La campagna organizzata da Wired per assegnare il premio Nobel per la pace a Internet mi sembra strumentale e poco condivisibile. All’inizio, mi disturbava molto il fatto che fosse promossa con delle immagini in cui il marchio di Wired era così predominante da far pensare che si trattasse di una pubblicità della testata. Adesso è stato fatto un passo indietro, ma l’iniziativa continua a non convincermi.
Il motivo è molto semplice: il premio è sempre stato assegnato a delle persone, singoli o gruppi, ben individuate. Con un nome e un cognome. Ed è corretto che sia così. Deve essere così.
Proporre un premio per tutti quelli che usano la Rete significa diluire all’infinito il senso simbolico del premio e include anche chi la usa la Rete per un motivo contrario alla pace. Penso ai censori dei regimi dittatoriali, ma anche ad aziende occidentali come Yahoo! che – almeno in passato – non si è fatta troppi scrupoli a collaborare con le autorità cinesi pur di mantenere una presenza commerciale in quel Paese.
Se si vuole dare il premio Nobel a chi ha dimostrato di saper lanciare ponti tra culture differenti e di incentivare il dialogo e il reciproco rispetto attraverso la Rete, lo si dia alle comunità di Wikipediani sparse in giro per il mondo.
8 Responses
Gli assoluti mi lasciano sempre perplessa.. l’internet for peace è l’altra faccia della medaglia di chi mi dice che internet è piena di pedofili, perché quando in un manifesto leggo “this society is advancing dialogue, debate and consensus through communication. Because democracy has always flourished where there is openness, acceptance, discussion and participation. And contact with others has always been the most effective antidote against hatred and conflict.” mi chiedo se io frequento un’altra internet, un luogo molto più reale, dove oltre ai puri di spirito ci sono gli stronzi, gli antipatici, quelli che non ci sentono e non ti vedono, ecc.
Per altro, con le stesse identiche motivazioni, non capisco perché non potremmo candidare Skype.
Neanche io sono d’accordo, è utopico pensare che la Rete si unos trumento di pace come se qui dentro non esistesse la cattiveria e la bellicosità tipiche ti tutte le manifestazioni umane, e soprattutto incontrollatamente collettive.
E’ strumentale, ma come tante altre iniziative che promuovono una internet sui generis poco calata nella realtà .
Pazientiamo e facciamo nel nostro piccolo del nostro meglio.
Saluti!
Nicola, sottoscrivo in pieno.
Il fatto che sia “strumentale” si evince anche da chi sono gli “ambassador”: 3 su 6 sono di Wired. Per carità persone di altissimo profilo ma che proprio per la loro profonda conoscenza della rete forse dovrebbero avanzare altre proposte.
Ad esempio l’individuazione di quelle comunità che utilizzano gli strumenti digitali per perseguire l’obiettivo della pace o dell’allargamento degli spazi di democrazia.
Altrimenti si rischia di mettere tutti sullo stesso piano.
siamo in 5, mi associo e sono contenta che qualcuno abbia trovato il coraggio di dirlo apertamente (e questo aprirebbe un altro capitolo su quanto si tema sempre di toccare certi equilibrii della blogzfera nostrana) 🙂
Credo che qui si stia leggermente deviando dal tema proposto dall’iniziativa Internet for Peace, che è già sostenuta da importanti associazioni quali Codice Internet e Voices of Africa. E’ ovvio che si tratta di una provocazione, il Nobel per la Pace è sempre stato assegnato a persone o istituzioni, e la candidatura “mediatica” non significa una candidatura reale al prestigioso premio. Ma è condivisibile e soprattutto contribuisce a fare cultura sulle grandi cose che sono state fatte e si possono fare con internet, ma che ancora NON è libero e aperto a tutti come dovrebbe essere.
Alcuni fatti recenti:
Dopo le elezioni di Giugno, in Iran sono stati cacciati i giornalisti stranieri, l’unico modo per gli iraniani di far sapere la verità al resto del mondo era internet e su twitter furono pubblicati due milioni di messaggi in pochi giorni.
Ad Aprile in Moldavia 10000 persone hanno protestato pacificamente contro il risultato elettorale.
Oppure andando un pò più in dietro nel 2002 fu creato un sito interamente generato da utenti per diffondere notizie sulle elezioni in Korea del Sud, o l’utilizzo dei media non tradizionali per supportare la “rivoluzione arancione” in Ukraina.
Ve ne sono molte altre e vi sono molti altri esempi.
Credo che fare cultura su ciò che di buono è stato fatto con internet e ciò che si può fare non sia una cosa negativa. E internetforpeace è esattamente questo, fare cultura dell’uso straordinario di internet a fini di bene.
Se non vi piace che questa fantastica idea sia venuta a Wired è un altro discorso, ma è una delle poche riviste che parlano di innovazione.
Condivido il post di marco: è una provocazione, soprattutto alla luce del nobel assegnato “alla persona” di barak obama, perchè se questi sono i personaggi meritevoli del premio allora il citato senso simbolico è già ampiamente venuto meno, per cui tanto vale diluirlo all’infinito.
Mi chiedo piuttosto – molto più prosaicamente – dove finirebbero i soldi che prenderebbe “internet”, a chi verrebbero affidati, un paio di miliardi di vecchie lire se non sbaglio.
Qualcuno diceva skype: e wikipedia no? forse google, facebbok o twitter?
Internet è un concetto, certo uno strumento, ma fondamentalmente un concetto, non un applicativo o un algoritmo.
La trovo una bella provocazione, soprattutto per coloro che – a vari livelli – prarticano la censura. E quelli di wired sono stati bravi a lanciarla.