Il mio sfogo di ieri ha generato parecchi commenti soprattutto su FriendFeed. Ci sono alcuni punti su cui vale la pena fare qualche considerazione: in questo post mi occuperò di junior.
Premessa: Elastic è una società piccola e non ha professionisti in grado di fare un processo di selezione analogo a quello delle grandi aziende. In questo campo, per alcune attività , usa i servizi di un’agenzia per il lavoro privata.
Allora, come si seleziona un junior? Credo sia più interessante valutare le attitudini piuttosto che le abilità . In questo senso, un junior dovrebbe avere innanzitutto voglia di imparare e sperimentare. Per esempio: io senior ti chiedo di scrivere un testo per presentare un progetto; tu junior ti ci metti di buona lena, rivedi quello che hai scritto dieci volte e quando sei sicuro me lo porti; io senior ti faccio le correzioni che possono essere più o meno pesanti (purtroppo sono quasi sempre molto pesanti); tu junior riprendi in mano il testo, lo riscrivi e lo rivedi venti volte, magari chiedendo consiglio a qualcun altro prima di riportarmelo. Nella migliore delle ipotesi, al secondo giro, il testo richiede solo piccoli aggiustamenti e il gioco è fatto. Alla terza o quarta volta che facciamo questo giochetto, io senior potrei (dovrei) anche fare a meno di rivedere il testo.
Nella realtà a me sono capitati junior per i quali è stato necessario reiterare il processo tre o quattro volte, il che può avere due giustificazioni: o non sei all’altezza o sei sciatto. Se non sei all’altezza, c’è poco da fare: una vigorosa stretta di mano e tanti saluti. Se sei sciatto, mi fai girare le palle: in questo caso, invece della stretta di mano, sono molto più incline a darti un calcio nel sedere. La sciatteria mi fa girare le palle.
In un mondo ideale, il junior che è stato corretto, la sera si esercita: scrive un testo di prova e il giorno dopo chiede al senior se lo può rivedere. Cerca su Internet esempi e informazioni, va in libreria a comprare un manuale. Consapevole di non saper fare una cosa, si impegna perché possedere una nuova abilità aumenta il proprio valore per l’azienda. E quindi le sue probabilità di rimanerci e di fare carriera. Ovviamente, a un’azienda non interessano tutte le qualità e tutte le competenze. In altri termini, il junior deve capire cosa ci si aspetta da lui in termini di saper fare. Invece, è molto frequente avere a che fare con giovani che seguono una propria agenda di priorità che poco a che fare con quello che serve al loro datore di lavoro.
La seconda qualità essenziale che dovrebbe avere un junior è la disponibilità a fare lavori di merda, cioè tutte quelle attività poco gratificanti, ma essenziali alla vita di un’azienda. Caro junior, io senior ti faccio fare lavori di merda non perché sono un sadico figlio di puttana che non valorizza le tue meravigliose qualità , ma perché devo capire come ti atteggi nei confronti del lavoro. Quando ho fatto la mia prima esperienza lavorativa nel settore delle relazioni pubbliche, mi hanno spiegato come si facevano le cartelline stampa. Non è un lavoro molto divertente: si impagina il comunicato che ha scritto qualcun altro, si fotocopia, si spilla, si prende tutto il materiale e lo si infila nella cartellina. Nel 1994, ho confezionato migliaia (non sto scherzando) di cartelline stampa, ma non mi sono mai lamentato di doverlo fare: anzi l’obiettivo era ottenere un prodotto perfetto per dimostrare al mio senior di allora che si poteva fidare di me e che ero una persona diligente.
In altri termini, se in un’azienda ti mettono a fare lavori di merda è possibile che siano dei bastardi sfruttatori, ma è anche possibile che stiano cercano di capire se sei una persona affidabile e diligente. Qualcuno di cui ci si può fidare. Se non posso assegnare a una persona un’attività banale come preparare una cartellina stampa, come faccio a fargli fare qualcosa di più impegnativo, come faccio a metterlo a contatto con il cliente? Semplicemente: non si può.
