Stamattina ho avuto uno scambio di battute con Filippo Ronco in merito al mio post su Beppe Grillo e il VDay. Lui, appoggiando l’idea di Grillo, sostiene che un condannato non possa essere eletto tout-court; io sostengo che se qualcuno è stato condannato, ha scontato la pena e non è stato interdetto dai pubblici uffici, può continuare a godere dei diritti che gli concede l’ordinamento, incluso il diritto di candidarsi a rappresentare altri cittadini. D’altro canto, la pena dovrebbe avere lo scopo di riabilitare il reo, permettendogli di ritornare a essere cittadino a tutti gli effetti. A questo punto deve essere l’elettore a decidere se la persona è degna o meno. Lo stesso elettore potrebbe astenersi dal votare un partito che candida persone che considera non degne e che saranno sicuramente elette, perché collocate tra le prime posizioni di una lista che non ammette preferenze.
Per alcuni reati, esiste la pena accessorio dell’interdizione dai pubblici uffici. Se non ho cercato male, l’articolo 28 del codice penale stabilisce che:
L’interdizione dai pubblici uffici è perpetua o temporanea.
L’interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato:
1) del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico;
…
L’interdizione temporanea priva il condannato della capacità di acquistare o di esercitare o di godere, durante l’interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualità, gradi, titoli e onorificenze.
Essa non può avere una durata inferiore a un anno, né superiore a cinque.
Il successivo articolo 29, stabilisce quali sono i casi in cui si applica l’interdizione:
La condanna all’ergastolo e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importano l’interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici; e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
La dichiarazione di abitualità o di professionalità nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere, importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Bene! Se è vero che esiste già un istituto che riguarda l’ineleggibilità di un condannato, allora occorrerebbe lavorare su questo istituto e individuare come ampliarlo o modificarlo per renderlo più rigido. Per esempio, la proposta di Grillo prevede l’assimilazione della sentenza per patteggiamento a quella per condanna (cosa che attualmente non è) e questa da sola potrebbe bastare perché comporterebbe l’applicazione delle pene accessorie, ossia della interdizione dai pubblici uffici. A questo punto, l’interdizione sarebbe commisurata alla gravità della pena, che mi sembra molto più equo dell’interdizione perpetua tout-court.
Forse mettere tutte queste cose in un wiki e discuterne per arrivare, con il supporto tecnico di giuristi (Filippo lo è!) e la partecipazione di politici (ce ne sarà pure qualcuno rispettabile) e cittadini, a un progetto condiviso sarebbe un progetto interessante. E senza la presenza del Masaniello di turno, che – la storia insegna – non è destinato a durare o a produrre risultati concreti, se non l’agitazione del popolo.
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