Un altro video sul rapporto tra politica e Internet: questa volta i protagonisti sono Davide Corridore (vice presidente del Consiglio comunale di Milano) e Marco Roccetti (professore dell’Università di Bologna). La platea è quella del seminario Il Pd che vorrei che si è svolto il 15 settembre a Piacenza in occasione del Festival delle Idee (l’evento di partenza della campagna elettorale di Enrico Letta per le primarie del Partito democratico).
Nel video, Roccetti si pone la domanda: “Le tecnologie della Rete aumentano lo spazio di democrazia o piuttosto non inducono dei fenomeni per i quali lo spazio di democrazia può essere ridotto?” E risponde sostanzialmente in modo negativo, dal momento che potersi esprimere liberamente non significa necessariamente essere ascoltati. Ho trascritto alcuni dei passaggi: il motivo sta nel come è “strutturato il web … noi tutti sappiamo che una pagina è tanto più popolare quanti più endorsment (voti) ha avuto da altre persone che vivono sul web … questo sembra un meccanismo assolutamente democratico, ma qui c’è un problema fisico antropico: se ognuno di noi produce miliardi di informazioni, è anche vero che ognuno di noi ha una capacità inversamente proporzionale di ascoltare … ci viene quindi in aiuto il motore di ricerca, che ci presenta quelle informazioni che sono state considerate dalla gente più popolari … oibò qui sta il problema … in realtà la maniera con cui questo strumento lavora induce un fenomeno di distorsione per cui vengono presentate solamente le informazioni che sono considerate più popolari … ma se io vedo solo quello che è popolare, mi accoderò a quell’idea e così facendo la renderò ancora più popolare … insomma questa meccanismo partendo da un’architettura aperta può produrre un effetto distorsivo non democratico … è dimostrato che se si è a tre link di distanza dai 100/150 siti più popolari per un certo tema, la probabilità di quella voce di essere ascoltata è zero …”
L’intervento del professore bolognese si presta a molte osservazioni. Per esempio, me ne vengono in mente due:
- non è l’architettura di Internet che fa si che una pagina sia più popolare se riceve molti voti (o meglio link in ingresso), ma è il meccanismo che applica Google per calcolare la sua rilevanza rispetto a una ricerca. Yahoo! ne applica un altro e Msn altri ancora. E’ vero che oggi Google fa la parte del leone, ma la Rete ci ha anche insegnato che la sostituzione di un motore di ricerca con un altro è questione di pochi anni (qualcuno si ricorda di Altavista, Lycos o Excite? Esistono ancora, ma possono certo essere paragonati con i motori di ricerca più popolari);
- sarà pur vero che molti di noi producono informazioni (non tutti, ovviamente), ma la maggior parte dei contenuti messi on line poco hanno a che vedere con la formazione di opinioni. Sicuramente non si possono ascrivere a questa categoria le fotografie dei bambini o i video goliardici.
Dopo Roccetti, Corritore parla di digital divide. Tema sacrosanto, ma non dimentichiamo la net neutrality per favore. Penso che sia inevitabile che la banda larga arrivi (via cavo o via etere) a tutti, ma dobbiamo essere sicuri che arrivi in modo neutrale e che non accada come con le rete radiomobili, in cui i gestori decidono cosa può fare e vedere l’utente: questo sarebbe un divide molto più grave della mancanza di banda larga.
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