Concludo: è ovvio che io non penso di essere una persona perfetta e chi mi conosce sa che amo mettermi in discussione, ma sono anche radicato in alcune convinzione e determinato a fare come dico io quando penso di essere nel giusto. Quindi, vorrei aprire lanciare una discussione con due domande:
- senior all’ascolto, voi cosa vi aspettate da un junior?
- junior all’ascolto, voi cosa vi aspettate da un senior?
15 Responses
Passione, volontà , disciplina e metodo. Se mi convinco che un candidato ha le prime due sono disposto a dedicargli del tempo per consentirgli di crescere nel metodo e nella disciplina. Caratteristiche che nessuna università è in grado di insegnare.
Per essere breve, io mi ritengo molto fortunato nel fare un lavoro che amo. Non dico che uno junior debba già essere innamorato ma, almeno, già abbastanza invaghito.
Infine, Nicola, io ero un giovane molto sciatto. E’ un grave difetto che, grazie ad una serie di buoni maestri (leggi tanti calci nel culo), e tanto lavoro sono riuscito a correggere partendo dal semplice prenderne atto.
(Premetto di non aver seguito la discussione su FF. Più che altro perchè coinvolgeva il signor brodo del quale ormai conosco le opinioni su noi giovani)
Nel momento in cui un’azienda mi contatta proponendomi una qualsiasi posizione da junior mi aspetto che i senior abbiano un progetto che riguarda un mio percorso formativo e professionale all’interno dell’azienda.
Nello stesso modo in cui il senior mi valuta facendomi fare lo sguattero io, junior, valuto il senior per come si presenta. Metaforicamente parlando sono favorevolissimo al “metti-la-cera,togli-la-cera” se mi fai capire che questo mi servirà a rompere mattoni a mani nude.
Vero che sta nello “stile personale” di ogni senior saper gestire il junior: ci saranno quelli che promettono mari e monti, ci saranno quelli che non promettono niente come ci sono quelli che ti considereranno sempre e solo una seccatura.
Insomma, il junior è junior ma non è cretino: dimostrare professionalità e visione viene apprezzato, anche e soprattutto dagli ultimi arrivati.
Condivido pienamente quello che scrivi e lo trovo molto affine al mio approccio alla gestione di risorse junior.
Anche in questo momento ci sono delle persone junior nel mio gruppo e cio’ che chiedo loro e’ di prendere iniziativa, fare proposte, sviluppare autonomamente le proprie attitudini aggiungendo del loro rispetto a quello che imparano (spero) dal confronto con me.
In questo modo sbagliano, creano incidenti ma trovo che arrivano prima degli altri a sviluppare quei soft skills che sono necessari in ogni azienda, ed in fondo rendono tutto piu’ divertente.
Dal mio lato tendo a spiegare ogni mia decisione e giustifico l’impostazione di ogni progetto.
In qualche occasione cerco di distribuire i progetti e le attivita’ non seguendo il criterio “la migliore persona per” ma “chi puo’ imparare qualcosa da questo”.
Infine anche io non tollero le persone sciatte.
@Davide. Condivido quello che dici e lo metto nella lista delle cose indispensabili per le prossime selezioni. Soprattutto nel caso di un’azienda piccola, è necessario essere *molto* espliciti su quello che si offre e su quello che si cerca senza immaginare che delle cose siano ovvie e scontate, perché evidentemente non sempre lo sono.
Nicola condivido ogni riga di questo post 🙂
Riguardo all’essere espliciti e non dare nulla per scontato, è una cosa che ahime si impara sulla propria pelle dopo aver dato per scontato cose che non lo erano… ciò non toglie che ogni tanto anche a me girano vorticosamente le scatole a dover essere esplicita su questioni autoevidenti. Tipo la precisione e l’attenzione.
Buon 2009
Mentre ho apprezzato le esternazioni di ieri, non sottoscrivo tutto quello che dici oggi.
Agli junior fai fare i lavori di merda perchè tipicamente è molto più difficile / costoso convincere un senior a farlo.
