Franceschini rilascia un’intervista a Repubblica in cui afferma che, se si dovesse andare alle elezioni con il Porcellum, si creerebbe una grande coalizione di tutti coloro che sono contrari a Berlusconi con l’obiettivo di batterlo ed evitare una deriva fascista. Sinceramente mi sembra un’ipotesi difficilmente realizzabile.
Una coalizione che raccolga dalla sinistra extra parlamentare all’Udc e magari addirittura Futuro e libertà non potrebbe avere alcun programma politico sensato e non potrebbe assicurare alcuna governabilità . Ammesso che si riuscisse a mettere attorno al tavolo tutti gli interessati, si finirebbe con un programma elettorale di centinaia di pagine. Ammesso che la coalizione vincesse le elezioni, produrrebbe un governo ipertrofico per accontentare tutti. Insomma, ne verrebbe fuori una specie di governo Prodi all’ennesima potenza.
L’alternativa sarebbe una coalizione con un unico punto nel programma politico: «battere Berlusconi, cambiare la legge elettorale e magari varare qualche legge ad personam che penalizzi l’attuale premier». Una prospettiva politicamente aberrante.
Le stesse forze che difficilmente parteciperebbero all’Alleanza costituzionale immaginata di Franceschini, potrebbero invece formare un governo che traghetti l’attuale parlamento verso le elezioni in primavera, cambiando la legge elettorale. Un governo che duri alcuni mesi e che si occupi di modificare le regole del gioco è una cosa diversa da un governo che elabori un programma pluriennale che preveda anche un riassetto dello Stato. Inoltre è un’ipotesi che ha delle solide basi nella volontà popolare che nel 1993 ha voluto una legge elettorale maggioritaria e che nel 2006 ha bocciato la riforma costituzionale del governo Berlusconi. Entrambe le volontà popolari sono state tradite dall’attuale governo: oggi i cittadini italiani sono costretti a votare con una legge elettorale proporzionale senza la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e subiscono un governo che continua a comportarsi come se l’Italia fosse una Repubblica presidenziale, adducendo l’esistenza di una fantomatica Costituzione materiale.
Le due consultazioni referendarie sono l’unico richiamo alla sovranità del popolo che abbia veramente senso in questo contesto, perché è stata esercitata «nelle forme e nei limiti della Costituzione», come stabiliste l’articolo 1 della nostra Carta. Con le elezioni non si cambia la legge fondamentale dello Stato e il fatto che sui simboli del Pdl e del Pd ci fosse scritto il nome del candidato premier con la dicitura «presidente» non ha trasformato l’Italia da Democrazia parlamentare in Democrazia presidenziale. Su questo sarebbe necessario che il Partito democratico fosse molto più deciso, ma pare che si siano tutti dimenticati del referendum costituzionale del 2006.
L’alleanza costituzione non è solamente un’ipotesi poco plausibile. Sarebbe anche una soluzione sciagurata perché significherebbe ancora una volta incastrare il Partito democratico in un progetto politico di modestissima portata e tutto orientato alla ricerca di un compromesso improbabile che tenga insieme Fioroni e Vendola (almeno sulla carta). Invece, il Partito democratico ha bisogno di cambiare seriamente pagina e di costruire una visione dello Stato del 21esimo secolo, smettendo di pensare alla società del ventesimo secolo e iniziando a pensare alla società contemporanea.
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