Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, scrive una lettera aperta ai suoi redattori denunciando chi vuole conservare i propri benefici corporativi e si rifiuta di adeguare la propria professionalità ai cambiamenti del settore (ne cito una parte evidenziando in corsivo alcuni passaggi significativi):
L’industria alla quale apparteniamo e la nostra professione stanno cambiando con velocità impressionante. In profondità . Di fronte a rivolgimenti epocali di questa natura, l’insieme degli accordi aziendali e delle prassi che hanno fin qui regolato i nostri rapporti sindacali non ha più senso. Questo ormai anacronistico impianto di regole, pensato nell’era del piombo e nella preistoria della prima repubblica, prima o poi cadrà . Con fragore e conseguenze imprevedibili sulle nostre ignare teste.
Non è più accettabile che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento, a parità di mansione. Prima vengono le esigenze del giornale poi le pur legittime aspirazioni dei giornalisti. Non è più accettabile che i colleghi delle testate locali non possano scrivere per l’edizione nazionale, mentre lo possono tranquillamente fare professionisti con contratti magari per giornali concorrenti. Non è più accettabile l’atteggiamento, di sufficienza e sospetto, con cui parte della redazione ha accolto l’affermazione e il successo della web tv. Non è più accettabile, e nemmeno possibile, che l’edizione Ipad non preveda il contributo di alcun giornalista professionista dell’edizione cartacea del Corriere della Sera. Non è più accettabile la riluttanza con la quale si accolgono programmi di formazione alle nuove tecnologie. Non è più accettabile, anzi è preoccupante, il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi. Non è più accettabile una visione così gretta e corporativa di una professione che ogni giorno fa le pulci, e giustamente, alle inefficienze e alle inadeguatezze di tutto il resto del mondo dell’impresa e del lavoro.
4 Responses
Ciao Nicola,
ho letto ieri sera la lettera sul sito del Corriere e la proclamazione dello sciopero da parte dei giornalisti. Sembrano parlare di due aziende e situazioni diverse. Tu che pensi?
Penso che abbia calcato un po’ la mano ma che nella sostanza abbia ragione. I giornalisti hanno molti privilegi e sono molto corporativi, su questo non ci sono dubbi.
Infatti non è un caso che ci siano molte resistenze interne. Questa è la prova che certamente il giornalisti sono una categoria che gode di molti privilegi. Concordo in particolare con De Bortoli che ha lungimiranza di vedere “oltre il proprio naso” quando denuncia la miopia di colleghi che guardano il web con sospetto. E fa ancor più rabbia perchè molti giornalisti usano proprio la rete per scrivere e fare ricerche, purtroppo, a volte, senza neanche prendersi la responsabilità di fare delle verifiche. Il giornalista sedentario è una cosa che mi insospettisce. Ridicolo, poi, pretendere un maggiorazione per lo stipendio perchè si usa uno strumento “nuovo”. Della serie: l’aggiornamento? non mi riguarda.
Non sapevo della lettera di De Bortoli. Francamente la sottoscrivo tutta. Quelli che si abbarbicano alla difesa dell’acquisito alla fine finiscono per subire tutto, fanno una bella protesta e alla fine soccombono.
Un sindacalismo serio deve capire i cambiamenti e imparare a governarli, costrunedo le nuove regole. Il non farlo comporta che le vecchie regole rimangono in vita, ma via via si svuotano di significato e di efficacia e tutti sono travolti dai cambiamenti che non pochi o molti pavidi non hanno voluto capire.