Condivido al 100% che lo “spirito di iniziativa” (o comunque si chiami quella cosa che ti spinge a trovare una soluzione ad un problema nuovo) sia una lodevole qualità , ma è assurdo aspettarsi che uno junior se la cavi sempre. Forse questa cosa merita un chiarimento: se gli junior si chiamano così, è perchè ce ne sono altri (senior) da cui questi potrebbero e dovrebbero imparare. Junior, assistente, senpai…ognuno li chiama come vuole, ma se sono risorse che costano pochissimo è perchè vengono lì al lavoro un po’ per aiutare ed un po’ per imparare. Aspettarsi che nelle 8 ore lavorative producano e nelle 3 di straordinario imparino è una delle cose spesso implicite, e al tempo stesso sbagliate.
@ Eugenio
non è che il problema di far fare i lavori di merda sia convincere i senior.
Il problema è che vanno fatti, il valore aggiunto è poco e allora lo si fa fare a chi costa meno.
Inelegante? Certo, ma siam qui per portare a casa la pagnotta e il primo modo è non sprecare risorse.
@Nicola
Col tempo si impara ad esplicitare le cose che dovrebbero essere esplicite e non lo sono.
@Davide
non è un bel segnale che uno non segua una cosa per partito preso.
Confuta al sig Brodo (e a me che sono spesso sulle stesse posizioni) le cose col ragionamento.
Ti assicuro che chi fa il mio lavoro e gestisce persone sarebbe ben felice di avere dei giovani fulmini di guerra autosufficienti e capaci. E ti assicuro che (contrariamente a quello che si pensa) sarebbe anche molto disponibile a ben retribuirlo.
Offro il mio punto di vista da professionista che è a metà strada tra junior e senior.
Condivido in gran parte lo sfogo di Nicola, per l’esperienza che ho avuto come supervisore di risorse junior. Effettivamente si vedono molti junior che arrivano alle prime esperienze lavorative con la pretesa di aver servita la pappa pronta e mancano totalmente di attitudine proattiva al lavoro. In questo dovremmo lamentarci soprattutto del sistema educativo, ma qui si apre un discorso molto più complesso.
Quel che invece appunterei ai senior è la mancanza, spesso, di
a) una comunicazione efficace della strategia che c’è dietro e del senso che la richiesta di un compito ha, ovvero motivare. In altre parole la cosa migliore per demotivare una risorsa in fase di apprendimento e uccidere ogni suo entusiasmo è dirgli: fai così perché l’ho deciso io che sono il capo, un giorno poi capirai. Non è con gli atti di fede che si dimostra di avere la stoffa.
b) la capacità di delegare. Delegare è un soft skill molto delicato che viene spesso trascurato e dovrebbe invece essere lo strumento più utile in mano ad un manager. Significa esplicitare in maniera chiara scadenze e priorità , risorse a disposizione, responsabilità , definire con chiarezza i momenti di verifica, comunicare i vincoli ecc…
Mi riferisco alla mia esperienza. Probabilmente per voi questi punti sono ovvi e scontati.
@L’Imprenditore se i lavori di m. sono quelli a basso valore/efficienza, ok, condivido al 100%. Se sono quelli noiosi (e non è detto che coincidano) vale quanto detto.
Io mi considero un senior per colpa dell’età e un junior perché lo sono ogni volta che inizio un nuovo rapporto di lavoro, cosa che sto cercando di fare anche ora.
Il mio inizio è sempre impostato sul “primo, dimostrare quanto valgo”, perchè solo cosi posso vedere se c’è qualcuno pronto a scommettere su di me. Niente discussioni sul tipo di attività , sulle aspettative, su quello che sono capace a fare e quello che non conosco. Se sono capace, cerco di farlo al meglio, se non sono capace cerco di impararlo il più in fretta possibile. Ho sempre cercato di mettere sul tavolo le mie conoscenze, acquisite in 20 anni di lavoro.
Quello che però nello stesso tempo cerco nella controparte è il segnale che queste potenzialità vengano viste ed interessino. E troppo spesso capita invece che tu sia trattato come le postazioni di un call center, in cui viene smistato il lavoro a caso.
