Il Luiss Barcamp non è stato un barcamp nel senso letterale del termine, ma questo non sminuisce il valore dell’incontro che era pieno di argomenti e soprattutto di persone. Il format utilizzato era molto più vicino a quello di un Ignite, con interventi di cinque minuti in rapida successione: una soluzione di grande efficacia che valorizza chi ha argomenti da esporre e neutralizza chi non ha nulla da dire.
Durante le esposizioni ho preso qualche appunto sulle cose che mi sembrano meritevoli di approfondimento:
Alberto Castelvecchi ipotizza che sia possibile costruire un indice che correla il livello di ricchezza di una nazione e la diffusione della Rete. La sua ipotesi, sostenuta da alcune statistiche, è che vi sia un rapporto diretto tra le due dimensioni e che quanto più è diffuso Internet e tanto maggiori sono i tassi di crescita di una nazione.
Giovanni Aliverti (Ibm) sostiene che si potrebbe usare la Rete per creare dei commons industriali e che i temi su cui si dovrebbe insistere sono l’acqua, il clima, l’ambiente e la sanità.
Marco Pancini (Google) parla del sistema di anti-lock-in che la sua azienda sta mettendo in campo (si chiama suggestivamente data liberation front): l’obiettivo è consentire agli utenti di esportare i propri dati dalle piattaforme di Google con un solo click. Tutto il contrario di quello che fanno normalmente le aziende che offrono servizi, che invece puntano a vincolare i cliente con dei lock-in piuttosto che puntare alla fidelizzazione per soddisfazione.
Antonella Pizzaleo (Igf) afferma l’esigenza di regole per Internet e la cosa mi lascia inizialmente perplesso. Poi capisco che, in realtà, le regole che vuole lei sono per difendere Internet dai tentativi di chi vorrebbe introdurre norme che privilegiano solo alcuni settori industriali. Il riferimento più immediato, ovviamente, è agli operatori telefonici e agli editori.
Alessandro Prunesti introduce una classificazione dei divide. Il digital divide si riferisce all’assenza dell’infrastruttura; il social divide riguarda l’impossibilità di interi gruppi sociali di accedere a porzioni significative o a servizi della Rete (è quello che accade nei Paesi con regimi totalitari); il knowledge divide, infine, si manifesta quando nonostante la presenza dell’infrastruttura e la possibilità di accedere liberamente alla tecnologia, le persone non hanno le competenze per farlo.
Interessante anche la presentazione di Camillo Di Tullio (aka Dr. Who) che ha realizzato un video molto carino sul Roi (return on investment). Invece, piuttosto noiosa e totalmente priva di contenuto la plenaria istituzionale, dove Gianni Letta, Renata Polverini, Luisi Todini, Luciano Violante e Antonio Catricalà si sono prodotti nei soliti discorsi di circostanza. Peccato: tutto tempo sottratto ai contenuti, che c’erano ed erano tanti (almeno per la parte che ho seguito io). Bravi agli organizzatori 🙂