Per la seconda puntata di pensieri civili, voglio essere propositivo: condivido quindi un’idea che mi gira da un po’ in testa e a cui ho dato il nome di Radici democratiche.
Parto da tre considerazioni in ordine sparso: per partecipare attivamente alla vita politica occorre avere informazioni e competenze che permettano di formarsi un’opinione non (troppo) superficiale; gran parte delle politiche che riguardano la qualità della vita e il benessere delle persone avvengono a livello locale (si pensi alla scuola, alla sanità, alla sicurezza, al decoro urbano, al rapporto con la pubblica amministrazione e così di seguito); esiste una generazione di persone che non si riconoscono nelle attuali forme di aggregazione politica e che cerca nuovi modi di animare lo spazio pubblico (non penso tanti ai grillini, quanto a movimenti come i 40xVenezia).
Se queste tre cose hanno un senso, allora si può pensare a un percorso di questo tipo.
Uno.
Cerchiamo di capire perché in alcuni posti si vive meglio e in altri peggio e facciamolo al di la dei facili luoghi comuni, con dei dati alla mano. E’ troppo facile dire che a Catania si vive peggio che a Bolzano, dobbiamo avere dei dati oggettivi che ci dicano in che termini si vive peggio. Per esempio, ogni anno Il Sole 24 Ore stila una classifica della qualità della vita nei capoluoghi di provincia italiani prendendo in considerazione essenzialmente delle dimensioni economiche. Io ne farei una in cui si cercasse di misurare cose come: quanto tempo ci si mette per andare e tornare dal lavoro e quanto costa; quanto costa l’assistenza agli anziani e l’accudimento dei bambini se tutte le persone attive di una famiglia lavorano; qual è la percentuale di raccolta differenziata; quante multe vengono elevate ogni giorno per colpire quali infrazioni e così di seguito.
Alla fine avremmo una serie di classifiche che ci permetteranno di individuare i comuni più virtuosi e quelli meno virtuosi materia per materia. Potremmo quindi cercare di capire – per esempio – perché nel comune A la raccolta differenziata è all’85%, mentre nel comune B è al 70%. I cittadini del comune A potrebbero farsi spiegare dagli amministratori come si fa a raggiungere quel risultato ottimo e lo potrebbero mettere su un wiki a disposizione di tutti gli altri cittadini.
Così facendo, avremo generato conoscenza attorno alle cose che ci fanno stare meglio, che migliorano la qualità della nostra vita, non in modo astratto, ma concretamente. Saranno piccole cose, ma si tratta di argomenti che possiamo trattare con dimestichezza, di cui abbiamo esperienza concreta e su cui possiamo influire più facilmente.
Due.
Disponendo di informazioni su chi fa meglio e su come lo fa, i cittadini del comune B possono fare pressione sugli amministratori della propria municipalità affinché emulino gli amministratori del comune A che sono oggettivamente più bravi. Senza il bisogno di fare indagini, rapporti, dossier, incaricare esperti o creare autorità, perché le informazioni che servono sono state raccolte dai cittadini e sono disponibili nel wiki. Inoltre, gruppi di cittadini potrebbero occuparsi di singoli temi maneggiabili senza avere la velleità di cambiare la propria città portandola all’eccellenza in tutti i settori possibili e immaginabili.
Per esempio, io vorrei che nei parchi di Roma ci fossero i giochi per le mie bambine, così come accade in altre città che visito regolarmente e sarei più che disposto a dedicare del tempo per fare pressione affinché il municipio XVI (in una città grande il confronto deve avvenire a livello sub-cittadino) se ne occupi in modo sistematico. Perché al laghetto dell’Eur ci sono altalene e scivoli e a villa Pamphili no? Vi sembra una questione minima? Lo è, però com’è piacevole vedere i bimbi che socializzano e giocano insieme!
Se tra gli indici presi in considerazione, ci fosse una misura dell’attenzione dei comuni verso i bambini, potrei sapere quali sono le amministrazioni che eccellono e perché. A questo punto potrei cercare di fare una proposta al mio municipio consegnando un dossier a chi di dovere e mobilitando altri cittadini attivi verso un obiettivo concreto e misurabile.
Tre.
Serve un facilitatore competente. Spesso, infatti, il tempo e l’impegno dedicati da cittadini volenterosi si perde perché non vengono intraprese le azioni giuste, quelle che possono far cambiare idea al politico di turno. Soprattutto se l’impegno assume la forma della protesta scomposta (quella dei grillini per esempio): in questo caso, il politico o l’amministratore non si impressiona molto perché aderire o meno alla richiesta non gli crea un vantaggio o uno svantaggio.
Per esempio: qualche tempo fa, nel mio palazzo hanno eliminato un garage e hanno fatto un supermercato. Alcuni condomini si sono attivati: uno scriveva interminabili quanto inutili lettere al municipio; un’altra voleva bloccare il traffico per sensibilizzare non si sa chi; una terza ha praticamente messo una tenda dai vigili urbani. Inutile dire che oggi sotto casa mia c’è un supermercato. Magari, agendo in modo più competente, si sarebbe potuto almeno trattare sulle caratteristiche dell’esercizio e fare in modo che il condominio ne potesse avere un vantaggio. Certo è che se la decisione di consentire un supermercato o meno poteva essere influenzata a livello politico, nessuno dei tre condomini avrebbe mai potuto impensierire gli eletti a livello circoscrizionale.
Per il momento mi fermo qui: adesso che ho raccontato l’idea di Radici democratiche, voglio farla sedimentare e raccogliere un po’ di reazioni. Fatemi sapere 🙂
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