Se c’è un lavoro adatto a me, alle mie capacità e non ti interessa che lo faccia io, probabilmente non hai nemmeno interesse che io trovi soddisfazione in quello che faccio.
In ogni rapporto di lavoro si fa una scommessa sul proprio partner e le possibilità di perderla o vincerla sono 50% per entrambi.
@L’Imprenditore: hai ragione e di solito ho atteggiamenti più costruttivi nei confronti delle discussioni. Mi spiace ma non perdo tempo con chi non sa ascoltare e per quanto mi riguarda il sig Brodo è un caso perso.
@Eugenio. Nelle otto ore impari il lavoro che devi fare grazie all’esperienza che maturi facendo materialmente le cose. Nelle tre ore fuori orario, studi per andare avanti, ti prepari per crescere, sperimenti cose nuove, esplori nuove strade. Tutte e due le cose ti servono per qualificarti per svolgere attività sempre a maggiore valore e quindi meglio retribuite.
Parlo da Junior: laureato qualche mese fa e una esperienza di lavoro per un contratto a progetto appena terminato, settore web e social media. Proprio in questi giorni ho cominciato a fissare alcuni colloqui.
Per me, il fattore discriminante tra i Junior seri e quelli sciatti, a mio avviso, è semplicemente una: avere le idee chiare, per davvero.
Il resto lo fa la determinazione e lo spirito di sacrificio. Se una persona è coscente di cosa vuole fare e dove vuole arrivare non esistono lavori di m. ma esistono lavori “necessari” e imprescindibili al raggiungimento di quel determinato obiettivo. Avere chiaro in mente questa cosa innesca dinamiche che altrimenti non si verificherebbero: ore extra per lo studio, approfondimento, responsabilità di assumersi rischi (e quindi, anche di sbagliare).
Per mettersi in gioco occorre essere coinvolti, sentitirsi parte di un progetto condiviso. In questo un Senior deve essere maestro: pur non abbandonando mai la via della chiarezza e della trasparenza, deve incentivare le potenzialità (o le carenze) del Junior e su quelle lavorare assiduamente, motivandolo sempre a dare il meglio si sè, sopratutto nel momento dell’errore, tappa inevitabile per una crescita sana.
Conseguenza, doppio beneficio: per il Junior e per l’azienda, che avrà acquisito una persona motivata, produttiva e contentrata, non una semplice “risorsa”.
Nella mia esperienza di freelance mi sono trovato spesso sia nella posizione di avere un senior, da seguire e a cui rispondere, che degli junior da coordinare.
Non credo che esista un solo sistema corretto ed N sbagliati per gestire la relazione.
Il team funziona se c’è intesa tra gli individui, e gli individui sono tutti diversi uno dall’altro. C’e’ lo junior a cui serve un capo di polso, autoritario, che gli dica cosa fare, e lui esegue. C’e’ chi invece percepisce questo come stressante, e preferisce un tipo di relazione meno autoritaria, fondata sulla condivisione degli obiettivi (una relazione più femminile direbbero alcuni).
Al senior converrebbe chiarirsi le idee su che tipo di dipendente cerca, prima di completare la selezione: il tipo ambizioso, che se gli tiri contro un mattone ci va con la testa per spaccarlo, pero’ se ti distrai un attimo ti pianta un coltello nella schiena, oppure quello che con cui dialogare, condividere valori ed obiettivi, a cui pero’ se dici “facciamo 100 copie di questo documento”, te ne fa 50 perche’ il resto si aspetta che le faccia tu?
Poi ci sarebbe un terzo tipo di junior, quello che e’ capace di leggere tutte queste sfumature [capacità di comunicazione] e di comportarsi di conseguenza per soddisfare il proprio capo e raggiungere contemporaneamente i propri obiettivi di carriera. Inutile dire che questo tipo di junior e’ molto raro da trovarsi.
Tra il serio e il faceto:
http://punto-informatico.it/2543604/PI/Commenti/lavoro-it-bravo-analista.aspx