Master: nuova ipotesi di lavoro

La notte e i commenti portano consiglio. Domenico Nardone (uno degli studenti che sta partecipando al progetto BlogLab) scrive:

il tema della comunicazione d’impresa in tutte le sue declinazione “tradizionali” è un argomento sentito e risentito mille volte e quindi iniziare un master trovandosi di fronte subito un rigido modulo che tratta questo argomento è… poco simpatico

Sono d’accordo: lungi da me l’idea di progettare un master in cui si propongono le stesse cose che si dicono in un corso universitario di comunicazione. Grazie ai commenti che sono arrivati finora e a una chattata con il responsabile dei corsi dell’azienda che ospiterà il master, ho quasi radicalmente cambiato idea sull’impostazione del corso: penso, infatti, che l’approccio con due percorsi paralleli non sia molto produttivo. Provo, invece, a sviluppare una narrazione diversa.

La parte abitata della rete. Niente teoria: partiamo dall’esperienza e andiamo alla scoperta delle persone, delle idee e degli strumenti che danno forma alla parte abitata della rete. Gli studenti devono mettere le mani sulle cose: creare e alimentare un blog, partecipare a wikipedia, inscriversi ai social network, girare video da mettere online, aggregare e leggere decine di fonti. La prima parte del master è un laboratorio intervallato da contributi seminariali di persone che non si occupano di comunicazione d’impresa. Sarebbe auspicabile avere contributi anche dall’estero o connessioni con studenti che stanno studiando argomenti simili: penso a al progetto Digital Ethnography della Kansas University.

Clinica per agorafobici. Quando gli studenti avranno imparato a partecipare ai social media e a condividere la loro conoscenza, allora si potrà iniziare a parlare di chi della Rete farebbe volentieri a meno. Ci occuperemo di comunicazione d’impresa con l’obiettivo di capire quale può essere il ruolo dei media sociali e come curare le paure dei comunicatori. Partiremo dalla comunicazione interna, usciremo dall’azienda passando per le relazioni pubbliche e approderemo alla comunicazione di marketing.

Aspetto il vostro contributo per continuare a raffinare l’idea 🙂

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7 Responses

  1. Ciao Nicola,

    quello che ti suggerisco è fare in modo che gli studenti realizzino dei mini progetti in relazione agli aspetti teorici e alle testimonianze seguite.
    In questo modo si dovrebbe sviluppare una preparazione modulare ed i vari progetti potrebbero convogliare in un progetto finale articolato.

    Te lo dice uno che ha partecipato ad un master da studente. 😉

  2. Sicuramente partire dalla parte abitata della rete è un’ottima idea. Ciò che penso sia importante è innanzitutto la loro formazione agli strumenti mediante l’uso pratico che proponi, mediante il metterci mano, il fare community tra loro, il fare community social per…cioè oriantata verso scopi ben precisi. Solo dopo potranno essere in grado di spiegare ad altri (e di formare altri) quando vi ci lavoreranno…Nel senso saranno in grado di utilizzare realmente il social networking per fare comunicazione e convincere altri della bontà e della utilità (per il marketing, per la comunciazione ecc…)

  3. Grazie per questa discussione, non solo interessante ma anche utile, sto imparando tanto.
    Una mia considerazione: mi piace quest’ultima impostazione e in particolare quando parli dell’importanza di “curare le paure dei comunicatori”. Credo che quando si ha a che fare con aspetti fortemente innovativi, il rischio di tentare di imporre nuove mode o nuove parole d’ordine sia molto alto e allora è necessario dedicare ampio spazio all’analisi della domanda, intesa alla Schein. Non trascurerei questo aspetto.
    ciao

  4. Può sembrare banale come consiglio, ma io direi che prima di tutto devi trasmetter loro la capacità di sapersi muovere e saper apprendere dalla Rete.
    Non so se in qualche modo possa essere formalizzato come concetto o meno.

    Gli strumenti che andranno ad utilizzare saranno sicuramente gli ultimi, ma gli ultimi di oggi. E domani poi?
    Saranno questi professionisti in grado di entrare nelle dinamiche future e non lasciarsi travolgere e subire i nuovi strumenti.

    Quello che ho notato come studente prima e come docente poi è che l’università e in genere la maggior parte degli istituti formativi sono capaci di creare ottimi studiosi, ma non professionisti. Ragazzi o uomini in grado di imparare tutto quanto c’è da sapere, ma incapaci poi di mettere in pratica queste nozioni. Gente che quando si ritrova in azienda deve imparare da capo il mestiere.

    Sicuramente te ne sarai accorto come imprenditore.
    Per questo io punterei molto sull’aspetto di “laboratorio”.

    Progettare quindi un master che faccia prima di tutto capire i fenomeni e saperli vivere attivamente.

  5. Io credo che la parte laboratoriale sia molto importante, perchè ciò che spesso manca in azienda è il saper riconoscere le informazioni potenzialmente utili, il tastare il polso della situazione quando è in progress e l’utilizzare gli strumenti a disposizione senza esserne sopraffatti. Ma credo anche che è difficile insegnare ad essere attivi e curiosi se non si ha già un minimo di predisposizione personale…

    Occorre anche non ignorare il fatto che molti considerano ancora la condivisione una perdita di potere personale. Mostrare gli esempi di collaborazione in rete (dagli scambi di esperienze alla nascita di nuovi progetti) può essere un punto di partenza per stimolare un nuovo atteggiamento. In fondo, una nuova attitudine dell’organizzazione dipende da ciò che pensano i membri al suo interno, solo così si può sperare nel contagio 😉

  6. D’accordo su tutto. Ma, da ante-postmoderno, segnalo la necessità di “costringere” gli studenti ad effettuare , dopo tutte le prove pratiche, gli esperimenti e le esperienze , dei lavori di analisi/sintesi in qualche modo rigorosi, in cui le parole ed i termini tecnici appresi non vengano usati in maniera casuale e superficiale. Invogliarli a caratterizzare con precisione i “webmemi” emergenti, le loro genesi, le loro implicazioni, le loro potenzialità.
    Come vecchio ingegnere automatico penso per esempio ad una attenta descrizione del feedback e ad una interpretazione degli effetti (positivi, negativi) che il “sistema utente” subisce dall’utilizzo degli strumenti da ciascun strumento di social software e dall’esperienza globale della web -interazione. Stessa cosa per il “sistema community”.
    Insomma, un po’ di sano riduzionismo che non cancelli le tonalità di grigio, che piacciono molto anche a me, ma che consenta di mettere , di quando in quando, qualcosa nero su bianco…