In questo periodo stiamo cercando collaboratori e quindi: ricevo e analizzo curricula; cerco di farmi un’idea sui candidati; li convoco una o più volte per far sostenere loro un colloquio. Vorrei proporre alcune riflessioni sul secondo step, perché la Rete introduce delle novità sostanziali nel processo di selezione del personale.
Partirò da un consiglio: se state cercando un lavoro, è bene che facciate logout da tutti i social network che frequentate abitualmente e poi cerchiate il vostro nome con Google. Infatti, dovete aspettarvi che il vostro potenziale datore di lavoro faccia esattamente la stessa cosa e che trovi il vostro profilo su Facebook. Non ha alcun senso che vi mettiate in giacca e cravatta per fare bella figura, se poi non riuscite a curare la vostra identità digitale.
E’ molto probabile che il candidato che sto valutando non abbia alcuna idea di come gestire consapevolmente la propria identità online. Per esempio, recentemente mi è capitato di intervistare una ragazza con una vita digitale piuttosto attiva e profili su vari social network: una geek girl, anche se non credo che lei si sarebbe definita tale.
Prima di farle sostenere il colloquio, avevo dato un’occhiata al suo profilo su Facebook, a quello su Linkedin, all’account di Youtube e di Flickr e via dicendo. Durante il colloquio, le ho chiesto come gestiva la propria identità online e lei mi ha risposto che aveva due profili su Facebook: uno per gli amici e uno per tutti gli altri. Mi è sembrata piuttosto spiazzata quando le ho fatto notare che i due profili erano visibili allo stesso modo; fatto sta che il giorno dopo la fanciulla ha cambiato strada e adesso il profilo riservato agli amici è scomparso (probabilmente reso invisibile al mondo se non ai propri contatti oppure cancellato). La mia osservazione, però, deve averle dato fastidio perché la ragazza è scomparsa dalla circolazione e non è venuta a sostenere il secondo colloquio: ho idea che abbia considerato la mia incursione nel profilo che lei riteneva “privato” una specie di violazione della sua privacy. Comprensibile, anche se solo fino a un certo punto, perché la Rete non ammette ignoranza 😉
Questo episodio, mi fa pensare due cose: a) che sarebbe bene spiegare come si gestisce la propria identità online, perché è normale che molte persone vogliano tenere separata la vita professionale da quella privata; b) che le aree delle risorse umane dovrebbero consigliare ai propri collaboratori come presentare le proprie esperienze nell’azienda.
6 Responses
Sulla tua ultima osservazione (punto B) mi trovi perfettamente d’accordo. Soprattutto nel caso in cui si tratti di aziende che lavorano proprio sul web.
c) ma sei proprio sicuro di volere un candidato che non sa chi è online? 😉
collaboratori per cosa?
@Frieda. In effetti non hai tutti i torti 😉 @Francesco. Community management.
Più che altro a me sembra che il concetto di privacy non è più uno solo. Imparare a gestire la privacy semi-pubblica diventa una priorità nel momento in cui è sotto gli occhio di tutti.
Ma, al di là delle considerazioni di massima, mi sembra che la ragazza, come tantissimi, ha difficoltà con le impostazioni di Facebook.
Ciao, ho visto che attraverso Elastic c’è una collaborazione con Deloitte nel progetto CDMS.
Mi piacerebbe saperne qualcosa di più. Io lavoro in Deloitte e sono assolutamente 2.0 oriented. Tra l’altro proprio in Deloitte abbiamo creato un gruppetto che si sta muovendo in questa direzione..