I redditi nello spazio pubblico

Sulla questione dei redditi pubblicati sul sito dell’agenzia delle entrate si sono dette molte cose. Si discute di privacy, opportunità, criminalità, trasparenza e via dicendo. A me sembra che la questione stia tutta nella differenza tra ciò che è pubblico tout-court e ciò che è pubblicato e quindi appartiene allo spazio pubblico.
I redditi sono pubblici, come ci ricordano Stefano Rodotà (intervistato da Repubblica) e Roberto Dadda nel sul blog (Privacy???), ma per averli occorre andare al comune di residenza del dichiarante, identificarsi e fare richiesta. Insomma, come molti altri dati pubblici, sono accessibili solo se uno è molto motivato. Alla fine, i redditi pubblicati sono solo quelli delle persone famose, perché qualche giornalista si prende la briga di stilare una classifica e scrivere un pezzo di colore.
La cosa cambia se il dato diventa facilmente accessibile perché c’è uno strumento come Internet che azzera i costi di distribuzione delle informazioni. La conseguenza è che la messa online permette di portare il dato pubblico nello spazio pubblico, cosa che prima non era. C’è un salto di qualità, perché lo spazio pubblico, oltre a essere “il luogo ove chiunque ha il diritto di circolare”, è anche il “luogo simbolico delle libertà civili: libertà di manifestazione, di parola, d’espressione”.
La pubblicità, nel senso di ampia diffusione delle informazioni e degli argomenti di dibattito, deve essere “intesa come dimensione costitutiva dello spazio pubblico e come principio di controllo del potere politico perché l’opinione pubblica diventa visibile solo attraverso la sua pubblicizzazione”.
Sembra quindi che Internet permetta di dare un senso nuovo al concetto di dato pubblico e all’idea di spazio pubblico. La questione è interessante e merita approfondimento. Per il momento mi sembra certa una sola cosa: finora molti dati sono stati dichiarati pubblici semplicemente perché si aveva la certezza che non sarebbero mai entrati nella sfera pubblica.

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8 Responses

  1. La prima cosa che mi è venuta in mente sul tema è tutta la tua storia dei vani tentativi di accesso ai documenti riguardanti italia.it. Non ti viene da tenare un parallelismo?

  2. Sono d’accordo sul fatto che l’argomento meriti un ulteriore approfondimento, ma lasciando perdere le leggi. Il diritto alla riservatezza di quei dati era già stato invocato almeno in un altro caso di diffusione via internet, che il Garante aveva ritenuto perfettamente legittimo (http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=41031). A meno che non si rivedano le leggi attuali, molte delle reazioni di questi giorni mi sembrano più simili a isterismi che a ragionamenti (dato per scontato, ovviamente, che l’intento di Visco non era certo quello di aprire un dibattito sull’argomento ma di lasciare il suo posticino al ministero con un botto mediatico).

  3. Leggendo questo post non ho resistito nel fare questo parallelo..

    Vien in mente l’impegno civile di Saviano e il suo libro Gomorra con il quale porta a conoscenza dell’opinione pubblica il mondo della Camorra..
    …. la Camorra ha paura di chi parla .. e non di chi agisce.. chi agisce è controllabile…
    .. chi parla fa ragionar le persone… e il pensiero libero non è facilmente controllabile….

    Forse il mio accostamento è un pò ardito… ma, vi ricordo, viviamo in Italia.

    Luca

  4. Luca, il parallelo non è affatto ardito soprattutto se lo consideriamo in un’ottica più generale dell’episodio delle dichiarazione dei reddti.

  5. Pienamente d’accordo. A me è venuta anche un’altra riflessione. Per esempio che la privacy dovesse essere quella dei datori di lavoro che dichiarano 14000 euro come i loro dipendenti. Si sa in linea di massima che evadono, ma quando te lo mettono proprio sotto il naso è molto diverso. Un dato inquietante che secondo me è emerso dalle poche ore di dati online è che i cosidetti ‘milleuristi’ italiani non sono quattro milioni come dicono i dati ma una decina di milioni. Che non sia anche questo da non far sapere troppo? 😉

  6. Alcune considerazioni:
    1) Interessante che un terzo dei contribuenti dichiara sotto i 10000 € l’anno;
    2) A me non disturba troppo (salvo le ovvie considerazioni su tematiche di sicurezza personale, ecc, ecc) che i miei dati siano stati pubblicati (per altro di 2 anni fà) forse perchè non ho nulla da nascondere….?
    3) Tanto disturbo non si è mai evidenziato quando comparivano sui giornali/web/radio la top 100 dei contribuenti….;
    4) Sono convinto che se nella lista mancava il nome del signor X il signor X non si sarebbe inalberato ma avrebbe letto golosamente i dati del suo capoufficio….

    Temo che il problema sia più dovuto al fatto che in Italia si guardi più al proprio orticello, immagine e ipocrisia sociale, curiosità morbosa che alla sostanza dei fatti.

    Ho ancora una volta la sensazione di vivere nell'”Italietta” provincialotta.

  7. complimenti per l’analisi. Ho appena letto anche l’articolo su Nova. Sono completamente d’accordo…in che repubblica delle banane viviamo!