Ieri pomeriggio ero tra le centinaia di persone che hanno ascoltato la lectio di Lawrence Lessing alla Camera dei Deputati e per questa opportunità occorre riconoscere un giusto tributo a Telecom Italia e a Salvo Mizzi che ha ideato il progetto Capitale Digitale.
Sull’incontro c’è tanto da dire. Per il momento mi limito a un paio di considerazioni e vi invito a guardare il video se non l’avete ancora fatto:
La lectio di Lessig è stata introdotto da un intervento di Gianfranco Fini (qui la trascrizione e qui il video). Chi lo ha scritto ha individuato e sottolineato alcuni punti importanti, soprattutto nel contesto italiano:
Per introdurre la nostra discussione, desidero innanzitutto ricordare la raccomandazione per il rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet votata quasi all’unanimità con 481 voti favorevoli, solo 25 contrari e 21 astensioni, nel marzo dello scorso anno dal Parlamento europeo e destinata al Consiglio. Secondo questa raccomandazione, Internet «dà pieno significato alla definizione di libertà di espressione, libertà sancita dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione e può rappresentare una straordinaria opportunità per rafforzare la cittadinanza attiva». Secondo questa raccomandazione, il diritto che gli Stati membri qualche volta rivendicano, di intercettare e controllare il traffico su Internet, non può essere giustificato dalla lotta al crimine. L’Unione europea ha altresì invitato gli Stati membri a garantire che la libertà di espressione non sia soggetta a restrizioni arbitrarie da parte della sfera pubblica o privata e a evitare tutte le misure legislative o amministrative che possono avere un effetto dissuasivo su ogni aspetto della libertà di espressione e in particolare sul discorso politico.
E’ ovvio che questa dichiarazione, insieme con il sostegno alla candidatura a Internet per il Nobel per la pace, ha in Italia in questo momento un significato peculiare. E fa piacere, oggi, leggere su alcuni giornali le dichiarazione di Fini insieme con le iniziative di alcuni giornalisti che stanno organizzando dei talk show su Internet per sopperire al divieto di parlare delle elezioni amministrative in televisione.
Analogamente, assume un significato particolare lo stesso discorso di Lessig soprattutto nella parte finale quando ribadisce più volte la necessità che lo Stato adotti un atteggiamento di umiltà normativa (regulatory humility) poiché i tempi dei tentativi di controllare e plasmare la società attraverso i media sono al tramonto. E la conseguenza dell’eccesso di norme è inevitabilmente la loro violazione sistematica.
Un’ultima considerazione, infine, riguarda gli esempi che Lessig porta per illustrare la cultura digitale: si tratta di ragazzini che giocano con i video, creando e remixando clip musicali. Trovo che, nel 2010, essi debbano essere aggiornati. Oggi avrebbe molto più senso mostrare i servizi web realizzati da molti programmatori negli Stati Uniti e in Gran Bretagna utilizzando i dati messi a disposizione dalle amministrazioni pubbliche. Il motivo è molto semplice. I primi possono essere tuttora guardati con un sorriso e ascritti al mondo delle stranezze giovanili. I secondi, invece, fanno intravedere come evolverà la democrazia quando vi sarà davvero trasparenza; sarei assai sorpreso se vedessi un solo politico sorridere!
UPDATE: Matteo Brunati amplia e articola questa mia ultima frase in un bel post dal titolo Lessig, Fini e Open data: ovvero la libertà non è solo questione di principio. Kudos 😉
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