitano la creazione di oggetti mediali. Mi riferisco, per esempio, agli stabilizzatori di immagini nelle videocamere digitali oppure ai software di editing video che permettono di montare automaticamente una sequenza di immagini sincronizzandole con una colonna sonora. In tutti i casi si tratta di ausili che aiutano a ottenere buoni risultati senza richiedere particolari competenze tecniche o pluriennali esperienze.

La facilità e l’economicità con cui si riesce a produrre oggetti mediali di buona qualità hanno contribuito alla vertiginosa crescita di siti come Flickr e YouTube. Queste comunità condividono migliaia di immagini e filmati che ritraggono prodotti (come questa bella foto amatoriale di un Apple iPod Shuffle) o li collocano in contesti e situazioni che un esperto di product placement avrebbe sicuramente evitato (come questo Macintosh Classic convertito in acquario).

Le implicazioni dell’automazione, però, non si limitano a rendere più facile la produzione di oggetti mediali. In questo contesto, possiamo comprenderne l’estensione soprattutto se consideriamo che la comunicazione d’impresa ha una finalità persuasiva: essa, infatti, si propone di modificare gli atteggiamenti, le credenze e le azioni dei destinatari dei messaggi per permettere alle organizzazioni di raggiungere i propri obiettivi. Occorre, allora, chiedersi come è possibile impiegare la tecnologia nell’ambito di un processo persuasivo. Per farlo, possiamo fare riferimento a due filoni di indagine: gli studi sulle tecnologie persuasive della Stanford University e quelli sull’affective computing http://affect.media.mit.edu/ condotti presso il Mit.

Secondo B.J. Fogg (Tecnologia della persuasione) i computer possono rivestire tre ruoli nell’ambito di un processo persuasivo: strumento, medium e attore sociale. In qualità di strumento, un’applicazione può contribuire a cambiare l’atteggiamento o il comportamento di una persona aumentando l’efficacia di un’azione, fornendo informazioni personalizzate ovvero guidando l’utente attraverso un processo. Nel ruolo di medium, un computer può fornire simulazioni e creare ambienti virtuali: per esempio, è possibile utilizzare i media digitali per offrire esperienze che aiutino a comprendere i nessi di causa ed effetto e a valutare le conseguenze di un’azione senza esporre l’utente a pericoli concreti. Infine, i computer possono essere visti come attori sociali quando vengono loro attribuite qualità che sono normalmente associate agli esseri umani: in questo senso un attore digitale può fornire supporto emotivo e sociale ovvero utilizzare le dinamiche tipiche dell’interazione tra persone.

La tecnologia che abbiamo a disposizione rende abbastanza comune l’interazione con strumenti digitali realizzati con l’obiettivo di far compiere delle azioni. Tra i più sofisticati troviamo i sistemi di raccomandazione basati sul filtraggio collaborativo: si tratta di strumenti che promuovono la vendita di libri (Amazon), il noleggio di Dvd (Netflix) o il consumo di musica (Raphsody). I sistemi di simulazione sono meno comuni, perché le apparecchiature necessarie sono più costose e a volte ingombranti. Tuttavia, esistono già applicazioni assai interessanti: mi riferisco, per esempio, ai programmi educativi di RealityWorks, che impiega dei bambolotti “intelligenti” per far vivere alle teenager l’esperienza di accudire un neonato con l’obiettivo di persuaderle ad adottare gli opportuni accorgimenti per evitare gravidanze indesiderate.

Ancora rudimentali sono gli esperimenti legati alla creazione di agenti virtuali che possano svolgere il ruolo di attori sociali credibili. Tra questi, potrei citare i personaggi di OddCast che, nella versione, più sofisticata utilizzano un motore di intelligenza artificiale, che permette loro di interagire – seppur limitatamente – con gli utenti di un sito. In questa direzione, il futuro è probabilmente rappresentato dalla diffusione di mondi sintetici come Second Life.

Per il momento mi fermo qui: ci vediamo al BarCamp di Roma per approfondire questi e altri temi 🙂

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